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Non Ho Mai… è la solita teen dramedy, scritta nel modo più insolito possibile

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Attenzione: L’articolo può contenere spoiler su Non Ho Mai…

Ma quante serie tv teen esistono? E quante ne abbiamo viste? Nel grande novero di titoli adolescenziali, di maggiore e minor successo realizzati nel corso delle decadi, sussiste un’ampia varietà di storie. Sin dagli albori della produzione seriale, i racconti teen sono tra i generi di maggior popolarità, ne esistono di tutti i tipi, ma sempre e comunque in grado di coinvolgere audience appartenenti a differenti generazioni: l’adolescenza è un’età che chiunque si è trovato a vivere; e riconoscersi in narrazioni dedicate a un periodo talmente comune è piuttosto semplice. Appassionarsi a storie che raccontano gli anni più turbolenti della formazione di ciascuno è solitamente più immediato rispetto ad altre tipologie di racconti. Ciò nonostante, proprio la strabordante offerta di contenuti seriali oggi presente, con produzioni nuove e rinnovate progressivamente rilasciate, ostacola la creatività e l’affermazione di alcune teen dramedy, finendo spesso in una spirale di continua ridondanza. A ogni modo, una storia apparentemente semplice come quella di Non Ho Mai… è stata capace di ricordarci quanto il genere non sia ancora esaurito. Lo stile audace e irriverente della serie tv originale Netflix ci ha colti di sorpresa, rilanciando gli show teen che da un certo tempo non sembravano più in grado di rinnovarsi. E, infondo, Non Ho Mai… non ha sicuramente rivoluzionato il genere. Ma è stata capace di inserire elementi di attrattiva e ritmo, che hanno permesso alla sua convenzionale storia di riprodursi in modo originale, fuori dagli ordinari schemi.

Non Ho Mai… può sembrare la solita storia adolescenziale condita d’umorismo ed eccentrici drammi scolastici, ma si differenzia dal resto per una scrittura narrativa insolita e tutta da scoprire.

La serie tv creata da Mindy Kaling e Lang Fisher narra le vicende della controversa Devi Vishwakumar (Maitreyi Ramakrishnan), una quindicenne statunitense di origini indiane imprevedibile e tutt’altro che semplice da gestire. Dopo un primo anno terribile, da cancellare, la protagonista è pronta a iniziare il secondo anno di scuola superiore alla Sherman Oaks High School. Ambiziosa, individualista e arrivista, Devi è tutto fuorché la povera, canonica, protagonista da teen series. E’ determinata a implementare il proprio status, trovando un fidanzato da far invidia a chiunque e divenendo finalmente popolare. Con l’impellente obiettivo di migliorare la propria vita, già eccellente dal punto di vista dei risultati accademici, Devi affronta la frenesia scolastica di cui è essa stessa alimentatrice. Formata dai più grandi stereotipi sociali dei prodotti televisivi statunitensi, la giovane indoamericana cerca di scavalcare e scardinare le gerarchie e ottenere tutto ciò che desidera, in una realtà in cui regnano sovrane le più note dinamiche dei racconti adolescenziali. Tra feste in casa, piccanti gossip, scherzi finiti male e adolescenti che sembrano trentenni, Devi mostra il meglio e il peggio di sè: una ragazzina figlia del suo tempo e delle due culture che convivono in lei. Un personaggio ostile, cinico, impulsivo, e proprio per questo divisivo, che si districa tra amicizie, litigi e amori non corrisposti.

Ciò nonostante, è proprio per questo che non possiamo fare a meno di seguire le sconsiderate decisioni di Devi, sempre pronta a prendere la decisione più folle e/o sbagliata. Per trarne, ovviamente, un insegnamento formativo e un’occasione di crescita personale.

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Non Ho Mai… (640×361)

Devi sbaglia, ma spesso (nonostante ci voglia parecchio tempo) se ne rende conto. E finiamo, come per ogni teen drama convenzionale, a fare il tifo per l’insopportabile protagonista. Ad arricchire la storia di Non Ho Mai…, sono i compagni di Devi, anch’essi normali abitanti degli show del genere. Ci sono le due fidate e diversissime migliori amiche di sempre, Eleanor e Fabiola; l’acerrima nemesi accademica, Ben Gross; la cotta impossibile per il bel Paxton Hall-Yoshida. C’è il sogno d’infanzia di conquistare un posto alla prestigiosa Princeton University. E c’è una famiglia convenzionalmente fuori dai canoni: Devi vive con la rigida e poco permissiva mamma indiana Nalini, con la devota cugina Kamala e con la tradizionalista nonna paterna Nirmala. E così, pur reggendo su basi convenzionali, apparentemente appartenenti allo stereotipo più comune delle vicende delle dramedy adolescenziali, la storia di Devi propone molto di più. Col pretesto di due mondi che collidono, la realtà della protagonista assume pieghe inattese, vivendo il conflitto e il tentativo di conciliare la vita da normale quindicenne nordamericana e il legame con le proprie origini indiane.

