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Mai banale. E sempre incisivo nelle sue prese di posizione. Quentin Tarantino, uno dei più grandi registi di tutti i tempi, è un artista con una prospettiva tutta sua, e incuriosisce non poco quello che ha da dire a proposito del mondo cinematografico. Anche quando si parla di film che non lo vedono in alcun modo coinvolto. Come è successo anche nei mesi scorsi, nel corso dell’ultimo Festival di Cannes, in cui si è lasciato andare a una dichiarazione interessantissima, sostanzialmente passata sotto silenzio.
L’obiettivo di Quentin Tarantino? L’utilizzo della violenza gratuita nei film.
E lui, cineasta che ha fatto del sapiente utilizzo narrativo della violenza uno dei principali marchi stilistici di tutte le sue opere, ha distinto un confine da non oltrepassare: un confine in cui la violenza non è più uno strumento del racconto ma gratuita, fine a sé. Nello specifico se l’è presa con un film di oltre trent’anni fa che vedeva protagonisti, tra gli altri, Harrison Ford, Sean Bean e il “suo” Samuel L. Jackson: Giochi di potere.
Perché? Per la visione attraverso cui veniva rappresentato il cattivo: “Il solo fatto che il cattivo fosse tanto facile da capire era troppo per i cineasti. Quindi hanno dovuto farlo impazzire. Questo è ciò che mi ha offeso moralmente”.
Non è tutto, affatto. Perché Quentin Tarantino, attualmente alle prese con la realizzazione di quello che dovrebbe essere l’ultimo film della sua gloriosa carriera, non ha apprezzato Giochi di potere anche per un altro motivo: il trattamento degli animali all’interno della pellicola. E chiarisce così il concetto: “Mi dà molto fastidio uccidere degli animali all’interno dei film, e intendo anche gli insetti. A meno che non pago per vedere qualche strano documentario bizzarro, non pago per vedere morti reali. Parte del modo in cui tutto funziona nel cinema è che è falso; per questo posso sopportare scene violente”.
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