Attenzione: l’articolo contiene spoiler sulle prime tre stagioni di Non ho Mai…
La Generazione Z non ha voglia di fare niente. La Generazione Z non pensa al futuro. La Generazione Z non prova emozioni, è menefreghista. Dove andremo a finire, lasciando il mondo in mano alla Generazione Z? Vi sarà capitato spesso di imbattervi in commenti di questo tipo, snocciolati dietro una tastiera dal boomer di turno, sputati dalla signora in fila alle poste o anche, perché no, da vostra zia. Ma non solo: pareri di questo genere sono diffusi anche tra alcuni cosiddetti Millenial, la generazione più vicina alla Z. E se pensiamo al panorama delle serie tv, troviamo scenari che di certo non aiutano a cambiare granché idea: show in cui gli adolescenti non fanno altro che buttare via il loro futuro per partecipare alle feste più sontuose, spaccio di droga a go go, dialoghi superficiali e vuoti, pochissimo spessore. Ma quanto siamo vicini alla realtà? Senza tirare in ballo la Generazione Z stessa, che ovviamente si difenderebbe, basta sentire l’opinione di chi si trova a stretto contatto con essa, magari per lavoro. Il quadro che emerge è molto diverso. Tuttavia, tra serie tv infarcite di stereotipi o basate sul vizio di fare di tutta l’erba un fascio, ne spicca una che ha un modo di raccontare la Generazione Z attuale, diretto e, soprattutto, molto onesto: Non ho Mai…, la show Netflix appena giunto alla terza stagione.
Non ho Mai… è in grado di porre gli accenti giusti e di sottolineare caratteristiche, bisogni e gusti che davvero appartengono alla Generazione Z.
Ma come arriva a questo? Innanzitutto, è fondamentale la scelta dell’atmosfera che permea la serie: il taglio è prettamente ironico, ma impiegato con una grande intelligenza per affrontare tematiche e situazioni senza ridicolizzarle o renderle superficiali. Agli occhi di gente più adulta, le questioni che gravitano nel mondo degli adolescenti possono sembrare di poco conto e talvolta guardando al proprio passato personale si sorride con tenerezza all’idea di quanto piccoli problemi paressero montagne insormontabili, ma per chi è dentro fino ai gomiti nell’età dell’adolescenza niente è una passeggiata. Non ho mai… riesce a riflettere questo dualismo di grave-leggero che accompagna difficoltà e traguardi dei protagonisti, facendo osservare tutto al pubblico con la spinta al sorriso ma al contempo comunicando che non c’è nulla da prendere sottogamba.
In questa cornice, si muovono dei personaggi ben scritti che sembrano davvero studenti che potremmo incontrare nei corridoi di qualsiasi scuola. Sono personaggi che non vivono di eccessi come invece capita in altri show dedicati all’adolescenza, tipo Élite, che probabilmente ha un altro scopo – intrattenere e regalare momenti di suspense e mistero. Sono personaggi che vivono situazioni verosimili e le affrontano con reazioni e soluzioni altrettanto verosimili. Devi è un personaggio molto credibile, che si fa carico di rappresentare ogni adolescente che si sente un po’ sfigato, ma senza cadere nello stereotipo della Cenerentola che dai bassifondi diventa la star della scuola: il suo percorso è sempre graduale e altalenante, a volte la ragazza sbaglia ma non perde mai sé stessa. La sua vita non viene stravolta da uno schiocco di dita, Devi è sempre in cammino per raggiungere la sua meta.
Devi, accanto a Ben, è inoltre un personaggio a cui piace studiare e che si preoccupa del proprio futuro. Una delle critiche spesso mosse alla Generazione Z è quella di essere dei menefreghisti sia da un punto di vista emozionale, sia da un punto di vista didattico e rivolto al futuro. Ora, non è che in ogni scuola o in ogni classe troviamo dei Ben o delle Devi che battagliano tra loro a suon di voti perfetti, consegne che spaccano il secondo e la voglia di aggiungere dieci corsi extra al programma. Ci sono tantissimi Trent che lasciano fare agli altri la propria parte di lavoro in gruppo e che non sanno nemmeno cosa mangeranno la sera, figuriamoci cosa vogliono fare in futuro. Ma ci sono anche Ben e Devi, magari non così fissati, ma che ci tengono davvero.
La Generazione Z non è divisa in gruppi dai confini netti e invalicabili.