Ai drammi scolastici di una imprevedibile adolescente ribelle, si somma poi l’ingombrante assenza di un padre. O, per meglio dire, il lutto grande come una voragine con non da pace alla giovane Devi. Il rapporto con Mohan è un filo rosso nel corso di Non Ho Mai…, ricordando costantemente il vuoto lasciato dalla sua improvvisa e prematura scomparsa. Dunque, il trauma psicologico indelebile accompagna costantemente Devi nel suo percorso formativo e di scoperta, dando linfa inedita al racconto. Durante le sedute dalla terapista Jamie Ryan, la quindicenne prende una pausa dal caos quotidiano che si crea attorno: razionalizza le sue scorribande, cercando di dare ordini a emozioni e pensieri. Un confessionale in cui è lei a parlare, e non l’irriverente voce narrante che ne scandisce solitamente le gesta.

Infatti, se c’è un elemento, su tutti, che rende insolitamente accattivante Non Ho Mai… è proprio l’impiego dei narratori esterni.

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Non Ho Mai… (640×382)

Oltre ai drammi sociali e agli importanti aiuti offerti dalle sedute, Non Ho Mai… narra le avventure/disavventure di Devi Vishwakumar attraverso un’interessante scelta stilistica e tecnica, quella più cruciale per l’energia stessa della storia. Sin dal primo episodio, la serie tv statunitense vede la presenza di un narratore esterno che descrive la quotidianità della protagonista. E, per l’occasione, questo ruolo è affidato a una delle voci più imprevedibili ma azzeccate: quella del tennista americano di fama mondiale John McEnroe, nonché idolo proprio del papà di Devi. Non Ho Mai… non è uguale agli altri teen drama: l’esasperazione della quindicenne assume la forma vocale di un uomo d’oltre sessant’anni, d’uno sportivo che apparentemente non c’entra proprio nulla col mondo esagerato della serie tv. E invece, il dolore, l’impeto e le indomabili emozioni di Devi sono così simili a un tennista ricordato spesso per il suo carattere difficile. Così, in modo sottile e spassoso, le peripezie scolastiche e familiari di una difficile ragazzina indoamericana sono scandite dal vocione inconfondibile e vissuto di un uomo spesso mangiato vivo proprio dalla sua ingombrante personalità, irascibile e determinato, in grado persino d’oltrepassare il suo innegabile talento. Ed ecco che, John McEnroe diventa un personaggio attivo a tutti gli effetti in Non Ho Mai…, un narratore onisciente che si appassiona paradossalmente alle vicende scolastiche di Sherman Oaks, finendo per raccontare in modo tanto distaccato quanto schietto il suo punto di vista. Con derive sarcastiche e critiche, McEnroe assume i panni del porta voce del pubblico e della sua prospettiva, permettendo di empatizzare con una Devi tanto difficile quanto frastagliata di problemi e fragilità.

Pur poggiandosi su stereotipi classici del genere teen, grazie alla tecnica narrativa impiegata, Non Ho Mai… propone un punto di vista nuovo, eccentrico e identitario per l’energia della serie tv. A cui si sommano altri interventi di narratori oniscienti, per alcuni episodi speciali: Gigi Hadid per descrivere la quotidianità del bel Paxton e Andy Samberg per l’insicuro Ben.

Col punto di vista privilegiato dei narratori, veicolato attraverso la voce fuoricampo che anima i protagonisti, Non Ho Mai… trova la propria forma nel grande alveare dei prodotti teen. Nonostante la storia sia effettivamente l’eco di molti altri racconti che l’hanno preceduta e, persino, seguita, la serie tv di Mindy Kaling punta tutto sull’originalità del metodo con cui riportare le vicende. Attribuendo ritmo, sarcasmo ed empatia alle (dis)avventure di Devi, lo show Netflix riesce a elevarsi dal resto. Pur non rivoluzionando il panorama, è in grado di conquistare e appassionare, grazie a uno stile narrativo tutto suo, fatto di folli drammi, personaggi eccentrici e narratori inusuali, per una teen dramedy da non perdere e che ha saputo ridefinire le carte del gioco.

Never Have I Ever: la serie adolescenziale che guardo da adulta