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Strappare Lungo i Bordi è il gioiello tutto italiano targato Netflix che sta spopolando da un paio di settimane a questa parte. Un successo semplicemente clamoroso e non pronosticabile a questi livelli, nemmeno da chi è fan di Zerocalcare dalla prima ora e conosce il suo talento da quando ancora la serie Netflix non lo aveva reso mainstream. La serie del fumettista è riuscita a svolgere un duplice compito, ovvero quello di ‘far ridere ma anche riflettere’. Soprattutto riflettere (e qui lo abbiamo ringraziato a dovere) ma anche ridere, perchè non vanno dimenticati i momenti più divertenti della serie che sono già un cult.
In senso generale, comunque, la serie ha ricevuto ben poche critiche: la principale che finora gli era stata rivolta, a onor del vero da un numero esiguo di utenti, era quella di essere stata scritta e recitata quasi completamente in romanesco e di risultare quindi poco comprensibile a chi il romanesco non lo mastica: una critica senza dubbio sterile, poichè il linguaggio usato risulta ampiamente comprensibile e anche qualora non dovesse esserlo per qualcuno, esistono pur sempre i sottotitoli su Netflix. Ora però, una critica più diretta è arrivata da Daniele Capezzone, giornalista de La Verità.
Questo il tweet di Capezzone: “Voi con Zerocalcare, noi con Clint Eastwood. A ciascuno il suo, e ciascuno contento: chi con la lagna e il disagio come dimensione esistenziale, chi invece con la lotta, la sfida, l’affermazione dell’individuo contro ogni potere“.
La risposta di Zerocalcare non si è fatta attendere, rigorosamente in romanesco e pregna della sagacia del fumettista romano: “A me me fa volà che DANIELECAPEZZONE se sente come CLINT EASTWOOD”.
Una risposta, quella dell’autore della serie tv Netflix, condivisa da migliaia di utenti, sempre pronti a sostenere Zerocalcare. Zerocalcare che di recente ha spiegato anche il significato di un tormentone ricorrente in Strappare Lungo i Bordi, ovvero l’ormai celeberrimo e ripetutissimo: “S’annamo a pijà er gelato?” pronunciato a più riprese dal personaggio più naif della serie, Secco: no, non ci sono riferimenti metaforici alla droga.
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