Un altro aspetto che spesso emerge in serie tv dedicate agli adolescenti è la divisione in fazioni, una divisione molto netta che vede passare da un gruppo all’altro solo gente che fa drastici cambiamenti e sembra quasi che tradisca il proprio gruppo d’appartenenza: la ragazza sfigata che all’improvviso scopre di essere la principessa Sissi allora non saluta più le sue vecchie amiche perché la imbarazzano e comincia a sedersi al tavolo delle cheerleader, cose così. Certo, i gruppi ci sono e ci sono sempre stati e anche in Non ho Mai… è facile riconoscerli, o almeno nella prima stagione. Devi, Eleanor e Fabiola non hanno nulla a che fare con gente come Paxton. Ma andando avanti con la serie, i confini si fanno meno netti e nessun personaggio resta intrappolato nel proprio stereotipo, l’esempio più lampante è quello di Paxton.
All’inizio di Non ho Mai… Paxton Hall Yoshida rappresenta il tipico bello e impossibile di cui la protagonista è innamorata da secoli. Superficiale, pensa solo a sé stesso e a divertirsi, senza dare troppa retta al futuro. Ma Paxton non è solo questo, perché nessuno è solo il proprio stereotipo. Scopriamo, ad esempio, che ha una sorella disabile a cui vuole un sacco di bene anche se un po’ se ne vergogna e non ne ha mai parlato a nessuno. Scopriamo che uno come Paxton può iniziare a provare dei sentimenti per Devi, ma non in modo improvviso e senza senso come capita spesso in show di questo tipo. E, soprattutto, vediamo Paxton iniziare a preoccuparsi del suo futuro, capire, cambiare, evolversi e rendersi conto dei propri limiti. Allora Paxton cambia rotta, comincia a studiare e darsi da fare per mettere in piedi qualcosa, per avere un progetto.
Ci sono tanti Paxton nella Generazione Z, che però spesso non hanno la fortuna di avere davanti gente disposta a credere nel loro cambiamento. Loro provano a prendere un’altra strada, ma le persone sul loro cammino li trattano come se stessero ancora camminando sul vecchio percorso. Paxton diventa importante agli occhi della Generazione Z che guarda Non ho Mai… perché dà speranza, mostra che è possibile scegliere un’altra via, anche se non sempre è facile percorrerla.
Non ho Mai… oltre a raccontare la Generazione Z, si rivolge a essa portando sullo schermo temi attuali di cui c’è grande bisogno di parlare.
Spesso nelle serie tv sull’adolescenza emerge sì la questione della prima volta, della ragazza che pensa di valere meno degli altri perché non ha ancora perso la verginità mentre il resto del mondo sì, poi però nel momento in cui conquista a caso all’improvviso il bello di turno, arriva subito anche la prima volta e fine. Non ho Mai… ha avuto il coraggio, ma la grande autenticità, di portare avanti la questione per tre stagioni – quattro? Non sappiamo alla fine esattamente se Devi e Ben hanno un rapporto, vediamo la porta della stanza di Ben chiudersi ma la prossima stagione potrebbe aprirsi tranquillamente con Devi che dice “Ehi, un momento”. In ogni caso, la questione è stata trattata con grande delicatezza mettendo in luce tutte le preoccupazioni di Devi e dando dignità alla sua scelta di aspettare il momento giusto, ma senza scadere nel bigottismo: altri personaggi hanno avuto rapporti molto prima e continuano ad averli. Perciò cosa fa Non ho Mai…? Mostra tutto il ventaglio di casistiche, dando allo spettatore della Generazione Z la possibilità di riflettersi in quello che crede.
La grande sensibilità di questa serie nello stare al passo con le questioni che la Generazione Z (ma non solo, in realtà) si trova ad affrontare risulta ad esempio in un episodio della terza stagione dedicato al fenomeno del ghosting, ovvero quando una persona con cui ci si frequenta o ci si sente scompare all’improvviso smettendo di rispondere ai messaggi, creando un senso di disagio nell’altro. Questo si incastona in un ventaglio di tematiche più ampio che include argomenti rilevanti come il lutto, la solitudine, la disabilità, la sessualità.
La speranza è che la quarta e ultima stagione mantenga questa linea e si dimostri sul pezzo nel raccontare gli adolescenti, dando comunque la possibilità a chiunque di riflettersi nei personaggi e nelle situazioni, perché è vero che la Generazione Z è il focus principale dello show, ma le tematiche e i messaggi sono universali.