Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla quinta stagione de La Casa de Papel
Si sa: La Casa de Papel se ne frega del realismo. È un suo tratto distintivo e per molti versi è pure un suo punto di forza. Se ne frega, così come se ne frega di portare avanti una sceneggiatura pulita e blindata, inattaccabile dai procacciatori di errori. Ne abbiamo parlato un milione di volte e lo faremo sicuramente anche a dicembre, quando usciranno gli ultimi cinque episodi di una delle serie tv più seguite e controverse degli ultimi anni.
Non è necessariamente un problema, ma questo è un tema che meriterebbe un approfondimento a parte. Lo diventa, però, quando si esagera. Quando il confine si spinge oltre la distinzione tra quel che è realistico o no e sfora in quel che è credibile o meno rispetto a quanto abbiamo visto. Ovvero, quando il buco di trama genera un corto circuito plateale e in qualche modo irrisolvibile. Inspiegabile anche col più creativo dei voli di fantasia e la più ardita arrampicata sugli specchi. È, purtroppo, il caso della voce narrante de La Casa de Papel, Tokyo. Una voce narrante che, a questo punto, non ha avuto il minimo senso d’esistere almeno dall’inizio della terza parte. Forse almeno, e sottolineiamo forse.
Non è difficile spiegare il perché: La Casa de Papel – disponibile su Netflix – è di fatto strutturata come se fosse un lunghissimo flashback, intervallato qua e là da un racconto proveniente dal “futuro”, il vero “presente” della serie. Un futuro nel quale la rapina si è conclusa, e in cui si presume che chi parla sia ancora vivo. Si presume con una certa determinazione, perché l’unica alternativa sarebbe l’ingresso in scena di una voce proveniente dall’aldilà, ma crediamo francamente che sarebbe troppo anche per gli standard de La Casa de Papel.
Di conseguenza, non riusciamo a spiegarci a questo punto perché la voce narrante sia quella di Tokyo, morta al termine del quinto episodio della quinta parte: come può raccontarci gli eventi dal futuro se lei nel frattempo è passata a miglior vita? Le possibili motivazioni sono tre. Si potrebbe aver optato per la voce narrante di una defunta: è successo più volte nella storia delle serie tv e del cinema, non sarebbe certo un’opzione rivoluzionaria. Ma mancano dei presupposti credibili per adottarla a questo punto della storia e ogni soluzione per giustificarla in corsa, evitando così il buco di trama, sarebbe più che raffazzonata e pretestuosa. Oppure gli autori si divertono a prenderci per i fondelli e cavalcano sempre più impunemente lo squalo alla faccia nostra, sennò Tokyo è sopravvissuta. Non si sa come, ma più di un fan ha teorizzato la possibilità, facendo leva soprattutto su una frase pronunciata prima di saltare in aria: “Il giorno in cui ho ucciso Gandia avevo tutti contro“.
Andrà davvero così oppure la questione della voce narrante diventerà uno tra i più grandi buchi di trama di una serie già costellata d’errori più o meno voluti? Non abbiamo idea di cosa si inventerebbero per tenerla in vita dopo aver mostrato quello che hanno mostrato, e francamente non vogliamo crederci: sarebbe un’esagerazione persino per gli irriverenti autori de La Casa de Papel. Optiamo quindi per la seconda ipotesi, fino a prova contraria. Ma occhio: nel bene e nel male, all’interno di questa sceneggiatura vale davvero tutto.