Poco più di una settimana fa è stato lanciato Quibi, un nuovo servizio streaming con uno scopo ben preciso: fornire contenuti originali con episodi della durata di massimo dieci minuti. Dei brevi bocconi (quick bites, da cui la contrazione qui-bi) di cui fruire in brevi lassi di tempo libero della vita quotidiana, come pause pranzo, tragitti sui mezzi pubblici, e così via. A quanto pare però, le cose non stanno andando bene come si sarebbe potuto auspicare.
Una prima ragione consiste nelle condizioni in cui il lancio è avvenuto. Infatti, se lo scopo di questi episodi brevissimi era di dare la possibilità di godere dei contenuti tra i vari impegni di ogni giorno, il lockdown generale degli ultimi tempi ha reso questo potenziale punto di forza una caratteristica fondamentalmente inutile. Su questo fronte Quibi ha già annunciato di voler provvedere a cambiare la propria strategia. La piattaforma era stata pensata per essere disponibile solo su dispositivi portatili, smart phone e tablet, ma la CEO Meg Whitman ha dichiarato che si sta lavorando per rendere possibile offrire “la miriade di serie originali Quibi anche su schermi più grandi mentre si è bloccati a casa“.
I problemi tuttavia non finiscono qui. Innanzitutto, sembra ci siano molti dubbi sulla qualità degli show originali disponibili sulla piattaforma. Nonostante una lunga serie di nomi stellari nei cast delle sue produzioni (come quella con Sophie Turner, di cui abbiamo parlato qui), sembra che i risultati finali siano alquanto discutibili e manchino di originalità o, talvolta, di senso. E se questo aspetto può essere una questione di gusti, che può variare soggettivamente da un utente all’altro, fa riflettere il fatto che una delle prime lamentele di chi ha iniziato il periodo di prova sia che sull’app non è disponibile la funzione per velocizzare la visione, presente invece su YouTube e Netflix.
Come se non bastasse, ci sono problemi anche in ambito legale su due fronti. La prima accusa mossa a Quibi è di aver rubato la tecnologia che permette la visione sia in verticale che in orizzontale. Arriva da Eko, un’azienda che afferma di aver mostrato questa tecnologia, di nome Turnstyle, in un meeting di qualche anno fa per il quale era stato firmato un accordo di non divulgazione.
La seconda è di aver rubato l’idea per uno dei programmi in catalogo, Memory Hole, da un sito di video blogging, Everything Is Terrible!. Oltre al concept, che vede vecchi filmati rieditati e montati con una voce fuoricampo per creare contenuti nuovi, Memory Hole avrebbe anche un logo estremamente simile a uno di Everything Is Terrible! risalente a più di dieci anni fa e persino il nome del programma è lo stesso di uno di quelli presenti sul sito anni fa.
Dal canto suo Quibi nega ogni accusa, affermando che sia la tecnologia utilizzata sia lo show sono frutto del proprio lavoro. Vedremo come evolveranno le cose in futuro. Per ora, se siete interessati, potete trovare l’app del servizio sull’app store. I primi tre mesi sono di prova gratuita, e in caso scegliate di proseguire ci sono abbonamenti da circa 4 e 8 euro in base alla scelta di avere pubblicità o meno.