Nel 2012, il programma cult di MTV Catfish svelava al mondo l’universo sotterraneo delle relazioni nate sul web, cresciute a distanza e poi finite nel nulla delle bugie, delle false identità e, spesso, delle truffe vere e proprie. Gli effetti del catfishing sul cervello e la sfera emotiva delle vittime sono devastanti: come racconta chi ci è passato, si tende a perde la fiducia nel prossimo e nell’amore. Sempre che non ci vadano di mezzo anche i soldi: in quel caso l’impatto psicologico in una relazione truffaldina è ancora più devastante. Su Netflix, piattaforma che ha fatto del filone true crime un vero e proprio cult attraverso docu-serie come Dahmer e Unsolved Mysteries, è arrivato questa volta un docufilm dal titolo Il truffatore di Tinder che aggiorna le storie di Catfish ai tempi delle app di dating. La storia vera di Simon Leviev (il cui vero nome è Shimon Hayut) viene raccontata per viva voce di tre delle sue vittime, che svelano cosa vuol dire innamorarsi di una persona che sembra totalmente presa da quella relazione e si ritrovano piene di debiti e con il cuore in frantumi.
L’universo di Tinder è apparenza all’ennesima potenza, tutti fingono di essere qualcosa che non sono, puntando ad una cosa soltanto. Alcuni, però, uomini o donne che siano, cercano la storia d’amore perfetta, quella che hanno sempre immaginato. Molti restano delusi, pochi altri trovano una relazione duratura. Poi, purtroppo, escono fuori casi come quello di Simon Leviev che, costruendosi una vita fatta di alberghi lussuosi, jet privati, resort esclusivi, convince le vittime di essere l’uomo perfetto. Il profilo di Simon Leviev è quello di un maestro del love bombing della peggior specie. Con l’aggravante che questo criminale, oggi trentunenne, ha fatto della frode uno stile di vita e dello Schema Ponzi – su cui si fonda anche il cosiddetto marketing piramidale – la sua base per arricchirsi.
La storia del truffatore di Tinder
Nella docuserie di Netflix diretta da Felicity Morris si ricostruisce la storia di tre delle vittime che lo accusano di truffa, a partire da Cecilie Fjellhøy, che ha fatto match con Simon nel 2018: un primo incontro in un caffè, poi l’invito a volare su un jet privato verso la Bulgaria, dove il figlio dei magnati dei diamanti Leviev (questo diceva di essere) aveva un appuntamento di lavoro. Così inizia la storia di Cecilie, ma anche quella di Pernilla Sjöholm e Ayleen Charlotte, che hanno accettato di raccontare la storia prima ai giornalisti e alla polizia e poi ai microfoni di Netflix. Il Truffatore di Tinder, costruito in modo efficace e con un ritmo serrato, è una serie che suscita domande nello spettatore, e la prima è la seguente: com’è possibile cascare in una trappola del genere? Come si può minimamente pensare che Simon Leviev possa essere il principe azzurro? Le truffate sono truffate, e non vogliamo soffermarci sui loro canoni di giudizio, ma è innegabile che ancora vengano sottovalutati i pericoli delle rete, in particolar modo quando appare lampante che un uomo dalla vita perfetta inizi a chiedere insistentemente soldi su soldi alle donne con cui stringe rapporto.
Il sistema, in sostanza, era molto lineare: una ragazza fa swipe-up, Simon le paga l’aereo per una capitale europea, conseguenti promesse d’amore e, poco dopo, una sorta di inabissamento seguito da un’appello strappalacrime riguardo al bisogno di denaro contante. Sì, perché Simon – mostra Il Truffatore di Tinder, che pian piano diventa reportage giornalistico – ha un domicilio in un quartiere periferico di Tel Aviv, ma passa la vita a bordo del suo aereo privato volando da una città all’altra: Londra, Olso, Amsterdam, Mykonos e via discorrendo. Ogni città, più donne diverse che finiscono nella rete del catfisher in questione. Simon pare non avere nessun limite di spesa, proprio perché “gestisce” una sequenza di truffe a catena: paga la cena ad una donna con i soldi ottenuti da un’altra, che a sua volta è stata raggirata sfruttando soldi ottenuti da un’altra donna ancora. Un circolo vizioso e perverso in cui non c’è spazio per l’amore da favola, bensì solo per un raggiro sui cui, poco a poco, inizia ad indagare anche l’interpol.
Simon Leviev: una storia incredibile
Qui lo spettatore inizia a porsi un’altra domanda: come è possibile che Simon Leviev sia stato poi stanato solo grazie alla provvidenziale intuizione di una donna truffata? E soprattutto, possibile che alla fine si sia fatto solo cinque mesi di prigione, per poi uscire e mettere in piedi corsi motivazionali per aspiranti manager? Il Truffatore di Tinder è un documentario che narra una storia vera in grado di far riflettere, portando alla luce l’epopea di un personaggio da cui stare a debita distanza. Alcune donne sono rimaste marcatamente segnata dall’esperienza, nonostante abbiano servito a Simon una freddissima vendetta. E quindi fa ancora più rabbia sapere che lì fuori, su un jet ultra lussuoso, sta volando un perfetto signor nessuno tanto scaltro e meschino da far leva sui sentimenti, facendo abboccare all’amo ignare donne in cerca del principe azzurro.
In due ore le emozioni che si susseguono sono diverse, ma una più delle altre monta in rilievo: la rabbia. Rabbia perché, oggi, è davvero assurdo ascoltare vicende come queste. Rabbia, soprattutto, perché nella vita reale i cattivi la fanno franca molto spesso e molto facilmente. In fondo, lo dicono le dirette interessate, protagoniste de Il Truffatore di Tinder: questa è la vita vera, non siamo in una commedia romantica. Già. Eppure, quel profilo Tinder, così come molti profili che risaltano sui social, suggeriva una cosa sola: fake. Nonostante questo, il sedicente milionario Simon Leviev è riuscito a raggirare centinaia di donne applicando sempre lo stesso modus operandi che, per l’appunto, viene analizzato con estrema precisione dal documentario Netflix. Il Truffatore di Tinder lascia dunque allo spettatore un forte senso di ingiustizia e rabbia, il quale si immedesima nelle vittime che ancora pagano il prezzo, emotivo ed economico, della truffa subita, colpevoli solo di essersi fidate e aver creduto nell’amore.