Zach Braff, il sognatore JD della celebre e amatissima Scrubs, ha recentemente rilasciato una lunghissima intervista per Rolling Stone dove ha parlato di sé e degli eventi drammatici che lo hanno portato alla scrittura di A Good Person, un film che ha come protagonista Florence Pugh e che è disponibile sia su Sky che su Now dal 30 maggio 2023.
Zach Braff ha parlato degli eventi personali che lo hanno portato a scrivere la sceneggiatura di A Good Person
Braff, alle prese con la sua prima sceneggiatura dopo una pausa come regista di quasi dieci anni, ha affermato: “Negli ultimi quattro anni ho perso mia sorella, per un aneurisma, e mio padre. Ho avuto molti lutti nella mia vita e ho visto persone che amo affrontarli, come mia madre con la perdita di sua figlia. Tutte situazioni pervasive nella mia vita”, ha ammesso, per poi parlare di un periodo storico che ha segnato lui come tutto il resto del mondo. “È arrivata la pandemia e non solo mi sono trovato, come tutti nel mondo, ad affrontare l’isolamento, ma in un certo senso in prima linea, perché il mio migliore amico viveva da me quando si è ammalato di Covid per poi essere ricoverato in ospedale e non uscirne più. Così, quando mi sono ritrovato seduto a fissare il cursore lampeggiante del computer durante il lockdown con il desiderio di scrivere, ho scritto del dolore e di come cerchiamo di rialzarci dopo essere stati messi al tappeto come esseri umani”
La perdita di persone care e la pandemia hanno messo a dura prova Zach Braff
L’attore ha poi continuato, specificando che il suo desiderio era anche quello di scrivere qualcosa per la sua allora compagna: “E poi volevo scrivere qualcosa per Florence Pugh, che all’epoca era la mia compagna, sapendo che attrice straordinaria sia. Questo è stato il punto di partenza. Non sapevo bene dove sarebbe andato a parare, ma ho iniziato da lì”. Il racconto dei drammatici momenti vissuti ha lasciato un po’ di spazio anche per ricordare il suo ruolo nella celebre Scrubs. A tal proposito, ha infatti affermato: “Quando ero nella sala d’attesa del reparto di terapia intensiva per sapere come stesse mia sorella c’era un’atmosfera di tensione, quasi terrore. Poi qualcuno disse qualcosa di divertente e tutti scoppiarono a ridere, e lì ti dici: ‘Grazie a Dio hai detto quella cosa stupida, perché abbiamo tutti bisogno di ridere’. Così ho pensato che fosse un buon modo di raccontare la storia: è più realistico, ci vuole sempre una risata per sconfiggere il dolore di un trauma“