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Il seguente articolo contiene SPOILER su What Jennifer did: il caso Jennifer Pan

Il 10 aprile Netflix ha rilasciato nel suo sterminato catalogo una delle sue ultime produzioni: il documentario What Jennifer did: il caso Jennifer Pan. Il documentario è una produzione originale Netflix, di matrice anglosassone, che porta la firma della regista Jenny Popplewell, già autrice del documentario American murder: La famiglia della porta accanto. Il documentario, atteso già da tempo, ha il merito di togliere la polvere da un caso di cronaca che scosse profondamente l’opinione pubblica d’Oltreoceano nell’ormai lontano 2010.

La storia vera nel nuovo documentario Netflix What Jennifer did: il caso Jennifer Pan

What Jennifer did: il caso Jennifer Pan racconta il terribile omicidio avvenuto la notte dell’8 novembre 2010 a Markham, in Ontario, Canada. Quella notte di fine autunno la vita della tranquilla cittadina fu turbata per sempre quando tre uomini armati fecero irruzione nella villetta dei Pan, una famiglia di origine vietnamita. Gli uomini freddarono senza pietà la madre Bich Ha e ferirono gravemente il padre Huei Hann, che miracolosamente sopravvisse dopo essere stato colpito da un proiettile al volto. Jennifer, la figlia dei due, fu l’unica a non riportare ferite dal terribile agguato. Legata al piano di sopra, la ragazza riuscì a chiamare i soccorsi.

L'unica foto disponibile dei due genitori di Jennifer insieme.
I genitori di Jennifer Pan.

Le indagini

In un primo momento, le indagini degli inquirenti si concentrarono sulla pista della rapina finita male, anche se una serie di oggetti di valore rimasti in bella vista nell’abitazione fece presto abbandonare questa strada. L’attenzione si spostò su Jennifer. Gli inquirenti scoprirono che la ragazza tempo prima aveva intrattenuto una relazione con un piccolo spacciatore locale, Daniel Wong. I coniugi Pan misero la figlia Jennifer davanti ad un aut-aut: o loro o il suo fidanzato. La ragazza scelse la famiglia, ma continuò a frequentare Daniel di nascosto. Scoperta dai genitori, Jennifer fu seguita a vista dai due, che non la lasciavano mai sola. Nel corso di un interrogatorio, Daniel dichiarò che sia lui che Jennifer erano stati vittime di chiamate anonime e messaggi minatori. La ragazza accusò apertamente la nuova fidanzata di Daniel di essere l’autrice dei messaggi e delle chiamate minatorie a lei e al suo ex fidanzato.

Jennifer Pan e Daniel Wong insieme al funerale dei genitori della ragazza.
Jennifer Pan con al suo fianco Daniel Wong.

La svolta

La svolta si ebbe quando gli inquirenti scoprirono che Jennifer aveva finto di frequentare l’università. La ragazza ammise di aver mentito per anni ai genitori, strangolata dalle pressioni che i due esercitavano su di lei fin da piccola. Emerse un quadro familiare inquietante, in cui i genitori esercitavano un controllo morboso su Jennifer. Per la prima volta, emerse un possibile movente. A non tornare erano poi due dettagli: come aveva fatto Jennifer, legata con le mani ad un corrimano, a chiamare i soccorsi? E per quale ragione i killer avevano lasciato in vita una testimone? La vera svolta, però, si ebbe quando il padre si svegliò dal coma. L’uomo raccontò di aver visto la figlia intrattenere una conversazione amichevole con i killer, mentre questi puntavano le armi su di lui e la moglie. Il padre, con un filo di voce, sussurrò agli inquirenti: cercate di scoprire “what Jennifer did“.

