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Dopo Mare Fuori, il caso Resident Alien: le serie diventano interessanti solo quando arrivano su Netflix?

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Quanti tra voi avevano sentito nominare Resident Alien fino a tre mesi fa? Tantissimi? Molti? Qualcuno? Nessuno? Sbilanciamoci: qualcuno o poco più. Sì e no il 20% del pubblico che si sta avventurando nella lettura di questo approfondimento. E ora? Ora sono molti, forse moltissimi. Perché? Cosa è successo? La risposta è semplicissima: Resident Alien ha già tre stagioni all’attivo, ma solo ora che è finita su Netflix sta ottenendo – meritatamente – un successo d’alto profilo. La comedy sci-fi è divenuta in poco tempo un trend mondiale, ha scalato le classifiche del network ed è da mesi una tra le serie più viste. Sta succedendo un po’ ovunque, Italia inclusa, dove ha stazionato per diverso tempo in top ten nonostante la difficile concorrenza.

Bene, anzi benissimo: Resident Alien non nasce per rivoluzionare la storia delle serie tv e si presenta con un’oculata combinazione di elementi già visti dentro un contenitore nuovo dalla solida orizzontalità, abbastanza al passo coi tempi e capace allo stesso tempo di strizzare l’occhio a un pubblico più generalista. Un pubblico disperatamente bisognoso di prodotti che strappino due risate con una leggerezza non troppo scanzonata. Una di quelle serie che vanno bene sia per i nostalgici di Mork e Mindy sia per quelli di The Big Bang Theory, azzardando dei paragoni per molti versi impropri.

Netflix ha fatto centro e conferma una tendenza che i dirigenti avevano individuato da tempo: il lavoro di produzione deve essere affiancato da un’attività di distribuzione di prodotti terzi.

mare fuori

Lo annunciarono, d’altronde, alcuni mesi fa: nell’ottica di un rinverdimento di un catalogo che necessitava di arricchirsi con titoli esterni alla piattaforma, il 2024 ha segnato il ritorno alla distribuzione secca dopo anni di produzioni prettamente prodotte da Netflix stessa. Ma occhio: se da un lato il cambio di strategia è evidente e connesso a un piano d’ampio respiro che coinvolge l’intero panorama dello streaming, dall’altra è un fenomeno che non si era mai arrestato del tutto anche negli scorsi anni. Pure in Italia, dove la necessità di avere in catalogo una percentuale importante di serie tv e film prodotti nel nostro Paese ha portato a una lunga e articolata partnership di Netflix con la Rai, arrivando al caso più eclatante: Mare Fuori.

Perché stiamo dicendo tutto questo? Perché è interessante notare un aspetto che associa due serie tv profondamente diverse, accomunate da un fattore decisivo: la loro vita è cambiata dopo il passaggio su Netflix.

Da serie poco o abbastanza conosciute a titoloni da novanta che si tramutano in fenomeni di massa. Un po’ come era successo pure a Suits, protagonista a sua volta di una florida seconda vita dopo lo sbarco sulla piattaforma. Un fenomeno interessantissimo che sta dicendo tanto di noi, dei nostri gusti e delle rinnovate modalità di fruizione di film e serie tv, ormai diversissime rispetto a qualche anno fa.

Resident Alien (640x360) Serie tv sci-fi
Resident Alien (640×360)

Un secondo fattore, infatti, pone Mare Fuori e Resident Alien sullo stesso piano: molti, avendole viste su Netflix, si sono convinti che le due serie siano targate Netflix in tutto e per tutto, ma non è così. Mare Fuori è una produzione Rai che si è percepita come tale solo a partire dalla terza stagione, la prima andata in onda dopo l’esplosione su Netflix. Stesso discorso per Resident Alien, il cui produttore originario è la piccola Syfy, network nell’orbita della NBC. Distribuita in Italia per la prima volta nel maggio del 2021… dalla Rai. Quasi tre anni fa. E l’ha fatto nel silenzio generale, o quasi.

Un demerito della Rai? Solo fino a un certo punto.

È innegabile che il nostro servizio pubblico avrebbe potuto scommettere con più forza su un titolo del genere, ma la scelta è figlia di una strategia specifica che ha sottovalutato i target raggiungibili dal prodotto. La messa in onda sulla poco reclamizzata Rai4, “un canale per giovani e giovanissimi”, unita a un timido passaggio su RaiPlay, ha portato la serie a essere accolta da una nicchia di pubblico non paragonabile alla fiumana di utenti coinvolti dallo streamer, facendo così di Resident Alien una serie “nuova” pur non essendo inedita manco in Italia da quasi tre anni. Cosa sarebbe successo se fosse andata in onda, invece, su Raidue in prima serata? Perché no: magari su Raiuno in una fascia pomeridiana?

Probabilmente non sarebbe esplosa lo stesso: il target di riferimento, d’altronde, sa a malapena cosa sia la tv lineare se non in caso di eventi specifici, ma avrebbe avuto un’opportunità in più e chissà cosa sarebbe successo. Anche perché questa serie è anche per giovani e giovanissimi, ma la natura piuttosto canonica del linguaggio comedy adottato avrebbe potuto attirare pure un pubblico più in avanti con l’età. Un’opportunità che Raiplay, invece, avrebbe potuto cogliere con maggiore forza, se supportata da una strategia di promozione più “aggressiva”.

