Prima di entrare nello specifico della nuova puntata di Non c’è bisogno di presentazioni, partiamo subito con una vera e propria chicca. Sapevate che Maurizio Costanzo nel 1984 fu ospite di David Letterman al Late Show? E che addirittura i due stipularono una sorta di “gemellaggio” tra i propri programmi, con tanto di firma e timbro ufficiale? Incredibile ma vero, è successo. Grazie a Don Giller possiamo mostrarvi l’imperdibile reperto in versione integrale.
A dire il vero se abbiamo citato il Maurizione nazionale è perché c’è una riflessione da fare che sorge spontanea.
Se ci pensate, il modo in cui è impostato Non c’è bisogno di presentazioni non è affatto dissimile a L’Intervista di Maurizio Costanzo. Un solo ospite, un’ora di chiacchierata informale a tu per tu con l’intervistatore. La differenza sostanziale tra i due è il binario sul quale il presentatore intende condurre la propria trasmissione.
Se Costanzo da un lato predilige l’uso delle foto per esplorare l’argomento di discussione con il proprio ospite, Letterman preferisce scandagliare i vari temi attraverso il dialogo. O attraverso le care vecchie domande secche. Mentre Costanzo mira a sottolineare la vulnerabilità e il lato umano del vip di turno, riuscendo spesso a farlo commuovere toccandone i tasti più delicati, Letterman non cerca la lacrimuccia facile. L’obiettivo di Dave non è far impietosire il pubblico, ma indurlo a riflettere. La scaletta dello show non è impostata per ripercorre i principali eventi della vita dell’ospite, rigirando il coltello nelle piaghe dei suoi fallimenti e dei suoi momenti più difficili. In poche parole, Non c’è bisogno di presentazioni non segue la strada propria della tv del dolore che imperversa da anni nei palinsesti nostrani.
Fatta questa premessa, non che fosse necessaria per capire quanto disti anni luce la nostra tv da quella oltreoceano, veniamo alla 1×02.
Nella precedente recensione sottolineavamo quanto fosse importante il secondo episodio per giudicare con più completezza la bontà di questo nuovo Non c’è bisogno di presentazioni. Non ce ne voglia George Clooney, ma l’interesse suscitato dall’appeal di Barack Obama e dal ritorno di Letterman stesso era impareggiabile forse per chiunque. Attendevamo dunque Big Dave al varco per capire quanto potesse funzionare il format del nuovo show con ospiti meno blasonati dell’ex Presidente. Senza contare il venir meno dell’hype e della curiosità intorno alla formula del nuovo programma.
In questo senso, possiamo dire questa seconda puntata è stata una confortante conferma.
Sono tanti i concetti e le idee interessanti che ci regala questa piacevolissima conversazione. Non è necessario conoscere a fondo il personaggio Clooney o essere un suo fan sfegatato per godersi l’intervista, anzi. L’argomento Cinema non viene praticamente mai toccato se non negli ultimi 10 minuti di puntata.
Rispetto al primo episodio, il tono è più leggero e rilassato, e ne beneficia il ritmo dello show, decisamente più fluido e scorrevole. Dopo un intro con Dave e George all’aperto a mangiare junk food appoggiati a una macchina come due vecchi amici, si torna sul palco con Letterman a introdurre subito l’ospite. Dopo un immancabile commento del divo sull’ormai celebre barba del conduttore, può iniziare l’intervista.
Sono tanti i temi snocciolati e le curiosità rivelate da Clooney, a cominciare da un aneddoto riguardante il suo celebre cugino, il compianto Miguel Ferrer. L’indimenticato Albert di Twin Peaks fu infatti la persona che prima di tutti lo spinse a intraprendere la carriera di attore. Motivo in più per amare questo straordinario caratterista e rimpiangere la sua prematura scomparsa.
Non solo Ferrer. Tutta la famiglia Clooney infatti ci viene presentata nel corso della puntata, anche grazie a un’esterna registrata da Letterman nella casa dei genitori di George. C’è spazio per parlare dell’infanzia del giovane divo. Si va dal suo sogno infranto di diventare giocatore di baseball professionista al suo lavoro di chauffeur per sua zia Rosemary, famosa attrice e cantante. Tra le tante celebrità di casa Clooney va annoverato anche papà Nick, giornalista e presentatore televisivo.
Come anticipato, il cinema è forse l’argomento meno ricorrente in tutto l’episodio, mentre ci si sofferma molto sull’impegno sociale di George e soprattutto di sua moglie Amal.
La donna è infatti un’affermata avvocatessa, specializzata in diritti umani, ed è dunque un ottimo pretesto per parlare del genocidio perpetrato dall’Isis nei confronti degli Yazidi. È toccante la storia di Hazim Avdal, studente yazida in fuga dall’Isis adottato dalla coppia, che si è fatta carico anche del costo dei suoi studi all’Università di Chicago. La storia del giovane, che vive in una casa non lontana dall’abitazione dei genitori di Clooney, è il momento più alto ed emozionante di tutto lo show.
Come nello scorso episodio, Non c’è bisogno di presentazioni conferma quindi un connotato rilevante del nuovo format. Il grande spazio riservato in altre parole al “Letterman per il Sociale”. Resta impagabile vedere Dave in tenuta casual nei suoi momenti in esterna mentre dialoga con i Clooney con George e Amal in videoconferenza.
Non mancano intriganti aneddoti raccontati da Clooney, tra cui un imperdibile rimprovero ai suoi danni da parte di Steven Spielberg sul set di E.R. e un’immancabile menzione al famigerato costume coi capezzoli di Batman & Robin.
Alla fine della fiera, tra una battuta e l’altra sulla paternità e sull’incredibile storia della sua azienda di Tequila, ciò che rimane è un bellissimo ritratto dell’uomo Clooney. Non l’attore premio Oscar, nè il regista dal gusto classico tra i più apprezzati di tutta Hollywood. Semplicemente l’uomo, dotato di innata autoironia e di un encomiabile impegno nel sociale.
Non è un caso che anche questa puntata si concluda con i complimenti da parte di un ammirato Letterman al suo ospite. Ammirazione del tutto sincera e, verrebbe da dire, più che giustificata.