È uscito ieri, sei aprile 2022, lo spettacolo di Michela Giraud, romana, classe 1987, giovane comica di trentaquattro anni, divenuta celebre per la sua partecipazione al primo LOL – Chi ride è fuori andato in onda nell’aprile del 2021.
In realtà la Giraud ha alle spalle una lunghissima gavetta fatta di televisione (Colorado), web (Educazione cinica), radio (Selfie), teatro (Michela Giraud e altri animali), cinema (I babysitter) e persino un singolo (Mi******ne pazzo) uscito dopo il successo di LOL dove lo aveva improvvisato per cercare di far ridere i suoi colleghi e avversari. Come dice la stessa Giraud: “ho fatto di tutto, mi manca solo Rebibbia”.
Figlia di un ammiraglio napoletano e di una biologa romana, con un bisnonno presidente del Savoia Calcio e nipote di ben tre calciatori (ecco spiegato il suo desiderio da bambina di giocare a calcio e di non fare danza classica), Giraud affronta il suo primo spettacolo targato Netflix. Il canale on demand dedica alla comicità nostrana ben quattro altri spettacoli: uno di Beppe Grillo, uno di Francesco De Carlo, uno di Saverio Raimondo e uno di Edoardo Ferrario (per altro compagno di liceo classico della Giraud).
La comicità di Giraud è quella che oggi viene lentamente scoperta anche qui da noi e porta il nome di stand-up comedy. Quella che in Italia è rappresentata da Filippo Giardina e Giorgio Montanini (per restare in tema di LOL da Luca Ravenna, prima storica eliminazione del programma targato Prime Video) e che si occupa di temi politico-sociali trattandoli in maniera piuttosto scomoda e per nulla edulcorata. Una comicità dove le cose vengono chiamate col loro nome, possibilmente la versione volgare, un po’ per sdoganare argomenti spinosi, un po’ per smuovere attraverso lo scandalo le coscienze del pubblico tirandolo fuori dalla comfort zone. Comicità che all’estero è affidata a Ricky Gervais (memorabili le sue presentazioni dei Golden Globe), a Louis C. K, Jerry Seinfeld e, tra gli altri, anche Chris Rock.
Comprendere che Michela Giraud non fa cabaret è essenziale per capire la sua comicità e il suo spettacolo. Aspettarsi da lei battute come ci si aspetterebbe dai professionisti del genere è uno degli errori più classici in cui cadono gli spettatori. Un misunderstanding piuttosto palese: basta leggere i commenti sotto i suoi video di Youtube. Al netto degli insulti, espettorati da cafoni e maleducati da tastiera, il pubblico si divide in due categorie: quelli che “non fai ridere” e quelli che “sei un genio”. Come sempre la verità sta nel mezzo. Michela Giraud può non piacere, ci sta, perché non c’è niente di più soggettivo della comicità. E non perché quello che scrive non sia interessante o divertente ma perché caratteristica della stand-up comedy è la personalizzazione dei testi recitati, spesso scritti di proprio pugno. Una delle basi del genere, infatti, è quella di proporre al pubblico la propria vita, prendendosi gioco di se stessi e delle proprie caratteristiche fisiche e psicologiche, in primis, e della propria famiglia, in secundis. Argomenti trattati, infatti, da Michela Giraud in La verità, lo giuro!
Per la prima volta la Giraud affronta e mette a nudo se stessa dandosi in pasto al pubblico presente in sala e seduto in poltrona a casa. In La verità, vi giuro! la stand-up comedian racconta le sue insicurezze, il rapporto con i suoi genitori e in particolar modo quello complicato con la madre, la sua infanzia e la sua adolescenza e il complesso rapporto con la sorella, affetta dalla sindrome di Asperger e sua fonte di ispirazione.
Viene fuori, così, uno spettacolo di un’ora che passa rapido e travolgente come un treno. Uno spettacolo irriverente ma non satirico che fa ridere e soprattutto fa riflettere risultando persino commovente alla fine.
