Con il successo, si sa, arrivano spesso anche grandi difficoltà. Quando una serie tv diventa popolare, aumentano esponenzialmente le sue probabilità di divenire bersaglio di critiche, di lamentele, polemiche sterili e non e qualche volta persino denunce. Questo avviene soprattutto quando le serie tv vengono prodotte da Netflix, che grazie alla sua fruibilità su scala globale contribuisce a rendere alcune sue creazioni veri e propri fenomeni virali e per tanto molto più esposte a possibili ripercussioni rispetto alle produzioni dei network tradizionali. Nella maggior parte dei casi – come per esempio è successo con Tiger King – le denunce piovono su serie che si rifanno a eventi reali e che pertanto hanno un impatto sulle vite di coloro che vengono rappresentati nella serie magari senza aver dato il proprio consenso, ma non è raro che vengano accusate e portate in tribunale anche produzioni originali, opere di finzione che tuttavia influenzano profondamente il mondo reale.
Abbiamo raccolto 5 delle più importanti serie tv di Netflix che sono state oggetto delle denunce più disparate, i cui esiti non sempre sono scontati.
1) When They See Us
La miniserie creata e diretta da Ava DuVernay è considerata una delle migliori produzioni Netflix di tutti i tempi e a distanza di oltre due anni dalla sua prima messa in onda continua a rimanere attuale, straziante, straordinaria. Fedele ricostruzione degli eventi dei “5 di Central Park”, When They See Us racconta con minuzioso realismo il processo che ha visto coinvolti cinque ragazzi minorenni appartenenti a minoranze etniche, accusati senza prove e quindi ingiustamente condannati per aggressione sessuale ai danni di una donna bianca mentre questa faceva jogging nel famoso parco di New York. La tragica vicenda si è conclusa nel 2002, quando il vero colpevole ha confessato il reato e la condanna dei cinque ragazzi, ormai diventati uomini, è stata annullata dal tribunale dello stato di New York.
Sebbene When They See Us sia considerata all’unanimità una delle più convincenti produzioni seriali degli ultimi anni, molti non sapranno che vi sono state alcune polemiche riguardanti la messa in scena di certe procedure portate avanti dalla polizia e che addirittura, come riporta BBC News, è stata denunciata dallo studio John Reid and Associates per la rappresentazione della tecnica Reid nel corso della serie. La tecnica Reid è una modalità per ottenere confessioni molto controversa, poiché prevede interrogatori estenuanti e la cui eticità è messa in dubbio, dal momento che si basano su trucchi, inganni e privazioni che indeboliscono il sospettato spingendolo a rivelare qualsiasi cosa pur di mettere fine all’interrogatorio. In When They See Us viene riferito che “la tecnica Reid è stata universalmente rifiutata” per sottolineare come le confessioni dei cinque ragazzi siano state estorte tramite il suo utilizzo e pertanto non vadano ritenute valide. Reid e il suo studio avrebbero allora deciso di denunciare Netflix e Ava DuVernay per diffamazione e per avere rappresentato in modo del tutto parziale e fasullo la tecnica nella miniserie, una causa che tuttavia ha visto il colosso dello streaming trionfare in virtù della libertà di espressione che il Primo Emendamento garantisce negli Stati Uniti.
2) Squid Game
Squid Game è diventata virale con una rapidità impressionante, conquistando inaspettatamente gli spettatori di tutto il mondo. Il survival drama sudcoreano ha attirato su di sé non soltanto lodi, ma anche critiche pesanti, lamentele, accuse di essere un prodotto diseducativo e addirittura colpevole di deviare le giovani menti influenzabili, nonché ovviamente la consueta dose di polemiche e, giusto per non farsi mancare nulla, è persino diventata oggetto di un’interrogazione parlamentare in Italia. Una serie con un’accoglienza così controversa poteva forse farsi mancare una denuncia? Assolutamente no, infatti puntualmente è arrivata, proprio dalla stessa Corea del Sud, come riportato dal sito Reuters. Se vi aspettate che al centro della causa vi sia il contenuto di Squid Game rimarrete però delusi, perché a sporgere denuncia è stato SK Broadland, il principale internet provider del paese asiatico, che avrebbe accusato Netflix e Squid Game di avere causato un tale aumento del traffico online da rendere i costi del servizio offerto dalla società del tutto insostenibili. Squid Game ha avuto un successo così incredibile da aver reso impossibile per SK Broadland sostenerne la visione via internet senza andare in perdita e pertanto avrebbe chiesto alla piattaforma streaming di trovare un modo per aiutarli a continuare il loro servizio. La causa aperta da SK Broadland si inserisce in un clima ostile ai colossi dello streaming diffuso in Corea del Sud, dove si sta cercando con urgenza di trovare un modo per costringerli per legge a contribuire economicamente a sostenere i costi di uso della rete di cui sono responsabili.
