Oh, era ora: Netflix ha finalmente tirato fuori una serie tv comedy degna di questo nome. Segnatevi il titolo, allora: A Man on the Inside.
Conosciamo tutti le difficoltà di Netflix con le sit-com o con le serie tv comedy. Se da un lato sono numerosi i titoli che hanno avuto un successo buono se non ottimo o straordinario (Grace and Frankie e Il Metodo Kominsky, giusto per citarne due), dall’altra sono altrettanto copiosi i fallimenti degli ultimi anni. I primi che vengono in mente in tal senso sono Space Force e Blockbuster, ma la lista è purtroppo lunga. Netflix, ma non solo Netflix: la crisi è sistemica. Merita una certa enfasi, allora, l’approdo di nuove comedy che abbiano la forza e la personalità per risollevare un genere imprescindibile. In questo caso, il titolo è A Man on the Inside.
Ideata da Mike Schur, già creatore di serie tv del calibro di Parks and Recreation, The Good Place e Brooklyn Nine-Nine (nonché autore di lungo corso di The Office), A Man on the Inside vanta come star un nome che ha un peso gigantesco nel mondo delle serie tv: Ted Danson.
Risultato? Un debutto notevole.
Disponibile da alcuni giorni su Netflix, A Man on the Inside ha al momento uno score pressoché perfetto su Rotten Tomatoes: un tasso d’approvazione del 95% della critica, addirittura del 98 da parte del pubblico. Buono anche il risultato parziale su IMDb, dove ha al momento un punteggio di 7.8 su 10. Mentre vi scriviamo, A Man on the Inside è la quarta serie tv più vista in Italia su Netflix.
Ma di cosa parla? Ted Danson interpreta un docente universitario in pensione che, spinto dalla noia e dalla ricerca di nuove motivazioni dopo la morte dell’amata moglie, si improvvisa come spia all’interno di una casa di riposo.
Vogliamo essere fiduciosi: A Man on the Inside è ben fatta, diverte e ha gran cuore. I numeri sono rassicuranti e sembrano aprire le porte a un possibile rinnovo per la seconda stagione. E la buona notizia è per tutti: abbiamo un gran bisogno di comedy scritte con intelligenza, anche nel 2024. Comedy vere, al di là delle soluzioni ibride. E dei malumori di chi sostiene che “non si possa più dire niente”. Quando una serie è scritta in un certo modo, tutto è ancora possibile.