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7 Serie Tv targate Netflix che non hanno avuto la giusta risonanza mediatica

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Bisognerebbe munirsi di un po’ di pazienza per andare a scovare quei titoli Netflix che finiscono immeritatamente ai margini del dibattito sulle serie tv, solo perché non rientrano nel grande circuito mediatico che, nel bene e nel male, capitalizza l’attenzione solo su una piccola parte della gigantesca offerta di prodotti seriali. Se di una serie tv si parla tanto – in ufficio, al bar, sui social, a cena con gli amici – la platea di spettatori aumenta. E se la platea di spettatori aumenta, di una serie tv si parla tanto. È un circolo vizioso, un cane che si morde la coda. A uscirne penalizzati sono inevitabilmente tutti quegli show che di attenzione mediatica ne ricevono poca, quelle serie tv che non rientrano negli ingranaggi del mainstream, che apparentemente nessuno si fila e nelle quali ci si imbatte solo per caso. Basta farsi un giro sul catalogo della piattaforma per rendersi conto di quanto in realtà l’offerta sia molto più ampia di quello che percepiamo. E per scoprire che, tra l’infinità di titoli disponibili, ce ne sono alcuni che meriterebbero un’attenzione di gran lunga maggiore.

Non tutti gli Originali Netflix hanno avuto fortuna.

Se si eccettua una manciata di titoli di successo, di tutto il resto non si parla se non entro i canali della piattaforma. Funziona così anche per gli altri servizi di streaming: ogni marchio ha i suoi dieci o quindici titoli caratterizzanti, il resto dell’offerta è lasciato un po’ in ombra. In questo articolo, abbiamo provato a raggruppare sette serie tv che sono state penalizzate dalla scarsa attenzione mediatica che è stata loro riservata. Si tratta di serie tv targate Netflix, che gli utenti della piattaforma (forse) conosceranno, ma di cui si parla davvero poco. Ed è un peccato, perché stiamo parlando di prodotti di qualità, con il potenziale per ambire a qualcosina di più rispetto a quanto è toccato loro fino ad oggi. Chissà, magari col tempo alcune di queste proposte potrebbero essere riscoperte e rivalutate, anche se per la maggior parte di loro il ciclo si è ormai chiuso.

Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

1) Godless

serie tv Netflix
Godless

La prima serie di cui ci occupiamo è Godless, il cui titolo a molti non dice assolutamente nulla. La miniserie è stata ideata da Steven Soderbergh (premio Oscar alla regia nel 2001 per Traffic, regista e produttore di grandissima esperienza che ha diretto anche la serie tv The Knick) e Scott Frank (sceneggiatore di successo e regista dell’acclamata serie tv La regina degli scacchi) e si presenta già come un prodotto di ottima qualità. Si tratta di un western in sette puntate – alcune molto lunghe – incentrato sulla vendetta del fuorilegge Frank Griffin, che cerca di scovare e uccidere il suo ex compagno di scorribande Roy Goode, facendogli terra bruciata attorno. Il ragazzo si nasconde nella cittadina di Le Belle, un luogo in cui a governare sono esclusivamente le donne. La caccia all’uomo di Griffin culminerà proprio in questa cittadina, le cui combattive donne saranno pronte a tutto pur di difenderla. Godless è portatrice di quello stile cinematografico declinato in versione seriale che lascia apprezzare con calma tutti i pregi e le sfumature del progetto. Le sette puntate sono disponibili sulla piattaforma dal 2017, ma la serie ha goduto sempre di scarsissima attenzione mediatica, per cui è rimasta pressoché sconosciuta al grande pubblico. Ed è un vero peccato.

2) The Last Kingdom

The Last Kingdom

Tra i period drama presenti nel catalogo, The Last Kingdom è uno dei più validi. Per la verità, Netflix ha apposto il proprio marchio solo dalla terza stagione in poi, ma l’intera serie è disponibile sulla piattaforma. Affine a Vikings per l’ambientazione e i temi trattati, la serie estrapolata dai romanzi di Bernard Cornwell non ha ricevuto nemmeno la metà dell’attenzione mediatica riservata a Ragnar Lothbrok e alla sua epopea. Eppure, le cronache dei re Sassoni – che citano persino molti personaggi già visti in Vikings – sono un piccolo gioiello rimasto sconosciuto ai più. Uhtred di Bebbanburg è l’affascinante protagonista della serie, un guerriero metà sassone e metà danese che con la propria spada proverà a realizzare il sogno di un re morente nella cui testa era germogliata per la prima volta l’idea di Inghilterra. Lo show è ben costruito: trama accattivante, ottima scenografia, grande attenzione per i dettagli e un soggetto – la serie di romanzi Le storie dei re sassoni dello scrittore inglese Cornwell – già capace di imporsi sul mercato dei libri. Peccato che la serie abbia goduto in generale di scarsa attenzione. Nel Regno Unito, The Last Kingdom è stata trasmesso sulla BBC, mentre in Italia è finita su Premium Action e Premium Stories. La maggiore visibilità garantita da Netflix avrebbe dovuto assicurare un briciolo di considerazione in più, ma forse era già troppo tardi.