3) La regina degli scacchi
Come vi abbiamo raccontato nel dettaglio qui, Nona Gaprindashvili, gran maestra georgiana del gioco degli scacchi, ha denunciato la serie Netflix più popolare del 2020 per una frase sessista nei suoi confronti pronunciata nell’episodio conclusivo. Come riportato dal sito Deadline, Gaprindashvili avrebbe chiesto al colosso dello streaming un risarcimento di 5 milioni di dollari per diffamazione, in quanto ne La regina degli scacchi la sua carriera e la sua persona sarebbero state sminuite grandemente ai fini di esaltare il fittizio personaggio di Beth Harmon, protagonista della serie. Nella puntata finale del grande successo di Netflix, un commentatore di scacchi descrive Beth Harmon sostenendo che “L’unica cosa insolita di lei, in realtà, è il suo sesso. E anche questo non è unico in Russia. C’è Nona Gaprindashvili, ma è la campionessa mondiale femminile e non ha mai affrontato uomini”, facendo dunque riferimento alla figura realmente esistita della giocatrice georgiana. Tuttavia, la frase contiene un’inesattezza storica che, volta a glorificare Beth, finisce per sminuire ingiustamente Gaprindashvili, che nella sua carriera ha invece affrontato decine di uomini e ha sconfitto alcuni tra i migliori giocatori di scacchi di tutti i tempi, guadagnandosi il titolo di gran maestra.
4) Making a Murderer
La prima stagione di Making a Murderer, realizzata nel corso di oltre dieci anni, racconta la storia di Steven Avery, che fu ingiustamente accusato di stupro nel 1985, salvo essere poi esonerato dalla prova del DNA e quindi essere infine nuovamente incarcerato per l’omicidio di un’altra donna.
La docu-serie è stata denunciata da Andrew Colburn, un sergente di polizia ormai in pensione, che nella produzione Netflix viene insinuato aver manomesso delle prove per cercare di incastrare Steven Avery, sebbene non vi siano evidenze effettive che questo sia avvenuto nella realtà. La causa ha visto la piattaforma streaming in grande difficoltà nel cercare di costruire una difesa credibile, infatti nonostante Netflix si sia appellata al Primo Emendamento e abbia cercato di ribadire come Making a Murderer si inserisse all’interno della tradizione tipicamente americana del filone del true crime, il giudice della corte distrettuale degli Stati Uniti Brett Ludwig ha deliberato in favore di Colburn, sostenendo che la libertà di parola garantita dalla legge non si estende fino al rendere impunibili coloro che si rendono colpevoli di frasi diffamatorie nei confronti altrui. Un verdetto che si pone in un certo senso agli antipodi rispetto a quello successivo nei confronti di When They See Us.
5) Tiger King
La seconda stagione di Tiger King è uscita solo da qualche giorno, eppure sembra essersi già conquistata una denuncia da parte di una delle più importanti figure presenti nella docuserie.
Secondo quanto riportato da Deadline, Carole Baskin, ex-moglie del Tiger King Joe Exotic, ha denunciato Netflix per non avere rispettato quanto riportato nel contratto che la star avrebbe firmato in occasione della prima stagione della docu-serie più discussa degli ultimi anni. Baskin infatti avrebbe acconsentito ad apparire soltanto in un unico documentario e pertanto sostiene che i filmati in cui appare presenti in Tiger King 2 non sarebbero stati da lei autorizzati, poiché in nessuna parte del contratto vi sarebbe un riferimento a un eventuale sequel della produzione Netflix. La denuncia arriva anche in seguito alle lamentele di Baskin per il suo ritratto nella serie, divenuto virale, che ha portato centinaia di migliaia di persone a sospettare che fosse stata proprio lei a uccidere Joe Exotic e che dunque le ha causato una situazione di grande disagio che la seconda stagione di Tiger King non farebbe che intensificare. Neflix ha risposto all’accusa di violazione del contratto sostenendo che questa non sia avvenuta, in quanto il documento originale prevedeva ben nove apparizioni e consentiva esplicitamente alla piattaforma di usare i filmati di Baskin in progetti successivi. La corte ha deciso in favore di Netflix, che il 17 novembre 2021 ha potuto rilasciare Tiger King 2 senza tagliare le scene in cui appare Carole Baskin.