Grand Army è il nome di un fittizio liceo di Brooklyn, in cui si intrecciano le vicende di cinque ragazzi. La serie del 2020, prende ispirazione da una pièce teatrale e mostra un’adolescenza molto più aderente alla realtà, molto più fragile e insicura di quelle che i vari Gossip Girl o Riverdale ci hanno mostrato. Ma anche più profonda, competitiva, a tratti cattiva ed esplicita, come abbiamo imparato a conoscerla in Euphoria grazie alla bravissima Zendaya (se non sapete di chi sto parlando date un’occhiata qui)
Se c’è una cosa chiara a tutti, sopratutto a Netflix, è che la generazione Z è senz’altro dedita all’attivismo sociale molto più delle precedenti. Una strategia vincente quindi sarebbe stata quella di sfornare un bel teen drama, poco patinato e ben infarcito di temi di cui dibattere sui social. Disuguaglianza, porn revenge, razzismo, rape culture e chi più ne ha più ne metta. Sulla carta sarebbe stata la ricetta vincente per l’esplosione di un fenomeno globale. Eppure Grand Army non ce l’ha fatta, ma per dei motivi tutti sbagliati. A pochissimo dall’uscita infatti, si sono addensate delle nubi nere sulla credibilità della showrunner Katie Cappiello, accusata di sfruttamento e razzismo da alcuni collaboratori. Netflix, che ha colto ogni buona occasione per schierarsi dalla parte del rispetto e dell’uguaglianza, ha voluto prendere le distanze da questa produzione, facendo passare praticamente sotto silenzio il suo inserimento in catalogo e cancellandola dopo solo una stagione.
Al netto delle polemiche però, Grand Army è senz’altro un teen drama da recuperare. Tratta tematiche quanto mai attuali, senza edulcorarle, ma semmai umanizzandole. Una per ognuno dei suoi cinque protagonisti (attenzione spoiler):
1 La fragilità di una generazione
“Can i be vulnerable?” Posso essere vulnerabile? Questa è la battuta che contiene un’ intera esistenza. Precisamente quella di Dominique, ragazza di origini Haitiane che si vede costretta a fare i salti mortali fra studio e lavori saltuari per potersi permettere il sogno di diventare psicologa. Nel bellissimo monologo che la vede protagonista davanti alla commissione che deciderà la sua partecipazione ad un tirocinio, per la prima volta lascia spazio a ciò che veramente passa per la testa a questa generazione di adolescenti. Sempre impegnati nel guadagnarsi un futuro migliore, ma in fondo consapevoli che la bravura, l’impegno, la dedizione e il talento non sono sufficienti. Ci vogliono fortuna certo, ma anche denaro, il giusto colore della pelle e possibilmente anche un cromosoma Y. Dom, ragazza nera proveniente da una famiglia disastrata, si dimostra però sempre dura, forte, concentrata e disposta al sacrificio. In quest’unico momento dell’ottavo episodio, quindi praticamente sul finale di stagione, lascia intravedere una breccia nella sua corazza, esclusivamente perché si trova di fronte ad una commissione fatta da donne, non bianche ed impegnate nel sociale. Impossibile non pensare a quanto questo mondo sia impietoso.
2 L’amicizia, quella vera
La serie si apre con Joey, la protagonista della story line forse più cruda della serie, che tenta di sfilare un preservativo dal corpo della sua amica Anna. L’adolescenza è il momento delle grandi amicizie, di quelle intime e quasi simbiotiche. Di quelle in cui è normale si oltrepassi di un bel po’ il limite del privato. Impossibile parlare di questa età senza parlare di amicizia. ma in Grand Army lo si fa in una maniera davvero disillusa. Se Joey ha accesso alle parti più intime di Anna, solo in nome dell’amicizia che le lega, quando si troverà coinvolta in un’aggressione, verrà ostracizzata ed abbandonata anche da lei, sorella di uno dei colpevoli. Se Joey avrà il carisma per le lotte femministe contro gli insegnanti più bigotti, che verranno vinte anche grazie al suo grande gruppo di amici (al grido di “Free the nipples”), saranno poi proprio questi ultimi a sottoporla ad una “involontaria” aggressione sessuale che le cambierà per sempre la vita. Non sarà quindi nell’amicizia che Joey troverà il riscatto, ma nella passione per la danza, che l’ha sempre accompagnata. Come se in realtà anche gli affetti fossero precari e si potesse contare solo sulle proprie forze.
