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Normal People è una malinconica melodia d’addio

Normal People
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Sai anche tu come ci si sente a vivere un momento e sentirne già la mancanza. Sei lì che ti godi la tua tregua, il tuo rifugio dentro tutto quello che hai sempre voluto, ma nell’attimo esatto in cui lo accarezzi scopri che quello è solo un momento di cui, molto presto, sentirai la mancanza. Perché certe storie sono così: arrivano per poi andare via. Ti preparano a quel momento di resa definitiva, e poi ti lasciano da sola. Si impongono nella tua vita promettendoti abbandoni, vita e malinconia, e poi tanti saluti. Quello che le contraddistingue da tutte le altre forme d’amore, è che loro non ti illudono mai. Ti fanno sentire viva, ma con la premessa che il posto ritagliato al settimo cielo finirà con una disastrosa caduta sulla terra, una di quelle che ti costerà il sedere. Questo è quello che viene raccontato in Normal People. Questo è ciò che ci rende persone normali. Cadere.

Marianne e Connell sono due persone destinate a stare male con e senza l’altro, che loro lo vogliano o no. Si stringono quando si ritrovano, si allontanano ancora di più quando vanno via. Sono due persone perennemente in battaglia con la loro parte più triste, più disastrata. Il loro non sapere trovare alcun posto sicuro nel mondo li porta alla perenne ricerca di esso. Non sono mai sazi, ma perennemente insoddisfatti ovunque siano. E l’insoddisfazione, si sa, è una str***a che ti obbliga a spostarti da una parte all’altra. Non ti dà tregua. Ed è così che i due protagonisti, come mine vaganti, si concedono a tutto quello che possa sembrare differente, diverso, nuovo. Cercano una stabilità nell’instabilità allontanando, così, qualsiasi forma di redenzione, di pausa, di pace. Ma questo non vale solo nella propria vita individuale, vale per tutto. Anche per loro.

Fin dai tempi del liceo, Marianne e Connell si sono detti addio. Si sono persi, poi si sono ritrovati. Poi hanno stretto la mano dell’altro, e poi l’hanno rotta. Straziante, ma vitale. Perché i due protagonisti non sono programmati per la serenità, ma solo per un passo a due in cui uno dei due, non importa chi, farà un passo sbagliato che farà perdere ritmo e concentrazione. Uno pesterà i piedi all’altro, e la musica non riuscirà più a sembrare delicata o semplice da seguire, ma solo un lungo e triste frastuono a cui non si può più stare dietro. Quel passo sbagliato, purtroppo, ha condizionato tutto il resto delle sequenze confermando a Marianne e Connell tutto ciò che hanno sempre saputo: non sono fatti per amare le cose che rimangono. Sono fatti per amare qualunque cosa li abbandoni, per poi piangere la sua assenza. E per ripiangere la sua presenza.

A tutte le occasioni per aversi, Marianne e Connell hanno scelto tutte quelle per perdersi. E lo so che detta così suona terribilmente, ma loro sono due persone normali, due persone come noi che non credono nella favola a lieto fine, ma a tutto quello che succede dopo i titoli di coda di questa. La loro mente è programmata per avere sempre il timore di aver qualcosa da perdere, ma se continuano a perdersi questo terrore lo ovviano e, anche se vigliaccamente, rimangono a galla. Ed è così che Normal People racconta la storia di due persone che non sanno amarsi da vicino, ma solo da lontano. Racconta che amare significa un po’ perdere, e che nulla potrà salvare chi è stato programmato per abbandonarsi. Racconta di quel gruppo di persone che potrà aversi accanto solo per un periodo di tempo limitato in cui, senza farci neanche caso, vivranno qualsiasi sensazione. Si sentiranno vivi, malinconici, adrenalinici. Si sentiranno morire in un secondo, e vivere subito dopo. Saranno pronti a sorreggere le montagne mentre franano per un momento, per poi sentirsi vittime di quella franata. Si sentiranno pronti ad abbandonarsi nei momenti in cui andrò tutto bene, e pronti a riprendersi in quelli in cui andrà tutto male.

Non esiste niente al mondo che possa salvare queste relazioni. Non esiste alcun antidoto per evitarle. Marianne e Connell, quantomeno, non ne hanno conosciuti. Si sono solo lasciati andare a una malinconica melodia d’addio che, fin da subito, non hanno saputo ballare. Hanno improvvisato il loro passo a due, e poi si sono resi conto di non saper fare neanche questo. Non sanno imparare, non sanno improvvisare. Sanno solo perdere, mentre tutto – lentamente – gli scivola giù dalle mani.

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