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Luther e il confine sottile tra Bene e Male

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Addentrarsi nei meandri dei vari cataloghi di serie tv sta diventando ogni giorno più bello e, allo stesso tempo, complicato. Per un fanatico del genere dover scegliere tra una serie piuttosto che un’altra è un’impresa ardua e difficile, perché il tempo è un tiranno, la vita sociale incombe, il lavoro bussa e la fidanzata/moglie/compagna (o fidanzato ecc.ecc.) sbraita che non puoi star sempre rinchiuso in casa a guardare una serie dietro l’altra. Che magari è esattamente quello che vorresti fare tu. E allora non ti resta che fare quello che mai vorresti fare: scegliere!

E così di fronte a un’indecisione ti metti a cercare trame, personaggi, recensioni, consigli vari e chi più ne ha più ne metta. I fattori di scelta di una serie anziché un’altra sono innumerevoli e variegati, ma alla fine non resta che sperare di aver azzeccato e di non aver preso una bella cantonata.

E arriviamo a me. Avevo bisogno di staccare dal recupero dell’intera Prison Break ed ecco che la mia scelta cade su una serie breve e della quale avevo sentito parlare molto bene negli ultimi tempi: Luther. Una serie della quale ignoravo completamente l’esistenza fino all’arrivo di Netflix in Italia e che avevo messo fin da subito nella mia lista visto la trama interessante. Risultato? Promossa a pienissimi voti!

Evidentemente alla BBC non bastava aver fatto un centro da 100 punti con la miglior trasposizione televisiva/cinematografica dell’investigatore più famoso di tutti i tempi (sto parlando di Sherlock Holmes, ovviamente) perché con Luther ha realizzato un altro bel colpo. Non c’è dunque da stupirsi se in Luther c’è tanto di Sherlock. Tante analogie, tante similitudini ma se pensate che sia un prodotto che cerca di scimmiottare il celebre indagatore londinese, siete fuori strada. Partiamo dalla formula: Sherlock si snoda su 3 stagioni da 3 episodi ciascuna, tutti da 90 minuti circa di durata; Luther ricalca in parte questa formula: la 1° stagione vede la presenza di 6 episodi, 2° e 3° ne prevedono 4, mentre la 4° stagione (ancora inedita in Italia) è in realtà molto “mini” con 2 soli episodi e la durata di ogni episodio, fin dall’inizio, è di 50 minuti circa. Stessa ambientazione (Londra), nome della serie che ricalca in maniera secca e perentoria quello del personaggio (Sherlock è il nome, Luther invece il cognome), pochi protagonisti principali ma buoni e un cappotto sempre al seguito del nostro protagonista in entrambi i casi. Le similitudini potrebbero finire qui, se non fosse che lo stesso ideatore della serie, Neil Cross, ha dichiarato di essersi ispirato proprio a Sherlock Holmes per alcuni tratti distintivi dell’ispettore capo John Luther, tra cui uno spiccato intuito (ma, fondamentalmente, non ce l’hanno un po’ tutti i detective delle serie che amiamo?) e una spiccata attitudine a risolvere i casi più intricati e contorti.

Veniamo a noi ora. Luther è un detective che corre sempre su un filo sottile tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Certo, è un uomo di legge e il suo intento principale è quello di sbattere in galera i criminali e gli assassini, e per riuscirci è pronto ad utilizzare ogni mezzo, anche le maniere forti. All’inizio lo troviamo  spaesato, sospeso da 7 mesi per un’accusa di tentato omicidio di un assassino seriale finito in coma dopo una caduta di parecchi metri, lasciato dalla moglie Zoe che ama più di qualsiasi altra cosa al mondo e in cerca di un’identità da ritrovare. Viene reintegrato in servizio e subito si butta nuovamente a capofitto sul lavoro. Indagando sull’omicidio dei coniugi Morgan conosce la figlia Alice, sospettata principale dell’uccisione dei genitori. Alice (una straordinaria Ruth Wilson) diventerà col tempo prima un’ossessione, poi una presenza costante nella vita del detective, finendo addirittura per essergli amica e per aiutarlo quando si caccerà nei guai (e, credetemi, accadrà più spesso di quanto immaginate).

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La prima stagione sarà caratterizzata da diversi crimini su cui indagare oltre al duplice omicidio Morgan: un pazzo figlio di un ex militare che ammazza i poliziotti, omicidi, rapimenti, e, soprattutto, quello della moglie di un amico dell’ispettore Ian, collega, amico e vice di Luther. Il quale si rivelerà ben presto una persona completamente diversa da quella che tutti conoscono. Nel mezzo i tentativi di riavvicinamento con l’ex moglie e le liti con il nuovo compagno della donna, Mark, continuano a segnare negativamente la vita dell’ispettore.

Nella 2° e 3° stagione invece la task force guidata dalla sovrintendente capo Rose Teller verrà chiusa e Luther verrà trasferito nella nuova Sezione Speciale Crimini Seriali guidata da Martin Schenk, l’ispettore capo che aveva inizialmente indagato sui metodi poco ortodossi di John. Insieme a lui anche il giovane Justin Ripley, ormai spalla, collega, partner e amico del nostro protagonista e la poliziotta Erin Gray, che entrerà presto in conflitto con il suo capo proprio non condividendo il suo modo di lavorare apparentemente poco chiaro e un po’ sospetto.

Il confine sottile tra bene e male è una costante nella vita di John: salva Jenny, una giovane prostituta figlia di una sua amica, e per farlo è costretto a operare ai confini della legalità, andando addirittura oltre quando coprirà la ragazza per l’omicidio del suo protettore. Il suo modo di agire lo porterà spesso a contrasti con i suoi superiori e i suoi colleghi, ma John è una persona che ha un gran cuore e un coraggio da fare invidia a chiunque. Come quando si chiude in un camion con un assassino inseguito a lungo pronto a far esplodere mezzo quartiere e “gioca” letteralmente con lui la salvezza o meno di tanta gente, dimostrando un intuito e una temerarietà invidiabili.

In perenne lotta con i suoi demoni interiori, con la mancanza di una compagna e le difficoltà che comporta avere una relazione per uno come lui (se ne renderà nuovamente conto quando incontrerà la bella Mary); perennemente indagato dagli affari interni (George e la stessa Erin, cacciata dalla Sezione di John) che non accettano i suoi metodi e tenteranno in ogni modo di incastrarlo, scendendo anche a livelli quasi da criminali, facendone ormai una questione personale. E’ un uomo con un carattere non facile, rude e allo stesso tempo fragile, capace di fare la cosa giusta al momento giusto, ma anche la più sbagliata e rischiosa. Ma lui è così, per il suo lavoro e per le persone che ama si getterebbe anche nel fuoco se fosse necessario.

L’interpretazione che Idris Elba dà di John Luther non è vera. Non è autentica. E’ assolutamente perfetta! L’attore britannico per Luther ha ottenuto un Golden Globe come Miglior Attore nel 2012 e altre 6 candidature precedenti e successive per lo stesso ruolo sia per il Golden Globe che per l’Emmy; candidato anche per la parte in Beasts of No Nation, altro film di produzione originale Netflix. Elba in Luther ci ha creduto tantissimo, mettendoci dentro tutto se stesso e diventando persino produttore esecutivo della serie. I risultati si vedono e abbiamo un prodotto senza dubbio ampiamente meritevole.

Se non avete ancora visto Luther beh, colmate urgentemente questa lacuna.

Paolo Martina