La confessione di Jennifer Pan

Imbeccati dalle parole del padre, gli inquirenti decisero di mettere alle strette la figlia. Per farlo, chiesero a Jennifer, durante un interrogatorio, di mimare la maniera in cui era riuscita a chiamare i soccorsi, nonostante fosse legata. La ragazza si mostrò particolarmente nervosa e fornì alla polizia una versione non del tutto convincente. A questo punto, il detective Goetz disse a Jennifer che avrebbero potuto rintracciare ogni suo spostamento in casa di quella notte attraverso la geolocalizzazione satellitare. Jennifer allora confessò di aver pagato un certo Homeboy non per uccidere i suoi genitori, ma sé stessa, ormai esasperata dalla situazione familiare. Questa versione dei fatti verrà sempre mantenuta dalla Pan, nonostante gli inquirenti abbiano trovato diversi messaggi tra la ragazza, Wong e i killer, che ne metterebbe a prova la veridicità. La ragazza, risultata colpevole al termine di un processo, sta attualmente scontando in carcere la sua pena.

Jennifer Pan durante l'interrogatorio.
Jennifer Pan.

Format docu Netflix

Il documentario della Popplewell si inserisce in una più ampia tendenza che sta riguardando i documentari prodotti e distribuiti da Netflix. La struttura di What Jennifer did: il caso Jennifer Pan, infatti, ricalca quella di altri documentari del colosso californiano delle OTT. Ad alcune interviste a persone coinvolte nella vicenda, in questo caso principalmente appartenenti alle forze dell’ordine coinvolte nelle indagini, si alternano i filmati d’archivio, presi sia dai telegiornali dell’epoca, sia, soprattutto, dai filmati degli interrogatori a Jennifer e a Daniel Wong. Questa struttura ricorda da vicino quella del documentario Netflix All American Nightmare. L’alternanza tra l’intervista e il materiale d’archivio, intervallata da alcune riprese cinematograficamente ammiccanti, è ormai la cifra stilistica dei documentari Netflix, che stanno contribuendo al rilancio del genere.

Criticità

Questa nuova primavera del documentario rappresenta un aspetto positivo per un “genere” cinematografico da sempre considerato minore rispetto al cinema di fiction. Tuttavia, si notano anche alcune criticità. Emerge, infatti, una tendenza omologatrice, tanto nei contenuti, quanto nella forma. Da un’analisi sui diversi documentari che circolano, ad esempio, su Netflix si nota come la grande maggioranza racconti storie che appartengono a due macrotemi: il true crime, come nel caso di What Jennifer did, e le storie di successo personale. Se nel primo caso i documentari intercettano un bisogno del pubblico già da anni evidente, nel secondo, questa tipologia di prodotto audiovisivo, si lega all’attuale tendenza, particolarmente forte nei podcast online, di celebrare il successo di una personalità importante. Questi aspetti, uniti, come detto in precedenza, ad una forma ormai standardizzata, sul lungo periodo, potrebbero portare, come rovescio della medaglia, ad una scarsa varietà interna al “genere”.

What Jennifer did: il caso Jennifer Pan in questa tendenza

Il grande merito del documentario What Jennifer did: il caso Jennifer Pan è sicuramente quello di togliere la polvere da un caso di cronaca dimenticato o, quantomeno in Europa, marginalmente raccontato. Dal punto di vista formale, tuttavia, come precedentemente accennato, questo documentario non riesce a sperimentare linguaggi visivi alternativi, rispetto ad una mera alternanza tra intervista e materiale d’archivio. What Jennifer did si inserisce così nel più ampio filone di documentari true crime di Netflix, anche se l’alone di mistero iniziale, almeno per chi non conosce a priori la reale vicenda di Jennifer Pan, si dipana sin dal titolo iniziale.

Prospettive

Il futuro del documentario passa dunque anche dalle piattaforme digitali. Se esse hanno avuto il merito di rilanciarlo e di farne uno dei prodotti di punta, adesso non devono avere paura di osare. La sperimentazione, le “sporcature“, le irriverenze sono da sempre la cifra stilistica dei documentari, nonché il simbolo della libertà artistica che portano con sé. Se le piattaforme, ma anche i broadcaster generalisti e le tv private, sapranno cogliere la vera natura di questi prodotti, senza formattizzarli, irregimentandoli entro predefinite strutture narrative, allora i documentari avranno vita fertile. Altrimenti, il documentario potrebbe finire per essere una sorta di bolla, una moda passeggera che, al primo cambio di vento, stancherà il pubblico.