3) Borgen
Tra le Serie Tv da vedere su Netflix di genere thriller politico si nasconde anche Borgen, una produzione danese che qui in Italia non ha avuto granché successo, ma che all’estero ha letteralmente spopolato. Basti pensare, d’altronde, alla sua nomination agli Emmy nella categoria Miglior Attrice. Insomma, a non darle quel che merita davvero siamo rimasti noi, e la domanda resta sempre la stessa: perché? D’altronde, Borgen non ha nulla per cui rimproverarsi. E’ una Serie Tv intelligente, ben equilibrata, dotata di colpi di scena ma anche di un realismo capace di descrivere la politica europea senza mai alcun cenno di retorica.
Nel dettaglio, Borgen si distingue soprattutto per il suo modo di affrontare, puntata dopo puntata, numerosi temi attuali. Passando dalle questioni ambientali, si arriva a parlare anche di stampa, rapporti inappropriati, potere. Ma, soprattutto, Borgen affronta il rapporto di co-dipendenza tra la politica e il potere, mostrando quanto uno abbia bisogno dell’altro per sopravvivere. Quel che sorprende della Serie Tv danese è che da un punto di vista stilistico tutto sembra ricondurci alla classica Serie Tv americana. Eppure, basta un secondo per capire quanto Borgen sia europea. I temi affrontati fanno infatti da specchio al sistema politico non solo della Danimarca, ma anche dell’Europa intera. In questo senso, la Serie Tv non farà sconti neanche al nostro sistema politico italiano.
La struttura degli episodi è più o meno sempre la stessa. Ogni puntata sarà infatti autoconclusiva, ma mai ripetitiva. Le dinamiche, in Borgen, cambiano episodio dopo episodio dando vita a una narrazione a 360° della politica europea. Insomma, se dopo numerose Serie Tv ambientate alla Casa Bianca avrete voglia di qualcosa di diverso, questa sarà la scelta giusta.
4) Designated Survivor
Torniamo adesso alla Casa Bianca con Designated Survivor, una Serie Tv da vedere su Netflix molto sfortunata, e con una storia travagliata alle spalle. Le prime due stagioni erano infatti dell’ABC, mentre la terza è stata prodotta e distribuita dalla piattaforma streaming Netflix. Cercando di restituirle una nuova possibilità, la piattaforma è riuscita nel suo obiettivo di ridarle una nuova vita, facendola diventare una Serie Tv abbastanza affermata all’estero. Anche in questo caso, qui in Italia, le cose sono invece andate a rilento per questa produzione che, tuttora, rimane ignorata da molti. Nonostante il successo all’estero, però, Designated Survivor ha dovuto fare i conti con la cancellazione da parte della piattaforma che, prima l’ha salvata, e poi l’ha fatta fuori.
Non abbiamo timore di smentita: Designated Survivor è un rimpianto a cielo aperto. In alcun modo, una produzione del genere andava cancellata. Il thriller politico aveva tutte le carte in tavola per diventare un cult, ma è stato fermato troppo presto, quando ancora aveva tanto da fare e tanto da dire. Come anticipato, anche in questo caso ci ritroviamo alla Casa Bianca. A farci da guida troviamo Thomas Kirkman, un segretario della casa Bianca nominato sopravvissuto designato secondo la consuetudine, stipulata durante la Guerra Fredda, di tenere al sicuro almeno uno della linea di successione presidenziale quando tutte le principali autorità si riuniscono in uno stesso luogo. Uno scenario drammatico che, in Designated Survivor, diventa purtroppo concreto. Un attacco alla Casa Bianca uccide infatti il Presidente con tutti i suoi successori, chiamando alla carica Kirkman.
Kirkman è adesso il nuovo Presidente degli Stati Uniti, ma le cose diventeranno presto più complicate del previsto. L’America è adesso spaventata, arrabbiata, distrutta. Sta affrontando un momento estremamente drammatico, e non riesce a fidarsi di nessuno, neanche del suo nuovo Presidente, un uomo che di fatto nessuno conosce. Kirkman dovrà vedersela con la diffidenza da parte della sua nazione, ma anche con problemi molto più grandi di lui. Quel che lo mantiene a galla è la sua razionalità, il suo sangue freddo, sempre pronto a mettersi in gioco per salvare la situazione. Designated Survivor entra così nel vivo della storia, utilizzando questo espediente narrativo per parlare della fragilità americana, del sogno infranto, ma anche delle qualità e degli ideali che un Presidente degli Stati Uniti dovrebbe possedere per svolgere tale ruolo.