Paolo Ruffini, il popolare comico e regista livornese, ha commentato di recente il fenomeno del Barbienheimer, che ha riempito le sale cinematografiche questa estate.
Dal momento che l’uscita di due film come Barbie e Oppenheimer, che parevano essere lontani anni luce, era stata fissata per lo stesso giorno, il pubblico ha cominciato a scherzare su questa situazione. Le persone si sono schierate più o meno ironicamente a favore dell’uno o dell’altro film, facendo esplodere il trend sui social network. Il coloratissimo film di Greta Gerwig, già diventato un cult, e la nuova opera di Christopher Nolan hanno ottenuto grandi benefici da questo fenomeno globale e hanno registrato incassi da record al box office. Mentre in tanti sono felici del successo che hanno ottenuto i due film, Paolo Ruffini è di un’opinione differente, per certi versi.
Il comico e regista ha partecipato al Festival Castiglione del Cinema, dove ha presentato in anteprima il suo documentario che con delicatezza racconterà le storie di alcuni malati di Alzheimer. Paolo Ruffini in questa occasione ha avuto modo di fare una riflessione sul futuro del cinema e sul successo che questa estate hanno ottenuto i due film. Secondo lui, il fatto che Barbie e Oppenheimer abbiano portato tante persone al cinema non è necessariamente un buon segno. Come ha spiegato, secondo lui, l’opera che racconta la storia del progetto Manhattan ha attirato tanti giovani solo perché era diventato virale sui social quel trend:
“Oppenheimer, così come Barbie, ha avuto un grande successo, ma non fa testo, è una moda, perché oggi sopravvive solo la moda. Evviva Nolan, che è riuscito a riempire le sale di ragazzi di 15 anni che per tre ore hanno tenuto il cellulare in tasca. Ma resta una moda; almeno un terzo della gente che è andata a vedere Oppenheimer avrebbe dovuto andare a vedere Io Capitano, un film di impegno civile e di respiro internazionale, dotato di ottime qualità artistiche. E invece non è successo, perché si va a vedere il film di Nolan solo perché è una moda“.
Paolo Ruffini ha suggerito che inoltre che sia stato soprattutto il nome di Christopher Nolan ad aver creato tante aspettative, spingendo il pubblico a correre in sala. Ha invitato questi stessi spettatori a guardare con la medesima attenzione anche un film italiano come Io Capitano, che merita la visione. La sua riflessione è stata volta anche a convincere gli spettatori a dare una chance a film italiani che, anche se meno blasonati, sono comunque notevoli. Infine, secondo lui, nessun autore dovrebbe essere considerato intoccabile e ciascuno dovrebbe avere il diritto di esprimere un’opinione su qualsiasi film. Ha aggiunto per questo:
“C’è in atto una coercizione artistica, di gusto, fatta da parte di chi si arroga il diritto di sapere cosa sia bello e cosa no, che per me è il contrario di quello che significa amare il cinema. Non è possibile che una persona non possa dire che Oppenheimer non gli è piaciuto. È una cosa insopportabile; posso volerlo dire senza che tu mi sputi addosso perché ora va di moda dire: ‘È il film di Nolan?’. Ma chi se ne frega. A questo punto io, provocatoriamente, dico che Oppenheimer è un filmetto. Resta il fatto che se questa moda è in grado di salvare il cinema, ben venga.”