3 La cieca ottusità del razzismo
E’ a seguito di un attentato terroristico nei pressi del liceo, che tutti gli studenti si trovano a trascorrere la giornata sulla scalinata della scuola, per motivi di sicurezza. Lì due amici Jay e Owen, promettenti trombettisti di colore, prenderanno parte ad uno scherzo che li metterà di fronte al razzismo intrinseco nel tessuto societario americano. Ecco che quindi lo scherzo di cattivo gusto ai danni di Dom, culminerà in un’espulsione diretta per entrambi che vedranno compromesso il loro futuro di musicisti per un’accusa di furto. O meglio, solo il più povero dei due si vedrà costretto ad abbandonare la scuola e con essa ogni possibilità di diventare un professionista. Jay, che viene da una famiglia benestante, si troverà quindi di fronte alla possibilità di prendere il posto di Owen (più talentuoso di lui) per un provino alla Juilliard. Povertà e razzismo entrano quindi prepotentemente nelle vite dei ragazzi che in un attimo diventano precarie ed incerte. Scontrandosi con una politica di non tolleranza scolastica si ritroveranno scaraventati nei bassifondi senza possibilità di salvezza, se non quella che contempla il tradimento di un’amicizia e che comunque è riservata, fatalità, al più facoltoso dei due, disposto a piegarsi pur di far parte di un sistema che lo vuole escludere.
4 La ricerca di un’identità, qualsiasi essa sia
In ogni teen drama che si rispetti c’è una matricola degna di nota. E anche qui viene affrontato il tema della ricerca di un’identità in Laila, ragazza cinese adottata da una coppia ebrea, iscritta al primo anno. Non abbastanza ebrea, ma nemmeno abbastanza cinese. Laila è la più giovane fra i protagonisti ed anche la più immatura. Si riscopre disposta a tutto pur di venire accettata in un gruppo, sia esso religioso o scolastico. Inclusa la spietata diffamazione di Joey nel momento in cui quest’ultima trova il coraggio per denunciare lo stupro subito. Se ne pentirà. Come si pentirà di non aver rispettato la sua amica d’infanzia perché considerata non sufficientemente inserita. Come si pentirà di essersi concessa ad un ragazzo a caso ( ma casualmente molto popolare) solo perché le ha rivolto delle sporadiche attenzioni. Si vendica di un mondo che non l’accetta creando immagini di un apocalisse zombie che attingono all’universo dei manga. Ma alla fine riuscirà a non farsi odiare rimanendo fedele a se stessa, appena capisce chi è veramente.
5 Il coming out vincente
La storia di Siddartha, il bravo ragazzo indiano, il promettente atleta, è forse quella che si avvicina di più al classico clichè. Ma il punto di vista sempre a cui ci costringe Grand Army, ci rivelerà che il disonorevole coming out di Sid diventa una storia potentissima se usata per entrare in un college prestigioso. Quindi viene scritta nero su bianco e abbandonata un po’ per caso negli spogliatoi. Non è colpa sua se viene diffusa, non è colpa sua se la famiglia ne risentirà nel ristorante di loro proprietà, non è colpa sua nemmeno se la fidanzata storica ne soffrirà moltissimo. Era lì, alla mercè di chiunque potesse trovarla e volesse diffonderla. Come in una sorta di American Dream al rovescio, Sid potrà realizzarsi con onestà usando la storia della “Sfida più difficile che mi sia mai trovato ad affrontare” senza veramente prendersene la responsabilità. Una vittoria certo, che lascia un amaro in bocca difficile da ignorare.
Eccola qui Grand Army, serie da molti sottovalutata, ma con il grande merito di un punto di vista sempre sorprendente, quasi come un colpo sparato alle spalle.