Invece no: Resident Alien, nata per essere un piccolo pesce nel mare magnum delle serie tv, è stato trattata come un riempitivo qualunque, facendola finire nel sostanziale anonimato. Un anonimato che Netflix ha invece riscattato con forza.

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Insomma, Resident Alien è un “rimpianto” della Rai, ma solo fino a un certo punto. Che dire, invece, di Mare Fuori? Una delle serie Rai più viste di sempre, un’ossessione collettiva che, volenti o nolenti, ha coinvolto un po’ tutti, era considerata una delle tante per due intere stagioni. Messe in onda in prima serata da Raidue e inserite poi su Raiplay, le prime annate di Mare Fuori erano state accolte con una certa freddezza. Sarebbe scorretto parlare di flop, ma niente di paragonabile al delirio innescato dal passaggio su Netflix.

Nell’arco di pochi mesi, la serie è diventata un inarrestabile fenomeno mediatico, finendo per dar vita a una vincente strategia di distribuzione a partire dalla terza stagione: due blocchi in anteprima su Raiplay, la “vecchia” distribuzione settimanale su Raidue. Risultati? Pazzeschi, clamorosi. Più forti della resistenza di una certa critica e di un certo pubblico. Ma davvero serviva Netflix per far scoprire all’Italia un prodotto con tali potenzialità?

Anche qua, sarebbe scorretto colpevolizzare oltremisura la Rai, se non su un punto chiave. Lo stesso che coinvolge Resident Alien, associabile quantomeno sul piano dei target medi perseguibili.

La Rai, infatti, sembra avere le idee chiarissime quando si tratta di assecondare e coinvolgere il pubblico generalista che ancora rappresenta il vero zoccolo duro dello share della tv lineare, ma se si parla del pubblico più giovane fatica molto di più.

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In fondo, è una questione di priorità. La Rai sa ancora trarre il massimo da tutto quello che propone, garantendosi allo stesso tempo un buon ritorno economico a costi piuttosto limitati: in quest’ottica, è tristemente sensato che il pubblico più giovane venga messo in secondo piano a livello strategico. Ma si potrebbe fare l’uno e l’altro, compatibilmente agli obiettivi di un’azienda del genere. Sfruttare meglio tutto quello che viene fatto (come sta succedendo, a tratti, su Raiplay) e capitalizzare con maggiore forza il notevole portfolio di diritti televisivi a disposizione. Per dire, persino Game of Thrones è andata in onda sulla Rai, anche in questo caso sulla “dispersa” Rai4. Quanti lo sapevano? Con ogni probabilità, gli stessi che conoscevano Resident Alien prima dell’arrivo su Netflix, se non qualcuno in più.

Perché confinare un prodotto del genere nella “periferia” televisiva, invece di valorizzarla con maggiore determinazione?

Lo riconosciamo: in questo caso si pone anche un problema di temi trattati e di immagini “sensibili”, poco adatti alla televisione italiana di vecchia generazione, ma davvero non si poteva fare meglio di così? Con la stessa Resident Alien, per esempio, al contrario perfetta anche per una distribuzione più “classica”. Fare, in poche parole, dello streamer Raiplay un ponte d’accesso per la vecchia tv, e viceversa. Una sinergia ormai indispensabile per far coesistere due modelli tanto diversi di tv, destinati a pubblici dalle esigenze completamente diverse. Una sinergia, invece, balbettante. Che rende la Rai subalterna a Netflix quando si tratta di coinvolgere i più giovani.

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In conclusione, è evidente che le domande poste siano in netta maggioranza rispetto alle soluzioni proposte, ma il punto resta: Resident Alien e Mare Fuori avevano tutto per solleticare l’interesse del pubblico variegato della Rai, ma sono esplose sul serio solo una volta sbarcate su Netflix. Il che, per carità, coinvolge l’Italia quanto il resto del mondo: le seconde vite della stessa Resident Alien o di Suits evidenziano tendenze che vanno ben oltre i nostri confini, eppure resta la curiosità per un fenomeno che sta ridefinendo necessità e soluzioni per fare tv coinvolgendo tutti. E resta una certa perplessità nei confronti di un modello comunicativo che fa perdere tante belle opportunità alla nostra Rai.

Imparerà mai la lezione o ci ritroveremo presto con un nuovo caso del genere, prodotto o distribuito dall’azienda statale e poi reso “interessante” dallo streamer di turno?

Succederà ancora, non abbiamo dubbi. Ma non vogliamo essere troppo negativi: Raiplay. come abbiamo evidenziato in un articolo di qualche tempo fa, è la vera tv del domani sul quale è indispensabile scommettere per garantire una sopravvivenza di lungo periodo al nostro servizio pubblico, ed è arrivato il momento di metterla in gioco con maggiore forza e una visione che vada oltre la conservazione dell’egemonia finora garantita da un pubblico in via d’estinzione. Con la distribuzione, quando i diritti lo consentono. E con la promozione, se la diffusione è limitata alla trasmissione lineare.

Noi vogliamo crederci, al di là di tutto. La Rai, chissà.

Antonio Casu