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La metanarrativa in The 8 Show: i volti che non vediamo mai sono i nostri

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Tra amanti del genere e ferrei detrattori, i reality show (qui ve ne citiamo alcuni davvero interessanti) continuano a essere un punto fermo nel panorama dell’intrattenimento dei giorni nostri. Perché, al di là dei dibattiti circa la loro naturalezza o la loro costruzione artificiale da parte dei loro autori, la loro funzione è una sola: fare divertire. Offrire del materiale che possa intrattenere, spingere lo spettatore a non annoiarsi, a non avere mai l’esigenza di cambiare canale. Perché niente è più inutile e inefficace di un prodotto noioso. Ma cosa piace maggiormente? Cosa spinge il pubblico a rimanere con gli occhi fissi sullo schermo e ad appassionarsi alle vicende di sconosciuti? Di recente, una risposto piuttosto articolata e approfondita ce l’ha fornita l’ennesimo intrigante k-drama The 8 Show, sbarcato il 17 maggio 2024 su Netflix.

Trattasi di una serie che, sulla scia di quei prodotti incentrati su un gruppo di personaggi che lottano per vincere un grande montepremi, finisce per rappresentare gli effetti di alcuni esperimenti sociali oltremodo interessanti. Un ambiente chiuso. Delle regole fisse ed intransigenti che obbligano i concorrenti a inserirsi in dinamiche che, in un modo o nell’altro, ricalcano diversi modo di intendere la società. Telecamere accese che riprendono ogni loro movimento e che giudicano ogni loro mossa. Spettatori rappresentati da poltrone vuote, ma che tengono virtualmente il posto di chi, come noi, da casa, si è goduto lo spettacolo. Uno spettacolo di violenza e crudeltà. Perché i volti che non vediamo, sono i nostri.

Attenzione. Nella seguente analisi potreste trovale spoiler di The 8 Show. Siete pertanto avvisati!

The 8 Show

Guardare The 8 Show è stato un viaggio. Un viaggio non solo nelle complesse e tortuose che percorrono la mente umana, ma anche nelle nostre coscienze. Quella che era nata come una visione di una serie on il potenziale per divertirci con sfide, colpi di scena e un’ottima estetica, si è infatti pian piano trasformata in un grande saggio sul complesso funzionamento delle dinamiche sociali e interpersonali del nostro mondo. Questo perché Han Jae Rim, sceneggiatore e regista della serie, non voleva limitarsi a raccontare una storia che fosse emozionante. Voleva spingere chiunque la vedesse a guardarsi dentro, ma anche a rendersi conto dell‘immenso potere di cui ognuno, in un modo o nell’altro, dispone.

In un mondo dove il tempo è denaro, gli otto protagonisti di The 8 Show per riuscire a trionfare devono riuscire a fare proprio questo: guadagnare minuti, ore, se non addirittura giorni.

Come fare? Il meccanismo non appare chiaro fin da subito. Inizialmente i personaggi credono di guadagnare punti salendo a ripetizione le scale. La verità però è ben diversa. Non ci sono corrispondenze matematiche: a stabilire un premio altro non è che l’indice di gradimento di uno sguardo esterno. Occhi che vedono nei protagonisti un semplice svago. Animali da zoo disposti a tutto per ottenere attenzione, pesci nella boccia che sfrecciano qua e là per compiacere un pubblico invisibile. Piano 3 e i suoi compagni di sventura sono parte di un gioco volto a del mero intrattenimento, di un’approvazione che diviene sempre più difficile guadagnarsi.

Cosa piace al pubblico? La risposta l’aveva trovata ai tempi, il poeta romano Giovenale: “Panem et circenses“. Pane e giochi gladiatori. Un intrattenimento derivante dalla sventura altrui: in cui in gioco c’erano vite umane, per descrivere la strategia dei leader romani di mantenere il controllo sul popolo fornendo cibo e spettacoli gratuiti. Un approccio volto a distrarre la popolazione dalle questioni politiche e sociali più serie e a mantenere così la stabilità e il potere delle élite.

The 8 Show mette in scena un ambiente in cui i partecipanti sono costantemente osservati, simile al concetto del Panopticon di Bentham ripreso da Foucault. In questo sistema, la presenza di una sorveglianza costante, visibile o invisibile, induce i partecipanti a conformarsi a determinati comportamenti, sapendo di essere sempre sotto l’occhio vigile delle telecamere. Questo tipo di sorveglianza perpetua crea una dinamica di potere in cui i partecipanti interiorizzano le norme imposte dall’autorità del programma, alterando il loro comportamento anche in assenza di una sorveglianza incarnata.

