Da tre anni a questa parte, con l’uscita di Suburra che ha aperto le danze nel 2017, le serie italiane stanno cercando di guadagnarsi un posto importante nel catalogo di Netflix. Attualmente ne troviamo sei: Suburra (2017), Baby (2018), Skam Italia (2018, che è stata co-prodotta da Netflix soltanto dalla quarta stagione), Luna Nera (2020), Summertime (2020) e l’ultima arrivata Curon (2020). Di queste, soltanto un paio sembrano avere il pieno appoggio da parte del pubblico Suburra e Skam Italia. Entrambe hanno ricevuto una buona accoglienza, mentre le altre hanno fatto sorgere alcune perplessità. Nessuna, tuttavia, ha veramente sfondato e questo ha portato a porsi una domanda: Netflix ha un problema con le serie italiane? Per molti versi sì, ma per quali motivi?
Cerchiamo di inquadrare la questione attraverso una panoramica di queste serie italiane presenti nel catalogo di Netflix.
La prima uscita, Suburra, è ispirata all’omonimo film del 2015, che a sua volta è tratto da un romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini. La tematica non è nuova per le produzioni italiane, perché le vicende hanno il loro fulcro nella malavita romana e l’argomento portante è dunque la mafia. Il discreto successo della serie – arrivata anche alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia, ricevendo il consenso della critica – ha portato a un rinnovo prima per una seconda stagione, poi per una terza e ultima. Nonostante qualche punto debole (di cui parliamo qui) come la lentezza dei primi episodi, che mettono molta carne al fuoco e presentano i personaggi in maniera troppo frettolosa, si può parlare comunque di una buona serie che è apprezzata non soltanto in Italia ma anche all’estero. La strada alla produzione italiana di Netflix sembrava dunque aprirsi con buoni presupposti, anche se i lavori successivi hanno presentato alcune piccole lacune.
Nel 2018 sulla piattaforma è approdata Baby, una serie tv che si ispira alle vicende delle “baby squillo” del quartiere Parioli di Roma. Anche in questo caso, la serie è stata rinnovata per due stagioni, ma l’accoglienza del pubblico si è rivelata ben diversa da quella di Suburra. Baby si è guadagnata a ragione o meno la fama di serie trash, con una trama rivedibile, scene discutibili e una recitazione a tratti non encomiabile. Ciò non toglie nulla al suo potere di intrattenimento, parte del pubblico ha comunque seguito con piacere le vicende ed è in attesa della terza stagione. Si tratta di qualcosa che Netflix ha senz’altro previsto: perché se da un lato parte degli spettatori hanno trovato motivo di critica per una serie di questo tipo, allo stesso modo è vero che parte del pubblico italiano investe il proprio tempo proprio guardando teen drama di questa portata.
Lo stesso anno comincia la distribuzione di Skam Italia, anche se inizialmente soltanto da parte di TIMvision: è nel 2020 che Netflix co-produce la versione italiana del franchise di Skam, serie norvegese del 2015. In questo caso la profondità delle tematiche trattate, che vanno dal sentirsi parte di una società, all’omosessualità, passando per il revenge porn, le malattie psichiche, il femminismo e la fede, ha garantito alla serie una maggior attenzione, consacrandola come miglior teen drama italiano prodotto da Netflix. Si tratta di una sorta di conferma del gusto del pubblico nei confronti di questo genere di serie.
Con l’uscita di Summertime nell’estate del 2020, tuttavia, si scatenano critiche un po’ più dure.
