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La classifica dei 10 migliori protagonisti delle Serie Originali Netflix

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Netflix non si risparmia mai quando si tratta di offrire spazio nella sua vastissima piattaforma a personaggi carismatici, protagonisti di storie emozionanti. Naturalmente dà visibilità anche a prodotti di cui non può rivendicare la paternità anche se in questa classifica di loro non troverete traccia. Questo è doveroso sottolinearlo per chi leggesse distrattamente il titolo dell’articolo e corresse ad accendere le torcia e imbracciare il forcone per l’assenza di personaggi ormai divenuti vere e proprie icone, come Walter White.

Questa classifica vuole premiare le creature nate dalla fantasia dagli autori a cui la piattaforma di streaming ha dato fiducia, permettendogli di realizzare le storie dentro cui hanno fatto abitare i loro straordinari personaggi. Alcuni sono stati ispirati da libri o fumetti famosi, mentre altri addirittura dalla vita reale, fatto sta che Netflix ci ha permesso di seguirne le gesta, episodio dopo episodio, dandoci la possibilità di farci ammaliare da alcune strepitose personalità che difficilmente dimenticheremo.

Aiutati nel ricordarle anche grazie alle prestigiose premiazioni che hanno voluto encomiare Netflix e incoronare alcuni degli attori che hanno dato voce, forma e colore a questi indimenticabili ruoli.

10) Eleven – Stranger Things

serie tv

Stranger Things è stata indiscutibilmente uno dei più grandi successi che la piattaforma di streaming può vantare nel suo catalogo. L’eterna lotta tra i piccoli eroi di Hawkins e i disgustosi demogorgoni provenienti dal Sottosopra ha appassionato e conquistato milioni di spettatori nel mondo. Molti sono i personaggi all’interno dell’universo dei fratelli Duffer a cui ci siamo affezionati, ma uno solo tra tutti è diventato iconico fin dalla prima stagione dello show targato Netflix.

Parliamo di Eleven, consegnata all’immaginario collettivo tanto da diventare senza fatica un costume di Carnevale destinato a essere consumato negli anni a venire. Soprattutto nella prima stagione, tutto ha funzionato nella costruzione della piccola telecinetica. Dal look identificativo del personaggio fino all’interpretazione di Millie Bobby Brown, candidata per due volte consecutive agli Emmy come Miglior attrice non protagonista.

9) Beth Harmon – La Regina degli Scacchi

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Tratta dal romanzo di Walter Tevis e interpretata splendidamente dalla sempre più lanciata Anya Taylor-Joy, Beth Harmon ha conquistato il cuore degli spettatori, dominando le preferenze su Netflix per diversi mesi. La serie ha ottenuto talmente tanto successo da ridare attenzione all’intera categoria del mondo degli scacchi, da sempre considerata di nicchia e poco raccontata.

Grazie al carisma e alla presenza scenica davvero sbalorditiva della sua fascinosa protagonista, la serie è stata uno dei successi più invidiati di Netflix. Nonostante la trama possedesse tutti i requisiti per agganciare lo spettatore allo schermo, è giusto riconoscere il merito dell’eco strepitoso dello show all’operato della sua magnetica protagonista. L’enfant prodige che ci seduce senza aver nessuna intenzione di farlo: autocentrata, dipendente dagli psicofarmaci e incapace di relazionarsi emotivamente al resto del mondo.

Netflix sa bene quanto i personaggi controversi e vagamente borderline attirino lo spettatore molto più dei classici eroi pieni di buoni intenti.

Così come sa che le competizioni agonistiche trascinano sempre lo spettatore verso il bisogno di scoprire se alla fine il suo campione raggiungerà la vittoria. Beth Harmon convoglia tutto questo in un perfetto equilibrio che attrae ogni fetta di pubblico, determinata, fascinosa e sprezzante ma anche concentrata, determinata e bisognosa di rivalsa.

Un cocktail difficile da non mandare giù tutto d’un fiato senza evitare di chiedere al bar di Netflix di prepararcene un altro giro.

8) Esther Shapiro – Unorthodox

Non è stato un progetto semplice quello che Netflix ha deciso di realizzare, attingendo dal libro autobiografico di Deborah Feldman, Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots. Raccontare in una miniserie di quattro puntate da poco più di cinquanta minuti l’una, non solo la travagliata liberazione della protagonista da una cultura che ne aveva già deciso il destino alla nascita, ma anche una dottrina tra le più ermetiche e antiche che la società moderna conosca.

