La legge di Lidia Poët è la nuova scommessa italiana della piattaforma di streaming. Netflix sta investendo sempre più sulle serie tv italiane, dando numerose possibilità agli attori nostrani di farsi conoscere all’estero. In questa nuova produzione, che sta riscuotendo un grande successo, Matilda De Angelis veste i panni di un personaggio realmente esistito, Lidia Poët, la prima avvocata italiana della storia. Al suo fianco troviamo nel cast Eduardo Scarpetta, Pier Luigi Pasino, Dario Aita e Sara Lazzaro. Diretta dall’acclamato regista di Romulus, Matteo Rovere, La legge di Lidia Poët ha da subito attirato l’attenzione del pubblico italiano ed è schizzata in cima alla classifica dei prodotti più visti su Netflix. Tuttavia la popolarità ha portato con sè diverse polemiche che l’hanno più volte travolta. Marilena Jahier Togliatto, la pronipote dell’avvocata, ha accusato questa serie storica di essersi presa qualche licenza poetica di troppo.
Ora ad attaccare La legge di Lidia Poët ci ha pensato la scrittrice Cristina Ricci, che in un libro ha raccontato la vera storia della prima avvocata italiana.
Secondo la scrittrice il ritratto che la serie tv fa della giovane è molto distante da quello reale. La produzione Netflix vede come protagonista una donna, che nel diciannovesimo secolo, in un momento in cui la professione legale era riservata agli uomini, ha sfidato le leggi e le convenzioni per entrare nell’Ordine degli avvocati. Ma mostra anche una ragazza molto disinibita e moderna ed è proprio questo ritratto che ha fatto storcere il naso a Cristina Ricci. La scrittrice, che ha raccontato la vera storia della donna in un libro in uscita, Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell’emancipazione femminile, ha confermato che quanto viene raccontato dalla serie Netflix è tutto frutto d’invenzione:
“L’unica parte storica è la lettura della sentenza della Cassazione del 1884 che la radiò dall’albo perché con la sua bellezza avrebbe potuto distogliere il giudice dall’applicazione corretta della legge. Il resto è una fiction leggera, giusto per trascorrere qualche ora. Ho visto la serie tv: ne esce un’immagine distorta di Lidia. A parte la sentenza, tutto il resto è invenzione. Viene dipinta come una donna disinibita ma un articolo della stampa dell’epoca la descrive timida, che arrossisce quando viene applaudita al III Convegno penitenziario internazionale. Poët proveniva da una famiglia valdese molto religiosa ed è sempre stata descritta come persona seria e riservata, il contrario dell’immagine che si vuole rendere.“
Insomma la vera Lidia Poët, pur essendo molto rivoluzionaria e coraggiosa per l’epoca, era comunque una donna del suo tempo: timida, riservata e oppressa dai tabù. I creatori della serie hanno un po’ distorto la realtà, per rendere più interessante il personaggio dell’avvocata e permettere al pubblico di empatizzare di più con lei. Secondo Cristina Ricci inoltre molti degli elementi biografici che vengono raccontati nella serie sono falsi o inesatti, a partire dalle ostilità che Lidia Poët ha con suo fratello. La scrittrice ha detto:
“Lidia è rimasta orfana all’età di 17 anni e nella realtà il padre non ha mai saputo della sua intenzione di studiare e diventare avvocato. Certo, è un esempio ancora oggi non solo per le donne ma per tutti quelli che vogliono migliorare la società. Molte delle rivendicazioni che Lidia fece durante i congressi internazionali del femminismo ai primi del ‘900 sono state recepite solo negli anni ’70 del secolo scorso: per esempio divorzio e parificazione tra figli legittimi e illegittimi o una sorta di servizio civile per le ragazze. Ed era convinta che le donne avessero diritto a studiare e lavorare.”