Gli amanti delle Serie Tv di più lunga data ricorderanno che la formula più popolare di ogni prodotto fosse una carrellata di episodi ( minimo 25) e un lungo percorso traducibile in più e più stagioni. Lo abbiamo visto con Friends, a volte questo è un vero e proprio punto a favore dello show: mettere in scena un racconto che va avanti per dieci anni può assumere la forma di una vera e propria esperienza che vedrà crescere insieme sia lo spettatore che la serie con i suoi protagonisti. Con l’entrata in scena delle piattaforme streaming come Netflix questa cosa è andata perdendosi, riducendo le stagioni e gli episodi contenuti in esse. Molto spesso ci siamo resi conto di quanto perseverare sul rinnovo delle stagioni sia stato assolutamente deleterio per i vari show che inevitabilmente pian piano non hanno saputo affrontare la costanza della qualità e che sono stati portati a rovinarsi (qui ne abbiamo parlato meglio).
Bisogna imparare dai propri errori, e proprio così Netflix ha puntato su un altro genere: le miniserie. Con questa modalità raramente ci siamo ritrovati delusi, anzi. La qualità molto spesso è concentrata tutta lì.
When They See Us è una delle miniserie migliori di Netflix. Una stagione composta da soli quattro episodi da circa un’ora ciascuno che logorano e devastano l’animo di qualsiasi telespettatore. Tutto quello che è stato raccontato è essenziale, lento ma coinvolgente. Non si perde in momenti sottotono, vuoti o traducibili in buchi di trama. Si concentra sulla storia dei 5 di Manhattan e lo fa senza romanzare o tirarla particolarmente per le lunghe. Ai telespettatori piace il senso di verità che questa storia racconta e soprattutto piace il velo autoconclusivo di cui questa si copre. Una mossa vincente che ha reso When They See Us la Serie Tv biografica più amata e apprezzata di Netfix.
Bisogna imparare dai propri errori – lo abbiamo detto anche prima – e Netflix in questo senso ha capito come gestire i propri prodotti. Quando abbiamo di fronte qualcosa che sappiamo essere essenziale e finita cambiamo approccio nei confronti del prodotto: ci immergiamo in esso consapevoli che la storia è tutta li dentro, che quel finale sarà l’unico e non seguiranno altre stagioni che lo stravolgeranno, e questo punto a favore non deve essere sottovalutato. Dare il meglio di sé con questi show non è sempre semplice come si crede, ma Netflix riesce a farlo. Sa come analizzare una storia in poche puntate, come dare voce a tutte le vite.
Proprio per questo motivo possiamo concordare sul perché effettivamente quest’idea ha avuto successo per la piattaforma: è il suo tallone d’Achille.
Sappiamo quanti sbalzi di qualità abbia il catalogo di Netflix, ma se si tratta di miniserie tutto sembra impeccabile. Lo abbiamo notato anche grazie alla sua ultima rivelazione: La Regina Degli Scacchi. Un capolavoro indiscutibile che sta facendo breccia nel cuore degli abbonati, e che si sta guadagnando un posto fondamentale all’interno della piattaforma. Sono solo sette puntate dalla durata massima di un’ora e sono bastate: a dimostrazione del fatto che per rendere bello un prodotto non sia sempre necessario strafare.
Netflix è riuscita a sorprenderci allo stesso modo con Unorthodox. una miniserie uscita qualche mese fa che ha commosso gli abbonati con una storia commovente e delicata: una donna ebrea va via da Brooklyn per fuggire a Berlino, sottraendosi così a un matrimonio combinato. La sua avventura dall’altra parte del mondo, però, verrà ben presto raggiunta dal passato. Una stagione che riesce a raccontare in pochi episodi la storia di una donna che si sottrae a una vita che non vuole, che si fa spazio tra i doveri e le sue vere volontà. Anche in questo caso Netflix riesce a fare il colpaccio cimentandosi in un’ennesima storia che inizia e finisce. Questa tecnica sembra assolutamente quella vincente e Netflix lo ha capito bene, dando alla luce un gioiellino come The Haunting Of Hill House e il suo sequel, The Haunting Of Bly Manor. Una serie antologica che ci ha sorpresi con la sua rappresentazione di un horror che non avevamo mai assaporato: delicato ma devastante. La carta vincente si gioca alla fine, quando saremo a tu per tu con la realtà e la spiegazione di tutto quello che abbiamo vissuto. Il telespettatore vuole sempre la verità, una spiegazione che Netflix – dopo ere fatte di stagioni infinite che annullavano ogni finale precedente – ha imparato a dare rendendola reale, definitiva.
E adesso va ammesso in maniera chiara e limpida: Netflix con le miniserie da il meglio di sé. Ma come mai?
Perché la piattaforma, dopo alcuni errori, ha trovato definitivamente la propria dimensione dentro di loro. Concrete, reali, coinvolgenti e pratiche: tutti aggettivi che hanno iniziato a essere protagonisti del catalogo. Netflix ha compreso la psicologia dei suoi abbonati e la sta traducendo in miniserie, questa è la verità. Questo non significa che i prodotti non facenti parte di questo genere non abbiano la stessa qualità, ma che il punto di forza non siano loro. Non bisogna in alcun modo pensare che quest’impresa sia più semplice per la piattaforma. Come avevamo accennato prima, anche questa comporta una certa attenzione. Si potrebbe cadere nell’errore della fretta, i fatti raccontati potrebbero essere superficiali e troppo sbrigativi, i personaggi statici e senza storia. Netflix si rifiuta categoricamente di cadere in queste trappole, e procede dritta per la sua strada verso il successo che questi prodotti gli stanno dando.
La vera forza della piattaforma streaming si traduce nell’aver compreso quanto le persone amino la conclusione delle cose, la voglia di poter vivere un’avventura che non diventi un’abitudine. La piattaforma ha spesso cercato di essere più empatica possibile nei confronti degli abbonati, e così facendo ha regalato molti capolavori. I più belli fanno parte della cerchia delle miniserie, e ne siamo davvero entusiasti. Storie che vanno dritte al punto ma piene di mondi meravigliosi all’interno: questo sta diventando adesso Netflix.