In tutto questo, il personaggio di Esty conquista e lascia spesso intimiditi, una creatura piccola, tesa ed intensa che trasmette una potenza magnetica che difficilmente riesce a non travolgere lo spettatore. Che solo potendo attingere a una esperienza realmente vissuta poteva risultare così credibile e destabilizzante.

7) Cinque – The Umbrella Accademy

The Umbrella Academy

Gli orfani della Umbrella Academy possono vantare una stola di fan piuttosto affezionati, interessati a seguire i risvolti e il futuro delle vicende legate ai loro protagonisti preferiti. Ammettiamolo però, tra tutti i ragazzi Hargreeves semplicemente non c’è gara, perché il personaggio di Cinque è assolutamente superiore a quello di tutti gli altri protagonisti della serie.

Complice una caratterizzazione accattivante, complessa, sarcastica e audace, Numero Cinque è il personaggio che buca lo schermo ogni volta che entra in scena, catalizzando l’intera attenzione su di sé, come solo le grandi personalità sanno fare involontariamente. Bilanciando alla perfezione le contraddizioni che distinguono un’anima antica, intrappolata in un inarrestabile corpo che non lo rappresenta.

Questa brillante e intrigante personalità viene poi resa alla perfezione dall’interpetazione elettrica ed efficace del suo giovane interprete, Aidan Gallagher, che grazie al suo notevole contributo allo show si è guadagnato l’attenzione di pubblico e critica.

6) Eric Effiong – Sex Education

Sex Education ha il merito di essere una delle pochissime serie in circolazione in grado di saper trattare la sessualità sul piccolo schermo con leggerezza e intelligenza. Da non confondere il termine leggerezza con superficialità, chiaramente. Sex Education diverte informando, sensibilizzando lo spettatore con ironia e portandolo a confrontarsi con tematiche poco affrontate sullo schermo, senza aver tuttavia la pretesa di rifilare all’utente lo spiegone sociale non richiesto.

Uno dei migliori prodotti di Netflix senza dubbio, merito anche della cura dedicata alla costruzione dei suoi giovani e mai scontati protagonisti. Il personaggio con la profondità narrativa più stimolante è sicuramente quello di Eric, che ci viene presentato come uno dei più consumati cliché televisivi (il migliore amico gay, fiero, spassoso ed eccentrico). Sfondando però nel corso degli episodi tutte le barriere degli stereotipi che si pensa incarni, e che gli vengono alzate attorno.

I momenti di maggiore saggezza nello show appartengono a lui, così come quelli più acuti e sagaci. Quello di Eric è senza dubbio il ruolo a cui è stato dedicato l’arco narrativo più imprevedibile e convincente e da cui di sicuro ci aspettiamo molto nella prossima stagione.

5) Tony Johnson – After Life

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Cosa succede quando una serie riesce a farti piangere, ridere e riflettere in soli dodici episodi? Succede che non riesci più a dimenticarti di After Life e del suo deprimente e ferito protagonista.

Il Tony di Ricky Gervais ci costringe a riflettere sulle più demoralizzanti considerazioni che la condizione di esseri umani ci impone a fare, messi di fronte alla più dolorosa delle esperienze emotive, il lutto.

Potremmo dire che l’ostilità e la repulsione di Tony verso il continuo della sua vita possa bastare a farcelo digerire con fatica, ma in realtà l’effetto che il suo rifiuto alla rinascita produce su di noi è l’esatto opposto dell’intolleranza. Vogliamo bene a Tony e tifiamo per la sua rimonta, nonostante lui sia il primo a rifiutarsi di farlo. Restiamo annichiliti dalle sue crude considerazioni sulla pochezza dell’esistenza umana, eppure non possiamo fare a meno di restare sintonizzati su di lui per sentirne delle altre.

Uno dei personaggi più profondi scaturiti dall’universo di Netflix che fa di tutto per apparirci piatto e privo di sfaccettature. Fallendo.

4) Marty Byrde – Ozark

Tra i personaggi più amati partoriti dall’universo di Netflix non poteva mancare Marty Byrde, che come tutti i personaggi protagonisti di una metamorfosi umana si guadagna uno stuolo di ammiratori incuriositi. Una metamorfosi capace di traghettarlo da una placida e incolore esistenza suburbana fino alla versione più oscura e compromessa della sua anima.

