Un tennista di fama mondiale, un attore comico e una supermodella descrivono la vita di tre adolescenti. Potrebbe sembrare l’incipit di una strana barzelletta, ma in realtà è il fulcro di Never I Have Ever, in italiano Non ho Mai…, dramedy di Netflix arrivata ora alla seconda stagione che sta riscuotendo un discreto successo nel pubblico degli appassionati.
“I teen drama sono tutti uguali.” Una convinzione portata avanti da molti, anche tra i serializzati più accaniti e, in fin dei conti, non del tutto errata. Se ci pensiamo bene, i problemi che affliggono gli adolescenti sono sempre gli stessi: amori non corrisposti, amicizie in bilico, litigi familiari e la paura di non essere accettati. Sono storie di ragazzini che non fanno altro che compiere scelte sbagliate, che cambiano idea e che esasperano tutto il loro dolore pensando di essere gli unici sulla faccia della Terra a provare emozioni tanto complesse e contrastanti. Ma a rendere tra loro diversi tanti prodotti seriali che sulla carta rischierebbero di sembrare una copia carbone gli uni degli altri non è il “cosa” ma il “come“. E Non ho Mai… presenta davvero alcuni elementi che la distinguono dalle altre serie teen.
A fare la differenza e a rappresentare il vero punto di forza dello show sono infatti le geniali voci narranti che accompagnano le vicende dei suoi protagonisti, cantastorie del tutto inaspettati che non solo impreziosiscono la visione, ma che diventano parte fondante e integrante della percezione che abbiamo dell’intreccio.
La tecnica del narratore onnisciente non è di certo nuova nel panorama seriale: sono infatti davvero molte le serie tv che hanno impiegato e tuttora impiegano questa tecnica narrativa. Chi si scorda delle frecciatine e i commenti acidi della tanto famosa Gossip Girl o le lunghe digressioni di Ted Mosby? Espedienti narrativi volti a coinvolgere maggiormente il pubblico e in grado di fare da raccordo tra i nuclei essenziali della trama. Ma se in questi casi a raccontare le vicende erano personaggi che, per forza di cose, avevano un ruolo attivo all’interno delle serie tv, esistono anche narratori esterni, capaci di darci una visione della storia da un punto di vista privilegiato e senza intervenire attivamente (salvo rari casi) all’interno della narrazione e in grado di fornirci inediti spunti di interpretazione e magari qualche risata, così come avviene in Jane The Virgin e in Arrested Development (del quale trovate un approfondimento qui).
Ma veniamo a noi e proviamo a immergerci nell’argomento cardine dell’articolo: le voci narranti di Non ho mai…
Non ho Mai… tratta delle vicende personali di Devi, adolescente di famiglia indiana che vorrebbe allontanarsi dalla tradizione sognando di essere una popolare tipica ragazza americana, tra problemi e drammi. “Una storia come tante“, potevamo pensare prima di vederne gli esordi, ma non potevamo sbagliarci di più, perché a raccontarci le turbe adolescenziali di questa quindicenne è una voce che non ci saremmo mai aspettati di udire in un contesto del genere: quella di John McEnroe, famosissimo tennista noto a livello mondiale non solo per il proprio talento, ma anche per gli eccessi di ira e i problemi a contenere la rabbia, dentro e fuori dal campo di gioco. È proprio lui a catapultarci nel mondo di Devi, presentandoci la situazione iniziale in tutto e per tutto, dimostrandoci di conoscere non solo gli episodi, ma anche i pensieri, i sogni e le speranze della giovane e irruenta protagonista.
Tramite una voce rude e fortemente sarcastica impariamo presto a conoscere una ragazza ugualmente vittima dei propri forti eccessi emotivi, incapace di metabolizzare un pesante e terribile lutto e che finisce per concentrare tutta la propria attenzione verso quelli che sono i problemi tipici della sua età.
“Lei è Devi Vishwakumar, una quindicenne indo-americana di Sherman Oaks, Californa ed è il suo primo giorno del secondo anno e io sono il leggendario tennista John McEnroe. Forse vi starete chiedendo: perché John McEnroe sta narrando questa storia? Capirete poi, lo prometto.“
John McEnroe
E infatti lo scopriremo presto, perché a legare Devi al famoso tennista è un solido filo rosso, un legame per nulla scontato o incoerente, dato dalla grande passione del defunto padre della ragazza nei confronti di questo straordinario atleta. John McEnroe non solo lega Devi a un padre meraviglioso che manca quanto l’ossigeno, ma è anche la sua perfetta controparte.
Irascibile e determinato, ambizioso e con un caratteraccio non da poco, ma sufficientemente maturo e distaccato da esprimere la propria opinione in maniera schietta e senza peli sulla lingua. Sarcastico e divertente ma capace di rappresentare appieno il pensiero del pubblico, che pur parteggiando per la protagonista di Non ho Mai… finisce spesso per criticarne le scelte e i comportamenti infantili ed egoistici. John McEnroe, con la sua voce importante, ripaga il pubblico permettendogli di empatizzare con un’adolescente che in molti contesti, a causa dei propri traumi e delle proprie fragilità, fa di tutto pur di non farsi amare.