Dal palco del Vinile, locale storico romano, Giraud parte con un po’ di affanno. L’impressione che lascia nei primi minuti del suo spettacolo è quella di una professionista non più alle prime armi ma ancora capace di provare l’emozione del palcoscenico. Sono forse gli occhi, quando incrocia lo sguardo con la telecamera, a dare la sensazione della piena consapevolezza che Giraud stia provando in quel preciso momento. Come se si trovasse di fronte a un importante bivio per la sua carriera: da una parte l’anonimato, per la gioia degli haters; dall’altra l’esplosione, per la gioia dei fan. Carriera che, in realtà, è ormai decollata rendendola la regina indiscussa della stand-up comedy italiana ma, come insegna Montanini, per chi fa stand-up comedy le porte dell’inferno sono sempre aperte.
Quelle occhiate danno l’impressione che Michela Giraud sia un po’ ingessata in quella giacca nera dalle spalline puntute e ricoperta di paillettes, quasi temesse il giudizio del pubblico. Un’ingessatura che, con lo scorrere dei minuti, sparisce completamente mostrando un’autrice matura e una comedian che sa reggere il palco come pochi altri colleghi.
Nel suo spettacolo Michela Giraud propone il suo punto di vista su questioni molto personali e delicate evitando il più possibile semplici quanto banali estremizzazioni. Nel descrivere, per esempio, la maniera di porsi della sorella verso gli altri Michela Giraud ci offre uno sguardo sincero su un peculiarità complessa che, vista con i suoi occhi, appare del tutto “normale”. Sono gli altri a rendere tutto più difficile e, dal punto di vista emotivo, pesante. Ovviamente la stand-up comedian riesce a scovare il lato comico nella neurodiversità e, al termine dello spettacolo, è toccante vedere quanto sia profonda la riconoscenza e la commozione nei confronti della sorella.
Michela Giraud, nel suo spettacolo, non ha paura di mostrarsi per quello che è stata durante la sua adolescenza: una ragazza in difficoltà, in perenne lotta con lo specchio e con una estrema fiducia nei camion. Sentimenti forti e, al tempo stesso, molto comuni, tipici di una età che può essere molto difficile. Analizzando la sua quotidianità e le sue idiosincrasie nella loro complessità la Giraud è capace di empatizzare col pubblico riuscendo a prenderlo per mano per accompagnarlo verso la battuta pungente e mai banale che riscuote l’applauso sincero e la risata agrodolce. Una risata non propriamente catartica e liberatoria poiché per lo spettatore sarebbe come prendere in giro se stesso essendosi riconosciuto nel racconto della comica. Ed è proprio qui che la Giraud dimostra di essere davvero in gamba evitando allo spettatore l’imbarazzo di confrontarsi con se stesso: riporta su di sé l’attenzione e la presa in giro. In pochi attimi Michela Giraud, con un’occhiata, una smorfia, un gesto, è capace di ribaltare la situazione, libera chi la guarda da un certo impaccio e gli permette di ridere finalmente sollevato.
La verità, lo giuro! è uno spettacolo maturo, studiato e interiorizzato. Del resto è la stessa Giraud a dirlo nelle interviste uscite sui quotidiani nazionali: si tratta di un lavoro iniziato parecchi anni fa e lasciato lì a cuocere, come un sugo. E a chi l’ha accusata in passato di essere gratuitamente volgare la Giraud risponde con un testo quasi perfetto soprattutto là dove necessita di un vaff****o di sfogo. Perché quanno ce vo’ ce vo’.
Verità o finzione? La domanda sulle disavventure della giovane Giraud nasce spontanea. Ma come insegna Nezir il protagonista di Drôle – Comici a Parigi (l’altra protagonista della serie francese targata Netflix, Apolline, è incredibilmente simile alla Giraud nei modi e nella storia personale) occorre partire dal raccontare se stessi una, due, trecento volte, senza stare a ricamarci troppo sopra. Così, nella piena verosimiglianza, lo spettacolo della Giraud dimostra di avere tutte le carte in regola per convincere finalmente gli scettici e i detrattori a mettere da parte i pregiudizi e godersi un’ora di divertimento e di considerazioni. Con la speranza che proprio queste ultime riescano a prendere il sopravvento e facciano finalmente capire che la comicità non è necessariamente grasse risate ma anche riflessione e commozione.