Hanno detto di Occupied (Okkupert nell’originale norvegese)
Ti tiene incollato allo schermo. Si vende benissimo e punta molto in alto (New York Times).
Un pilot frenetico che riesce a portare avanti tutto con la giusta tensione (The Telegraph)
Chiunque siano gli autori e i produttori di Occupied, me la pagheranno cara. Molto, molto, cara (Vladimir Putin)
Come è riuscita una semplice Serie Tv (due stagioni finora, entrambe su Netflix, la prima da 10 episodi, la seconda da 8, sempre di circa 45 minuti) a far andare su tutte le furie il presidente della Russia? Direi di fare un passo indietro e di occuparci di uno show passato clamorosamente sottotraccia, ma che permette un’infinità di spunti.
Benvenuti in Occupied, il thriller politico tra Norvegia e Russia che promette di non lasciarvi indifferenti!
La trama è semplice quanto davvero inquietante: in “un futuro molto prossimo” (Occupied inizia proprio così, con queste quattro parole) gli Stati Uniti hanno raggiunto l’indipendenza energetica, abbandonando la Nato e lasciando che il resto del mondo risolvesse da solo i propri problemi sul tema. L’Europa dipende in gran parte dalla Norvegia e dal suo petrolio ma il neo-eletto primo ministro norvegese, Jesper Berg, fa un annuncio che spiazza tutti
Da oggi l’epoca dei combustibili fossili è terminata. Per la Norvegia l’epoca del petrolio si è conclusa
La Norvegia decide di puntare solo sul Torio come fonte di energia, chiudendo di fatto i rubinetti di oro nero.
L’Unione Europea non la prende benissimo e decide di affrontare la questione usando il pugno di ferro in guanto di velluto. Serve però una nazione che si assuma l’incarico di “sporcarsi le mani”. La Russia è perfetta per lo scopo e si prepara ad assolvere le sue funzioni con grande piacere. Irina Sidorova, l’ambasciatrice russa, e tutto il suo apparato sbarcano in Norvegia e niente sarà più come prima.
Jesper Berg avrà sulle spalle i destini della sua nazione e di un intero continente, ma non sarà solo. Al suo fianco, dentro la sua storia e con storie parallele, agiranno Thomas Eriksen, un giornalista scomodo ma completamente favorevole alla svolta green del Premier, e Hans Martin Djupvik, agente dei servizi di sicurezza norvegesi ma soprattutto la guardia del corpo più fidata di Jesper Berg.
Eriksen e Djupvik conoscono la verità che al popolo norvegese deve essere taciuta; la salvezza del mondo è nelle loro mani, e in quelle di Jesper Berg.
In un thriller fantapolitico ma che di “fanta” ha realmente molto poco, Jo Nesbø, autore della Serie e uno dei giallisti nordici più famosi al mondo, reinterpreta in chiave distopica uno dei temi più scottanti e sottaciuti della modernità: la lotta per l’accesso alle materie prime e alle fonti combustibili è in atto da decenni è in gioco c’è il dominio sul futuro del mondo.
Lo stesso Jo Nesbø dice di essersi ispirato all’invasione russa della Crimea nel 2014. Lo spunto è ripreso su scala molto più vasta: stavolta a essere invasa, con la complicità dell’UE, è la Norvegia, in una nuova edizione della guerra fredda combattuta tra apparati di potere più che da soldati veri e propri.
Al di là dello spunto, decisamente originale, di Occupied si può dire una sola cosa: funziona! In modo meraviglioso, tra l’altro. È evidente l’approccio nordico alla serialità, unico nel panorama di un addicted. Lo si ritrova anche in The Bridge (meraviglia di ghiaccio ancora troppo sottaciuta) e ormai non c’è da esserne stupiti.
Non si vuole colpire il pubblico; non si cercano gli effetti speciali; nessun accenno al patetismo (pensate: la cosa più erotica che c’è è un bacio infedele): si vuole, semplicemente, raccontare una storia.
Ecco, Occupied è una storia, narrata in maniera chiara, precisa, senza svolazzi e senza voli pindarici. Questo si rispecchia nella regia, scolastica e senza eccessivi virtuosismi, ma pulita, e in una fotografia decisamente interessante.
La tensione non è un fine da ricercare spasmodicamente, ma un ingranaggio di un meccanismo in cui, una volta entrati, faticherete a ritrovare voi stessi e a vedere il mondo con gli stessi occhi.
La chiave del suo successo? Una scelta narrativa molto interessante: il contesto rende tutti i personaggi strettamente connessi gli uni gli altri. Ma loro non lo sanno, o, per meglio dire, fingono di non saperlo e agiscono ognuno per conto proprio, come schegge impazzite.
Questo fa sì che ogni azione abbia due conseguenze: una prevista, per il personaggio che la compie, e una imprevista, che si riverbera su un altro piano dello scenario. Perchè in Occupied si sovrappongono tre piani diversi: quello politico-istituzionale, legato a Jesper Berg; quello poliziesco-spionistico, legato a Hans Martin Djupvik; infine quello del popolo, di cui Thomas Eriksen è l’esponente più spietato.
A rendere Occupied ancora più interessante è il fatto di trovarci davanti a dei personaggi quasi granitici. Una volta scoperti i loro valori, infatti, vedremo che nessuno di loro sarà disposto ad abbandonarli, anche se questo potrebbe costare enormi sacrifici.
In un prodotto che promette di essere amato da chi ha apprezzato House of Cards o, meglio ancora, Homeland, ritroviamo il piacere nordico di fare serialità, quello che rende le Serie scandinave allo stesso tempo bellissime ma così anti-convenzionali da non arrivare praticamente mai a essere mainstream (almeno qui da noi). E che ci permette di recuperare, in fondo, piccoli gioielli lontani dalla massa.
A chiudere il tutto un opening theme decisamente azzeccato nel titolo, nel testo e soprattutto nel ritmo, capace di legarti alla sedia e sconvolgerti nello stesso tempo.
In attesa della terza stagione di Occupied (appena confermata, avrà 13 episodi), godetevi un ottimo ascolto!
Ah, post scriptum: in qualunque lingua deciderete di vedere Occupied, attivate i sottotitoli italiani: mi ringrazierete.