Fatica, situazioni strambe, scandali, litigi, pericoli…

L’uomo ha sempre avuto un debole per tutto ciò che potesse “pepare” le cose. Ciò permette agli spettatori di vivere indirettamente situazioni di alta tensione senza affrontare le conseguenze reali. Questo fornisce un senso di catarsi, dove il pubblico può sfogare le proprie emozioni in modo sicuro e controllato. Un processo che porta progressivamente ad alzare la posta in gioco.

the 8 show

Una consapevolezza, questa, esposta apertamente dallo stesso Piano 7, che ha tentato in tutti i modi di rallentare l’inevitabile processo di decadenza morale intrapreso dai partecipanti per racimolare più velocemente ore utili alla causa. Così il talent show, iniziato con balli ed esibizioni canore finisce per diventare uno spettacolo pornografico, giochi iniziati per imbarazzare l’altro scadono in un coacervo di privazione di dignità, violenza, scene disturbanti, destinate a crescere di intensità e di crudeltà così da alzare non solo il ritmo, ma anche lo share. Non a caso, il primo picco di alto interesse si verifica con l’attacco epilettico di una partecipante e la rissa da esso scaturita.

Emblematico, da questo punto di vista, il fatto che, l’indice del gradimento relativo a The 8 Show da parte del reale pubblico sia andato ad aumentare con il proseguire delle puntate. Chi è infatti andato a lamentarsi dell’eccessivo senso di lentezza relativo alle prime puntate e ai momenti più “rilassati” della serie, in cui il ritmo diminuisce e assistiamo a scene più introspettive, non ha fatto altro che confermare il punto della serie. L’uomo è per sua natura attratto verso il disastro, verso quella parte oscura che, in quanto membro di una società cerca di tenere a bada, ma a cui si sente autorizzato a dar sfogo visionando il tutto da fuori, protetto da uno schermo. Perché ad attrarre, anche in maniera inconsapevole, sono sempre le peggiori notizie?

Perché, anche visionando programmi tv e reality, cerchiamo sempre lo scandalo, la polemica, il litigio?

Ce lo spiega il concetto di voyeurismo, ossia il piacere derivante dall’osservare la vita altrui senza essere visti. È così che il conflitto e il dramma finiscono per fornire un senso di eccitazione e coinvolgimento emotivo. Questo riflette una dinamica sociale in cui le persone sono sempre più abituate a consumare le vite degli altri come intrattenimento, sfumando i confini tra pubblico e privato.

Gli spettatori/organizzatori del programma nella narrazione, sebbene apparentemente passivi, partecipano infatti attivamente nel dare senso agli eventi rappresentati. Essi, senza essere mai visti su schermo e senza parlare, giudicano ciò che vedono, influenzando la direzione del programma attraverso il feedback del conteggio delle ore. Essi, tramite il solo sguardo, plasmano le dinamiche di gradimento e di potere, e diventano per noi una sorta di specchio.

Lo sguardo delle telecamere di The 8 Show

Non a caso, come una platea di voyeuristi, gli spettatori di The 8 Show, quelli della vita vera, iniziano a essere pienamente coinvolti nella serie, solo quando la posta in gioco si alza.

Quando i concorrenti iniziano a dividersi, a gerarchizzarsi, a schierarsi gli uno contro gli altri e a osare sempre più, rinunciando non solo al buon senso e alla solidarietà, ma anche alla propria dignità, è allora che l’attenzione sale, non solo da parte di coloro che guardano il tutto dalle telecamere nell’edificio e che rendono possibile la prosecuzione del gioco, ma anche di noi da casa. Che da spettatori finalmente vediamo la trama ingranare, e personaggi inscenare un teatrino di violenza e crudeltà di cui non li avremmo mai creduti capaci.

I concorrenti di The 8 Show cercano in ogni modo di suscitare interesse, in un gioco che ancora una volta che ha del metanarrativo, soprattutto se prendiamo sotto analisi un altro aspetto ormai imprescindibile nella società odierna, quello dei social. Un mondo in cui chi ne usufruisce, offrendosi costantemente davanti al freddo e giudicante sguardo esterno, diviene merce da passare al vaglio da parte di uno spettatore spesso invisibile, una massa informe che usufruisce del contenuto tenendosi a distanza di schermo. Uno sguardo che osserva, ma che, in un certo modo controlla e influenza il nostro modo di mostrarci.

Insomma, The 8 Show, oltre a raccontare una serie appassionante e intrigante per la sua peculiare struttura, è un prodotto da non sottovalutare, capace di veicolare un’attenta analisi critica sulla società e sulle complesse dinamiche che la regolano, costringendo il pubblico a confrontarsi con le implicazioni morali e etiche del proprio ruolo nel consumo di contenuti basati sulla sorveglianza e sulla spettacolarizzazione della vita altrui. Una vera propria bomba che chiunque si ritenga un appassionato di serie tv e intrattenimento dovrebbe vedere!

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