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Il Problema dei 3 Corpi è nato (insospettabilmente) grazie alla Sampdoria: «Fu una partita di calcio a ispirarmi»

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Può una delle opere di fantascienza più ambiziose di sempre esser nata grazie a una partita di calcio? Può esser nata grazie… alla Sampdoria? Stando a quanto affermato da Liu Cixin, autore del romanzo dal quale è tratta la serie Il problema dei 3 corpi, sì.

Un racconto piuttosto bizzarro, all’apparenza. Illuminante, in realtà, a proposito dei meccanismi imprevedibili che generano la creatività e l’inventiva umana. In ogni caso, non è un pesce d’aprile in ritardo né una forzatura: è possibile affermare seriamente che Il problema dei 3 corpi, romanzo dal quale è tratta una delle serie di maggiore successo delle ultime settimane, sia nato grazie alla Sampdoria.

Ma perché? Cosa c’entra Liu Cixin con la squadra italiana?

Pochissimo, di base. Tanto che Cixin sostiene di non essere manco interessato granché al calcio. Tuttavia, si ritrovò a metà degli anni Novanta (nel 1994, per l’esattezza) ad assistere a un’improbabile amichevole a Pechino in cui si fronteggiarono la nazionale cinese e, per l’appunto, la Sampdoria. Ancora più improbabile il risultato, visto che i cinesi sconfissero una delle Sampdoria più forti di sempre, ma questa è una storia a parte.

In ogni caso, fu lì in quello stadio in cui si giocò quella strana partita che nacque Il problema dei 3 corpi.

Secondo quanto riportato in Italia dal portale Calciomercato.com, Cixin vedeva i giocatori tanto lontani da percepirli come singoli puntini. Di conseguenza, interpretava gli schemi in base ai movimenti dei “puntini”.

Da lì, l’intuizione: “Ho pensato: se nell’universo ci sono civiltà intelligenti, viste le distanze enormi, anche i loro pianeti sembreranno puntini di uno schema, ha raccontato lo stesso Cixin in una recente intervista rilasciata a Repubblica.

Non è la prima volta che Cixin ha parlato della particolarissima genesi de Il problema dei 3 corpi.

“Una partita di calcio mi ha ispirato. È stata la prima partita in un grande stadio a cui abbia mai assistito: una partita tra la nazionale cinese e l’italiana U.C. Sampdoria allo Stadio dei Lavoratori di Pechino”, aveva raccontato alcuni anni fa all’interno del blog di John Scalzi.

“All’epoca avevo appena iniziato il mio lavoro e tutto ciò che potevo permettermi era uno dei posti economici dell’ultima fila. Da quella distanza, i complicati movimenti tecnici eseguiti dai giocatori in campo venivano filtrati, lasciando dietro di sé solo una matrice mobile di 23 punti, uno dei quali era il pallone. Anche la stella più brillante della partita, Ruud Gullit, era solo un altro punto vagante ai miei occhi”.

E continua: “Mi sono pentito di non aver portato con me il binocolo, ma mi sono anche reso conto che l’eliminazione dei dettagli rivelava la chiara struttura matematica del gioco. ‘È proprio come per le stelle’, mi resi conto. Le distanze interstellari nascondevano e rendevano inaccessibili le complessità interne di ogni civiltà. Agli occhi di osservatori come noi, le civiltà extraterrestri appaiono solo come punti di luce”.

Per carità: la bellezza della Sampdoria di quegli anni sembrava uscire sul serio da un’opera di fantascienza. Ma così si esagera. E si finisce per tirar fuori uno dei romanzi più suggestivi dell’ultimo trentennio.