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Pietro Castellitto dalla parte di Kevin Spacey contro il movimento #MeToo: «Tutta ipocrisia»

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Speravo de morì prima lo ha lanciato nel mondo delle serie tv, ma con un cognome del genere la strada era già ampiamente spianata: Pietro Castellitto (qui abbiamo raccolto qualche curiosità su di lui) ha convinto la critica nei panni di Francesco Totti nella serie sul bomber della Roma (qui trovate le nostre pagelle) e ha sorpreso anche i più critici con il suo debutto alla regia e come sceneggiatore de I Predatori. Ora però si parla di lui per alcune dichiarazioni che hanno fatto discutere, facendo tornare a galla antiche storie: come la parabola discendente di Kevin Spacey, travolto dalle accuse di molestie sessuali (qui vi abbiamo dato le ultime notizie su di lui).

L’interprete di Francesco Totti in Speravo de morì prima ha fatto discutere a causa di alcune dichiarazioni rilasciate in un’intervista per il Corriere. L’attore si è espresso sul movimento #MeToo, nato per denunciare le molestie all’interno del mondo dello spettacolo e che ha già spedito in galera Harvey Weinstein. Le parole poco lusinghiere dell’attore nei confronti del movimento, rimbalzate su tutti i social hanno scatenato una polemica.

“Per fare l’attore devi saper dire le bugie e fare gli scherzi. Se non scherzi più, il tuo percorso è stato sacrificato alle consuetudini e al perbenismo dominante. Negli anni ’20 Al Capone faceva soldi gestendo alcol e droga, oggi li fai perpetuando il bene. Penso ai milioni incassati dagli studi legali attraverso il monumento all’ipocrisia del #MeToo, battaglia sacrosanta, ma se Kevin Spacey mi mette la mano sulla coscia gliela sposto, non gli rovino la vita chiedendo pure i soldi; io vedo la volontà di potenza che sfrutta questa crociata morale per ingrassarsi, sto parlando come amante di Nietzsche, che studiai a Filosofia. Ho anche compiuto un viaggio in Germania sulle sue tracce, ho dormito nella casa museo dove ha ideato Zarathustra… “.

L’interprete di Speravo de morì prima non si è risparmiato neanche nei confronti del cinema, troppo asservito, secondo la sua opinione, a schemi e tradizioni importate dall’America e copiate (male) qui.

“Il conformismo nel cinema? Ci si odia molto ma non esce mai, neanche nei film, la maggior parte (per inerzia e pigrizia), non sono portatori di un pensiero. Il presupposto è di cavalcare la morale dominante. Una volta gli artisti erano fuorilegge, oggi siamo invasi da damerini che copiano l’America, pulendosi la coscienza autocriticandosi”.

Pietro Castellitto ha anche parlato di cosa significa essere figlio d’arte:

“E’ un problema che hanno sempre avuto gli altri, poi l’hanno fatto venire a me, un senso di oppressione per cui non sono visto come Pietro qualunque cosa faccia. Questo mi ha spinto a bruciare le tappe, ad avere una voce mia, che dipende anche dalla genetica, dall’educazione, dai genitori e da una percentuale di imprevedibilità. Mi sono sentito amato, mai privilegiato, mi hanno sempre detto che le cose dovevo conquistarmele, che avrei avuto molti detrattori. Nessun attore vuole che il proprio figlio lo segua perché è tutto aleatorio“.

L’esperienza in Speravo de morì prima ha significato anche, per Pietro Castellitto, essere riuscito a esorcizzare la paura della morte, come ha raccontato al Corriere dello sport:

“In Speravo de morì prima raccontiamo la fine di Totti, la sua morte calcistica. Ed è un controsenso perché Totti non muore mai. E’ presente in tutti i tifosi della Roma, sempre. E non solo nei tifosi della Roma. La sua figura è universale. Io ho avuto la fortuna di passarci tanto tempo insieme per preparare la serie e ho scoperto una persona loquace, divertente, che si divertiva se intorno aveva gente che si stava divertendo”.

Cosa ne pensate delle dichiarazioni dell’interprete di Speravo de morì prima?