3) Borgen

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Intrighi politici, giochi di potere, alleanze, scandali e battaglie ideologiche sono invece al centro di una delle migliori serie tv mai prodotte in Danimarca. Borgen è arrivata alla sua quarta stagione ed è disponibile per intero sulla piattaforma. Al centro dello show, Birgitte Nyborg e la sua leadership all’interno dello scacchiere politico danese. Birgitte è la prima donna a diventare Primo Ministro del Paese, ma restare alla guida del governo in tempi turbolenti non sarà per lei una cosa semplice. La serie racconta bene la politica europea – che è diversa da quella americana, tutta incentrata sulla figura del Presidente – e in Danimarca ha avuto grande successo. In Italia, invece, se ne è parlato sempre molto poco. Le prime tre stagioni furono distribuite su LaEffe tra il 2013 e il 2014, ma allora furono in pochi ad affezionarsi alle vicende di Birgitte e dei suoi collaboratori, soprattutto in una fase in cui il genere del political drama era dominato da uno show come House of Cards. Netflix scelse poi di ospitare la serie sulla piattaforma e di lavorare alla produzione della quarta stagione, arrivata dopo quasi un decennio di attesa. L’acquisizione da parte del colosso dello streaming ha dato a Borgen maggiore visibilità e ha permesso a un pubblico molto più vasto di poterla apprezzare appieno. Ma anche in questo caso, l’attenzione mediatica non è stata così pressante e la serie giace lì ignorata da una grossa fetta di potenziali estimatori.

4) On my Block

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Nonostante si sia aggiudicata un Teen Choice Award nel 2018 e nonostante abbia ricevuto il plauso della critica al momento del suo rilascio, On my Block è una serie di cui avremmo dovuto sentir parlare molto di più. Protagonisti dello show, un dramma adolescenziale con una spiccata vena comica, sono quattro adolescenti di Freeridge, un quartiere difficile di Los Angeles. Il tema della diversità è quello attorno al quale ruotano le vicende di On my Block, che sceglie un registro narrativo a metà tra il dramma e la comedy per raccontare una realtà – quella dei quartieri periferici di Los Angeles – che solitamente spicca poco nelle pellicole e nelle serie tv ambientate nella città californiana (a meno che, certo, non si tratti di un poliziesco!). Tra stereotipi e inclusione, On My Block vince la sfida di saper raccontare il mondo dell’adolescenza e quello delle periferie senza scadere nel banale e senza far ricorso a toni eccessivamente drammatici. Perché se ne sia parlato tanto poco, negli anni, nonostante la buona qualità e il livello della sceneggiatura, resta un mistero.

5) Rebellion

rebellion

Altro dramma storico di spessore è Rebellion, la miniserie irlandese ambientata nella Dublino del 1916 nei giorni della famigerata rivolta di Pasqua, quelli che portarono ad un conflitto serrato tra i rivoluzionari irlandesi e le forze militari britanniche impegnate a combattere la Prima guerra mondiale e prodromo della futura dichiarazione di indipendenza dell’Irlanda.

Si tratta di un titolo sconosciuto alla maggior parte degli utenti di Netflix.

L’attenzione mediatica riservata a questa serie tv è stata sempre molto bassa, nel nostro Paese addirittura quasi inesistente. Però Rebellion è una serie pervasa da una forte carica emotiva, con una narrazione concentrata in cinque episodi pieni di suspense, colpi di scena, lunghi silenzi e improvvisi slanci in avanti e davvero non si comprende come mai la stessa piattaforma non abbia spinto di più un titolo simile. Tra l’altro, lo show ha un suo seguito – Resistance -, che si concentra su un altro snodo fondamentale della storia irlandese che è quello degli scontri del 1920 nella giornata del Bloody Sunday. Due piccole perle rimaste perlopiù inosservate.

6) Le 7 vite di Lea

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Più recente è invece Le sette vite di Lea, un altro colpo della produzione seriale francese (qui la classifica delle migliori 10 serie tv made in France presenti sul catalogo), uscita ad aprile 2022 su Netflix. La storia mescola elementi fantascientifici e horror a una trama drammatica incentrata sul personaggio di un’adolescente. Lea è una diciassettenne che, durante un rave party, riviene delle ossa di uno scheletro in fondo a una scarpata. Per qualche assurdo motivo, la ragazza inizia a viaggiare nel tempo assumendo le sembianze di sette persone diverse vissute nel passato ed entra in connessione con ciascuna di loro, venendo a conoscenza di particolari inediti sulla storia della propria città. L’originalità della trama e lo sguardo attraverso cui lo spettatore riesce a cogliere le sfumature più nascoste, sono il principale motivo di successo di questa serie, che ha ricevuto buoni riscontri, ma alla quale è stata riservata un’attenzione mediatica piuttosto scarsa e concentrata esclusivamente nei giorni del suo rilascio ufficiale sulla piattaforma. Tra i titoli usciti nel 2022, invece, Le sette vite di Lea è uno di quelli che meriterebbe una chance in più.

7) Tabula Rasa

Toni molto più inquietanti si ritrovano invece in Tabula rasa, una serie tv che in Italia hanno visto in pochi e di cui non si è mai parlato tanto. Forse si tratta del titolo della lista che ha ricevuto la più scarsa attenzione mediatica rispetto a tutti gli altri. La serie è uscita nel 2018 su Netflix ed è incentrata attorno all’angosciante sforzo di Annemie D’Haeze (interpretata dall’attrice e cantante Veerle Baetens, che è anche una delle due creatrici) di rimettere insieme tutti i pezzi della propria memoria. La donna si risveglia infatti in un ospedale psichiatrico priva di ricordi e messa sotto inchiesta perché accusata di un crimine. La serie è palpitante e tiene lo spettatore in un costante stato di agitazione, ma forse proprio per questo risulta difficile staccarsi dai nove episodi una volta che ci si è imbarcati nella visione. Tabula rasa potrebbe entrare di diritto nella lista delle serie tv semisconosciute presenti su Netflix che dovreste assolutamente vedere.

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