George R.R. Martin, storico autore della saga da cui è stata tratta Game of Thrones, ha affrontato un tema importante della sua narrativa: il cibo. E nel farlo, ha dato una lezione indiretta ai due showrunner della serie.
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Martin, intervenuto per parlare del nuovo libro The Official Game of Thrones Cookbook, ha messo in evidenza un tema cardine della sua narrativa: il cibo. Sono numerose, infatti, le sequenze in cui i banchetti sono al centro dell’attenzione: sequenze “inutili” secondo i più distratti, fondamentali invece per dare un respiro diverso al racconto, ampliando prospettive ed esperienze dei personaggi e dei lettori.
Niente di più importante, per lui. E seppure non li menzioni mai, emerge una chiara divergenza con l’approccio utilizzato da Benioff e Weiss nelle ultime stagioni di Game of Thrones, in cui la trama aveva corso all’impazzata col solo fine di arrivare a una conclusione nel modo più rapido possibile.
Noi ne avevamo parlato alcune settimane fa in un articolo che aveva fatto discutere parecchio la nostra community, e ora arrivano le parole di Martin ad avvalorare la tesi. Si parla di cibo, ma quando si parla di Martin e di Game of Thrones non si parla mai solo di cibo.
L’autore è diretto:“Quando viene usato nel contesto della critica letteraria, il termine “gratuito” si traduce in “più di quanto volessi” o in qualcosa che riguarda il fatto che la trama non sia andata avanti. E, sapete, spesso è vero. In quella scena di sesso, non potevo semplicemente farli addormentare e tagliare al mattino dopo? E i banchetti, oh, quei banchetti: sicuramente l’unica cosa che contava era quello che i personaggi dicevano, non l’anatra al miele che mangiavano mentre lo dicevano? Beh, no. Non per me. Per me non è importante la destinazione, ma il viaggio. Sono un lettore vorace da sempre. In particolare, sono un lettore di narrativa”.
Martin è chiarissimo, e a tal proposito torna in mente il riuscitissimo secondo episodio dell’ottava stagione di Game of Thrones: “La narrativa non serve per andare dal punto A al punto B il più velocemente possibile. Può educare, ma non è educativa nel profondo. Per questo, la saggistica è infinitamente superiore. La narrativa riguarda le emozioni. Il cuore, non la testa. La narrativa ci offre un’esperienza vicaria. Ci porta al di là di noi stessi e del mondo che ci circonda”.
Martin chiude così: “Quando si siedono alla mia tavola, voglio che assaggino il cibo”.
I cosiddetti “filler”, d’altronde, possono non essere dei meri riempitivi: sanno rappresentare, talvolta, la vera essenza della storia stessa. Anche se c’è chi ha esagerato nella storia delle serie tv, e a quel punto diventa un problema vero. Solo a quel punto, però.