In primis, la recitazione non è spesso all’altezza: ed ecco che inizia a delinearsi un comune denominatore di queste serie italiane. Lo stesso difetto aveva Baby e, spoiler, torneremo a parlarne per Luna Nera e Curon. Come nel caso di Baby, la serie non è esente dal trash e non si tratta di un trash divertente come può essere quello di una Pretty Little Liars, bensì di qualcosa di irritante e noioso come raccontiamo in questo focus. A questo si aggiungono personaggi stereotipati, i soliti cliché, situazioni incoerenti e messaggi scadenti. Ma quindi la serie ha avuto un esito scarso? Questo no, perché come nel caso di Baby, Netflix è riuscita a rivolgersi a una fetta di pubblico che non disdegna poi tanto questo tipo di narrazione. Curiosità, voglia di relax o semplicemente di godersi serie non troppo impegnate riescono a tenere viva l’attenzione su questo tipo di produzione.
Con Luna Nera e Curon si verte verso un genere differente: nel primo caso si tratta di fantasy, mentre nel secondo di un thriller paranormale. Il target resta comunque lo stesso dei teen drama precedenti, un tipo di pubblico che non si lascia intimorire da quelle che possono rilevarsi imperfezioni in recitazione o produzione, ma che preferisce spostare l’attenzione su trama e tematiche.
Luna Nera, in particolare, aveva un compito molto importante, ossia quello di avvalorare il genere fantasy e mostrare che l’Italia non è da meno rispetto alle importanti produzioni straniere di questo genere. Dal trailer e dalle prime foto promozionali, la serie si mostrava come un esperimento ambizioso che avrebbe potuto cambiare le sorti di questa tematica di nicchia. Seppur con qualche elemento di positività – la ripresa di una storia fantasy ambientata in Italia e una buona fotografia – l’esperimento è parzialmente fallito. Le colpe sono imputabili a una recitazione non sempre all’altezza (ancora), a una trama stiracchiata e alla mancanza di grandi elementi fantasy… in un fantasy. Ciò non toglie che questa serie abbia destato una certa curiosità e sia stata apprezzata anche all’estero. Non si è davanti al caso fantasy italiano per eccellenza, ma è comunque un discreto apripista.
L’ultima novità di Netflix Italia è stata Curon, una serie thriller e paranormale basata sulle leggende dell’omonima cittadina.
Nonostante i primi commenti dall’estero siano piuttosto positivi, in Italia il progetto non è stato accolto con grande fervore. Ancora una volta, la fotografia è uno degli elementi di punta e come nel caso di Luna Nera la fortuna è quella di avere un incantevole territorio italiano. La rielaborazione delle leggende che aleggiano attorno al campanile sommerso di Curon è interessante, ma, indovinate… la recitazione non è eccezionale. Gli attori non sono del tutto in grado di trasmettere emozioni e sensazioni in maniera efficace. Questo fa sì che alcuni dialoghi risultino meno carichi di pathos del previsto. Un grande peccato, a maggior ragione pensando alla grandissima qualità che invece ha il doppiaggio italiano. Nonostante questo, però, la storia ricca di colpi di scena tiene viva l’attenzione del pubblico e la serie resta comunque godibile.
Tirando le somme, vediamo dunque che un limite è proprio quello della recitazione non sempre all’altezza che probabilmente è legato all’impiego di molti attori esordienti e quindi inesperti. Talvolta le trame non sono del tutto solide e i dialoghi potrebbero essere sfruttati meglio. Certo è che si sta sperimentando: si tratta delle prime produzioni Netflix italiane, in alcuni casi proprio i primi passi verso determinati generi (come il fantasy o il paranormale) che non hanno una grande tradizione nel nostro territorio e per questo è normale che la produzione non sia eccezionale al cento per cento. Perciò sì, Netflix Italia mostra delle fragilità.
Tuttavia, bisogna anche considerare il prodotto in relazione al suo target: queste serie italiane hanno fatto i loro numeri, sono seguite, se ne parla e sono state quasi tutte rinnovate. Il fatto che non siano totalmente apprezzate da tutti gli appassionati di serie tv non inibisce la loro efficacia. Netflix, in ogni Paese, si rivolge a un pubblico tipo e nel caso italiano si tratta di un pubblico che predilige la visione di teen drama. Ecco perché queste serie – seppur criticate – funzionano.