Netflix – tra tutte le piattaforme streaming del mercato contemporaneo – è una di quelle che presenta una più vasta gamma di contenuti e prodotti pronti per la completa fruizione dei suoi abbonati. A volte, addirittura, ci capita di sentirci sopraffatti dalla quantità esorbitante delle varie proposte tra cui abbiamo la possibilità di scegliere. Ogni giorno e mese vengono caricati in catalogo nuovi prodotti che accrescono l’archivio non permettendoci nemmeno di focalizzarci in maniera chiara quelle che sono le opportunità a nostra disposizione. In modo particolare – in quest’ultimo periodo più che nei precedenti – è stata evidente la scelta che Netflix ha operato nel suo catalogo prediligendo produzioni originali anziché show realizzati al di fuori dei suoi giganteschi cantieri creativi. Ormai sono pochi gli esemplari presenti in catalogo creati da società di produzione esterne mentre, nella maggior parte dei casi, tutto viene prodotto in casa. Finisce che ci si affida alla ben consolidata ed esperta “Mamma Netflix”.
Ma siamo sicuri che sia – in ogni caso – la scelta vincente per Netflix?
Si stima che nel 2019 Netflix sia stata in grado di procurare ai suoi abbonati statunitense più di un contenuto nuovo al giorno e che i nuovi ingressi nel catalogo siano stati circa 371. Un numero esorbitante che sottende una precisa strategia di mercato, con cui la piattaforma vuole mantenere il suo indiscusso posizionamento internazionale. Netflix è un vero e proprio impero ma questo non significa che le si possa recriminare nulla.
I contenuti originali di Netflix sono spesso stati nel mirino di pesanti critiche che non hanno risparmiato severi giudizi sulla ricorrenti caratteristiche che questi prodotti hanno alla base della loro creazione.
Netflix ha dovuto difendersi – soprattutto negli ultimi tempi – dalle accuse che le sono state fatte riguardo una eccessiva tendenza all’ inclusività che, secondo alcuni, si è trasformata in una smania di riferimenti alle comunità delle minoranze etniche o LGB, anche quando questa menzione potrebbe essere evitata. E molti dei contenuti presi di mira per via di questa specifica valutazione sono proprio le produzioni originali. La ripetitività di alcuni schemi narrativi ha minato la credibilità delle creazioni di questo brand che, sul versante dei contenuti originali, è uscito spesso penalizzato. Credere in certi valori e voler sensibilizzare su alcune tematiche il proprio pubblico è un gesto ammirevole ma volersi spingere all’estremo fino ad indebolirne la portata significa giocare le carte sbagliate. E Netflix purtroppo, pur non di non delegare a nessuno, pretende di voler creare tutto da sé, ignorando i suoi stessi limiti.
Alcune serie italiane, ad esempio, sono diventate l’emblema di una formula produttiva di scarso rendimento che non ha entusiasmato il pubblico e, anzi, lo ha spinto a manifestare il dissenso nei confronti dei rinnovi di prodotti per cui non aveva nutrito il benché minimo interesse. Quello che ci si auspica da Netflix è che sviluppi meglio la capacità di riconoscere fin dove i suoi mezzi possono spingersi e accettare di essere più comprensivo nei confronti di altre case di produzione. La ricchezza di un ambiente deriva proprio dalla sua capacità di organizzare al meglio le potenzialità sue e quelle altrui, solo armonizzando le risorse, i risultati potranno presentare un ventaglio di possibilità che riuscirà meglio ad incontrare i differenti gusti di pubblico.
Le produzioni originali, inoltre, rappresentano un dispendio enorme di risorse economiche che, nella maggior parte dei casi, si cerca di ridurre. Gli abbonati alla piattaforma proprio per questi “tagli” hanno lamentato una smodata quantità a scapito della qualità. Molti dei contenuti originali sono produzioni low budget di cui è facile riconoscere una fattura spesso raffazzonata che delude le aspettative. Netflix rischia quindi di lasciar passare inosservate presso il suo pubblico alcune delle sue creazioni più originali e coinvolgenti che – per via di queste cattive esperienze – vengono assimilate ai risultati più mediocri. La produzione di Netflix assume sempre più i tratti di una catena industriale che, a tappeto, bombarda i suoi utenti con continue novità sperando che alcune di queste facciano più fortuna di altre e possano costituire una fonte di guadagno duratura.
Molte cancellazioni, infatti, sono state la conseguenza di un processo produttivo e di inserimento nel catalogo troppo affrettati. Le valutazioni siamo certi che non manchino ma, a lungo andare, questa potrebbe non essere la strategia migliore per l’immagine pubblica della piattaforma e per la sua salute economico-finanziaria. Speriamo, dunque, che Netflix continui a battersi per lanciare i suoi messaggi attraverso i suoi contenuti ma che sappia dare spazio anche ad altri di farlo, prendendo parte al catalogo della sua piattaforma. Perché qualità, a volte, non è per forza legato al “fatto in casa”. Significa saper scegliere i partner migliori con cui poter creare ciò che da soli non si sa realizzare.