La recente miniserie della HBO, Chernobyl, è l’ennesimo successo della HBO (che prova a risanare le ferite provocate da Game of Thrones). Come ogni fenomeno sociale, anche questo progetto ha ricevuto critiche, elogi ma soprattutto ha scatenato una conversazione a livello globale. Come da titolo, la serie parla del drammatico disastro nucleare del 1986. In pochi giorni dalla messa in onda e con solo cinque episodi, Chernobyl è balzata in cima alle classifiche di IMDb con un punteggio medio di 9.7 su 10.
Nonostante la brillante accoglienza internazionale, c’è un posto in cui la serie non ha ricevuto il successo sperato: la Russia, in particolare al Cremlino. Come hanno riferito varie fonti, anche la Russia ha in post-produzione una serie su Chernobyl. Da questa prospettiva, però, sono gli Stati Uniti gli artefici di tale disastro.
La serie russa è stata commissionata da NTV, una rete di proprietà della Gazprom-Media. Secondo quanto riferito, il ministero del governo ha speso circa 30 milioni di rubli (oltre 460.000 dollari) per la produzione, e la trama sarebbe totalmente diversa dalla storia consolidata. Questo perché, secondo alcuni media russi, la storia della serie tv della HBO pone in cattiva luce la Russia. Chernobyl delineerebbe una realtà diversa da quella realmente accaduta.
Il 26 aprile 1986, un reattore nucleare esplose nello stabilimento di Chernobyl al di fuori della città ucraina di Pripyat, allora parte dell’Unione Sovietica. Le radiazioni si riversarono nell’atmosfera, costringendo 115.000 residenti a essere trasferiti dal governo nel 1986. Altri 220.000 residenti vennero trasferiti negli anni successivi. Il governo sovietico alla fine mise in quarantena un’area che si estendeva per 18 miglia.
Dal punto di vista russo gli americani avrebbero inviato un agente dell’agenzia investigativa CIA con il compito di sabotare dall’interno la centrale. Sempre secondo la loro versione della storia lo stesso agente sarebbe stato presente il giorno dell’esplosione.