Avremmo potuto benissimo pensare che la voce di John sarebbe potuta scemare perdendo d’importanza col passare del tempo, ma questo non è minimamente avvenuto. In realtà il suo intervento è addirittura arrivato a intensificarsi col procedere della narrazione fino a farsi fisicamente carne sul finale della prima stagione e ritornare in pompa magna nella seconda.
Quello che la sua inconfondibile voce ci trasmette è davvero indescrivibile: il contrasto dato da un vero e proprio VIP, un atleta di livello mondiale, che paragona le avventure di una ragazzina in preda alle tempeste ormonali alle proprie vittorie e sconfitte crea allo stesso tempo un senso di completo straniamento e di grande umorismo. Assistere poi al sincero e genuino entusiasmo che la voce di un uomo adulto prova per i successi personali e amorosi di una quindicenne è davvero esilarante: contrasti ben pensati capaci di coinvolgere ancora di più lo spettatore nella narrazione.
Ma non è finita qui, perché nonostante la netta prevalenza di McEnroe, perfetto corrispettivo della protagonista, le sorprese non finiscono.
L’idea di inserire puntate speciali, dedicate interamente ad altri personaggi della vita di Devi, è stata semplicemente geniale. Oltre a fornire un deciso stacco da quello che è il focus principale così da permettere alla storia di respirare, queste pause permettono un immediato e studiato approfondimento sugli altri protagonisti della storia. Così impariamo ad approcciarci a personaggi che fino a quel momento avevamo potuto conoscere solo superficialmente e tramite l’inevitabile filtro dato dai pensieri e dalle riflessioni di Devi. Individui che in realtà nascondono ben più di quanto diano a vedere a una prima occhiata.
Nella 1×06 per esempio riusciamo finalmente a scoprire qualcosa di più su Ben Gross, presentato fino a quel momento come il frenemy (amico-nemico) per eccellenza della nostra protagonista, e a fare gli onori di casa è nientepopodimeno che il nostro Andy Samberg, conosciuto ai più per essere stato il divertente Jake Peralta di Brooklyn Nine-Nine.
“Lui è Ben Gross, un quindicenne di Sherman Oaks, California. E io sono l’attore, produttore, autore e finto rapper americano Andy Samberg. Forse vi state chiedendo: perché Andy Samberg racconta la storia di questo ragazzo? Devo fare un favore a suo padre, il mio avvocato.“
Andy Samberg
E così Samberg attacca, raccontandoci la vita di un ragazzo che apparentemente sembra avere tutto, ma che in fin dei conti può contare solo sulla propria solitudine. Un approfondimento che di certo non manca di ironia ma che evidenzia un costante sentimento di inadeguatezza e di senso di abbandono. Sapere poi che a interessarsi di Ben non è altri che un nostro beniamino non può fare altro che spingerci a immedesimarci ulteriormente in questo complesso e sfaccettato ragazzo.
Ma non è finita qui, perché nella 2×03, Non ho Mai… ci sorprende ancora con l’introduzione di un’ulteriore voce narrante, questa volta pronta a raccontarci tutti i dietro le quinte dell’apparentemente favolosa vita di Paxton, atleta bello e popolare con cui tutti desiderano stare. E chi poteva meglio rappresentare il concetto secondo cui anche i belli e i popolari possono avere grandi problemi esistenziali se non la supermodella e attivista Gigi Hadid?
“Forse vi chiederete: perché la vecchia Gigi, che ha un’agenda parecchio fitta, racconta la storia di un sedicenne? Beh, perché mi rivedo in questo ragazzino. Tutti ci sottovalutano sempre, perchè ci vedono solo come dei sex symbol. Se vede che hai un viso perfettamente simmetrico, la gente pensa che tu non abbia altro da offrire al mondo.”
Gigi Hadid
E Paxton, in poco meno di 30 minuti, ci rivela tutto: la paura di non essere all’altezza delle aspettative, la delusione nel capire che i suoi cari non credono in lui, le ansie e le paure tipiche dei ragazzi della sua età tenute distanti per lungo tempo. Un’umanità che fa finalmente capolino e che permette anche ai più critici nei suoi confronti di immedesimarsi in lui, di coglierne le complesse sfumature e di rivalutarlo come persona, coi suoi pregi e i suoi difetti.
Voci che parlano, certo, ma che soprattutto riescono a coinvolgere il pubblico, fornendoci un punto di vista privilegiato sulle vicende e sulle motivazioni che muovono i protagonisti senza tuttavia che le loro personalità siano inglobate da quelle dei loro protetti. Angeli custodi che osservano da lontano e si inorgogliscono per la maturazione e per i successi di ragazzi in cui si rivedono. Voci capaci di far riflettere, emozionare ed emozionarsi creando un particolare esperimento metanarrativo in grado di intrattenere e di divertire: il vero punto di forza di Non ho Mai…