Un uomo comune che si è sempre allineato con mesta obbedienza al tessuto sociale da cui appartiene, scoprendo invece che è nell’emisfero più sordido di Ozark che troverà il suo vero posto al sole. Da sempre il pubblico adora le storie dove uomini per bene si lasciano sedurre dal Lato Oscuro e quella di Marty non fa eccezione. Il suo metodico controllo e la sua pragmatica intelligenza messe a favore del crimine non possono che affascinare lo spettatore che nel riscatto dell’uomo comune che passa sempre inosservato prova una soddisfazione molto familiare.

Poco importa se questa rivalsa avviene in modo criminoso.

3) Frank Underwood – House of Cards

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Mettiamo da parte tutto ciò che riguarda l’incresciosa situazione legale legata all’interprete del mefistofelico politico, che in questa sede non ci interessa. Nulla può intaccare l’incredibile fascino che Frank Underwood esercita sul suo spettatore, a cui si rivolge direttamente dallo schermo, fregandosene delle leggi che regolano gli universi televisivi.

Uno degli antagonisti/protagonisti più riusciti di sempre, un uomo senza morale, inarrestabile, subdolo e corrotto, a cui non sappiamo resistere. Le sue crude e lucide disanime sulle logiche dell’umanità e sul suo bisogno di emergere sui propri simili ci seduce al punto che tifiamo per lui anche se siamo perfettamente consapevoli che è semplicemente il male.

Come se questo personaggio non fosse già scritto in modo sublime, mancava Kevin Spacey con la sua interpretazione magistrale ad asfaltare lo spettatore, rendendo Frank Underwood semplicemente insostituibile.

2) Regina Elisabetta II – The Crown

Poco importa che ha prestarle il volto sia Claire Foy od Olivia Colman, la sceneggiatura di Peter Morgan ha permesso a entrambe di attingere a una ricostruzione emotiva del vissuto della sovrana tanto realistica da riuscire così a offrire al pubblico un ritratto emotivamente convincente della Regina d’Inghilterra.

Prima di The Crown ci è stato davvero impossibile empatizzare con questa storica figura contemporanea, costantemente rappresentata dai media e dalla sua corte come un’impassibile anziana dalle parole misurate e la compostezza impenetrabile.

Dopo The Crown e la lunga introspezione con cui Peter Morgan ha voluto raccontare la più longeva dinastia mondiale, siamo venuti a conoscenza di ciò che realmente comporti essere la Regina di un paese. Il peso dell’obbligo e del dovere, l’esercizio del suo potere fatto senza mai usare la forza o l’aggressività, come abbiamo visto spesso dominare i monarchi sul piccolo schermo. Ancora di più, attraverso il personaggio di Elisabetta II scopriamo cosa significhi vivere un’intera vita sotto l’occhio spesso intransigente del mondo, impedendo a se stessi di mostrare il minimo cedimento. Anche quando questo significa solamente liberarsi di un’ingombrante etichetta per poter esprimere liberamente il proprio pensiero.

Netflix ha permesso grazie alla produzione di The Crown di far prendere coscienza al pubblico di qualcosa che ha sempre saputo esistere ma che non si è forse mai disturbato a considerare veramente: la fede che ci vuole per tenere la propria anima addomesticata a causa di un copricapo di metallo.

1) BoJack Horseman – BoJack Horseman

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Portare in scena la depressione attraverso la recitazione di un cavallo antropomorfo, riuscendo a risultare drammatici, ironici e maledettamente credibili? Se ti chiami Raphael Bob-Waksberg sì, è possibile. Da quando l’irriverente e autodistruttiva star in declino è entrata nel panorama seriale, il concetto di profondità di trama all’interno di una serie tv si è guadagnata un nuovo competitivo traguardo da tagliare.

Il personaggio di BoJack è uno di quelli che ti scavano un buco nel petto ogni volta che aprono la loro dannata e scurrile boccaccia. Uno di quelli che dimostra, a discapito del futile cliché che lo vuole solo un cartone animato, che dietro la nascita di questo complesso personaggio vi è una profonda conoscenza dell’animo umano, delle sue fragilità, delle sue controversie e dei suoi irrazionali meccanismi emotivi che, attraverso le parole di BoJack, vengono messi su un piatto d’argento e sbattuti in faccia allo spettatore, tramortendolo.

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