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Cosa sta sbagliando Netflix?

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Oggi giorno diamo per scontata la possibilità di accedere ad una quantità impressionante di contenuti audiovisivi tramite qualsiasi dispositivo. Sembra quasi impossibile immaginare un tempo in cui non esisteva la più famosa piattaforma di streaming (e la prima ad espandersi a livello globale): si potrebbe quasi dire che, se domani Netflix scomparisse improvvisamente dalla faccia della terra, la metà della popolazione globale entrerebbe nel panico. Quasi. Perché in effetti qualcosa di mai visto prima si sta muovendo sotto la superficie: per la prima volta dal 2015, Netflix sta sperimentando un significativo calo di abbonati. Inutile dire che le ragioni di un calo della popolarità di Netflix sono molteplici e legate a tematiche differenti. Ragioni che devono essere analizzate: un po’ per scoprire cosa succede davvero dietro le quinte della grande N, un po’ per cercare di capire cosa ormai non funziona più. Diciamocela tutta: più di una volta ci è capitato, nel corso degli ultimi anni, di guardare il nostro riflesso nello schermo del computer e chiederci “Che cosa sta sbagliando Netflix?”.

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Non è un caso che la copertina di questo articolo faccia riferimento ad uno dei grandi rimpianti di Netflix in tempi recenti. Perché sembra proprio essere questa la parola chiave che caratterizza la piattaforma: rimpianto. Sempre più spesso capita di sfogliare il catalogo di Netflix (catalogo che per primo pare organizzato in maniera discutibile) e far fatica a trovare una serie, o un film, che vada davvero la pena guardare. Se è pur vero che a causa della pandemia il tempo speso davanti agli schermi è aumentato esponenzialmente, e con esso è andata a diminuire la quantità di prodotti non ancora visti dagli utenti, dall’altra parte sembra che Netflix ogni tanto operi ad occhi chiusi, puntando il dito e scegliendo “a caso” quali serie cancellare e quali mandare avanti.

Facciamo qualche esempio. Prendiamo due enormi rimpianti di Netflix, due prodotti cancellati prematuramente e senza una ragione apparente (al di là della pandemia) che avrebbero meritato una continuazione: Spinning Out e The Society. Entrambe originali Netflix (e tutt’ora disponibili sulla piattaforma per chi fosse interessato) le due serie trattano tematiche molto interessanti e diverse tra di loro: la prima offre uno scorcio crudo e diretto sul mondo del pattinaggio artistico, affrontando al tempo stesso il tema spinoso della malattia mentale. La seconda, sebbene possa presentarsi in apparenza come un semplice teen drama, è ispirata al romanzo “Il Signore delle Mosche” e vede protagonisti un gruppo di adolescenti i quali, dopo l’inspiegabile scomparsa dei genitori, sono costretti a imparare a vivere in una nuova società. Entrambe cancellate dopo una sola stagione.

E no, non è un problema di ascolti. La pandemia ha impattato enormemente sulla produzione di contenuti, e sembra ragionevole da parte delle case di produzione adottare misure di contingenza per limitare i danni. Eppure qualcosa sembra non tornare: prodotti apparentemente “di nicchia” come I Am Not Okay With This, che tra l’altro trattava di tematiche originali, vengono cancellati dopo una singola stagione. O ancora serie come Anne With An E, prodotto amatissimo dal pubblico internazionale e fatta terminare dopo tre stagioni dal discreto successo (cancellazione che nemmeno una petizione di quasi un milione di firme è riuscita a fermare). Dall’altra parte, serie partite da una buonissima premessa come Élite e La Casa di Carta hanno continuato ad essere rinnovate per diverse stagioni, a discapito della qualità del prodotto che si è abbassata sensibilmente. Per non parlare del caso di You, partita come una delle grandi promesse del 2018 e di cui sembra si stia perdendo rapidamente il senso generale.

E’ come se ci fosse un grande punto interrogativo a simboleggiare le scelte di mercato di Netflix. Tante, troppe serie finite nel dimenticatoio (ve la ricordate Bodyguard, gioiellino con protagonista Richard Madden di cui sembra non ricordarsi mai nessuno?). Va anche sottolineato come il moltiplicarsi di nuove piattaforme, in grado di garantire spesso una qualità media maggiore, abbia sicuramente penalizzato Netflix. Ormai c’è una spietata concorrenza tra quest’ultima e società come Amazon Prime Video, Disney+, Hulu, HBO e via dicendo. Tutte piattaforme estremamente diversificate le quali, sebbene compiano i loro errori, sembra siano in grado di puntare contemporaneamente su diversi prodotti. Lasciando Netflix a zoppicare mentre tenta di non perdere troppo terreno.

Insomma, è chiaro a tutti come ormai quantità non sia sinonimo di qualità. Netflix ci ha dato la possibilità nel corso degli anni di fare esperienza di vere perle della serialità televisiva (e non stiamo parlando solo di Stringer Things). Non me ne vogliano i grandi campioni di incassi come The Adam Project o Red Notice, ma un po’ ci mancano i suoi capolavori di filmografia e serialità. Non resta che aspettare e vedere che cosa succede. Si sa: le cose possono sempre cambiare.

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