L’AGENTE FANTASMA
Il personaggio principale dimostra di essere quel modello di protagonista stereotipato tipico degli action-comedy asiatici. Addestrato, presuntuoso, sicuro di sé. La classica poker face che sembra avere sempre tutto sotto controllo.
La sequenza della prigione, dove affronta tre avversari armato soltanto di uno straccio, è esilarante e tragicomica allo stesso tempo. La fuga dal penitenziario è mostrata attraverso un mosaico di sprazzi artificiosamente montati, sul ritmo dettato da sintetizzatori electro-punk.
Diciamoci la verità . In questo preciso momento stiamo guardando l’orologio, stanchi di questo fenomeno di spia e di una puntata così confusa, che non capiamo dove voglia andare a parare. Ma siamo soltanto a 18 minuti! Così ci facciamo forza, sperando che il tono migliori con la prosecuzione.
Di certo l’ambiguità della scena in cui l’agente K finge la sua morte, lasciandosi alle spalle un’auto in fiamme e la donna che aveva sposato in lacrime, non ci aiuta a mantenere alte le aspettative. Di fatto lo vediamo andarsene gettando la fede con un sorriso compiaciuto e dispensando pillole di saggezza allo spettatore.