Quando Once Upon a Time comparve per la prima volta in televisione, lo show stava cavalcando l’onda del ritrovato amore per le fiabe, non solo in tv ma anche al cinema. La serie si presentava come un prodotto fresco, diverso, legato alla struttura tipica dei procedural ma con la voglia di fare di più e distinguersi. Un intento che Once Upon a Time ha raggiunto in pieno, almeno per le prime stagioni. Se infatti in un primo momento le idee portate avanti dagli showrunner risultavano accattivanti e innovative, nel corso del tempo la serie ha iniziato a risultare ripetitiva e ridondante. Alcuni personaggi, come Tremotino o i Charmings, non si sono mai evoluti completamente rimanendo decisamente più statici rispetto a una Emma o una Regina.
Inoltre, la decisione di far continuare Once Upon a Time anche dopo l’abbandono di Jennifer Morrison ha avuto, come conseguenza, uno spiacevole “effetto nona stagione di Scrubs”.
La storia di Emma e degli altri protagonisti di questa serie magica ci hanno fatto compagnia per ben sei stagioni. Un viaggio lungo in cui il vero fulcro della storia è stata la crescita di Emma Swan. Da orfana a eroina, la Salvatrice ha lottato contro villain di ogni sorta e contro il proprio lato oscuro uscendone sempre vincitrice ma, poco a poco, più cambiata.
Emma rimane a Storybrooke perché, per quanto all’inizio non creda nel sortilegio, sente che è lì che deve restare. Nel sorriso fiducioso del figlio, nel sostegno dei suoi veri genitori e nell’amore di Hook, Emma troverà finalmente il suo agognato posto nel mondo.
Su quella famosa pianta di fagiolo durante la seconda stagione, Hook capisce Emma più di quanto abbia mai fatto nessun altro.
Potete pure chiamarlo fanservice, sta di fatto che i Captain Swan il loro meritato posto nell’Olimpo delle ship seriali se lo sono meritato tutto. Emma è attratta dall’inizio da Hook ma in maniera adulta e consapevole della persona che ha di fronte. Non si tratta di un amore da fiaba, ma il lento conoscersi e volersi bene di due persone reali, accomunate da un trauma comune. Nella solitudine e nel silenzio di un mondo che sembra non volerli capire, Hook ed Emma si ritrovano simili e diventano il sostegno l’uno per l’altra.
Hook diventa una persona migliore perché trova per la prima volta in Emma qualcuno che gli dia fiducia e non lo giudichi a priori, a sua volta lei si innamora del bel pirata perché le dà un motivo per restare, per affrontare le proprie paure e batterle. Se i Captain Swan si consolidano come una coppia vera e senza fronzoli, purtroppo, altre coppie dello show non hanno visto un lieto fine pari a questo. Tralasciando i Charmings, che sono diventati con il tempo la mascotte stucchevole di Once Upon a Time, di certo non possiamo parlare di happy ending quando si tratta di Regina e Robin o Tremotino e Belle.
L’errore che è stato compiuto in Once Upon a Time sta nel non aver saputo trovare un equilibrio tra le diverse coppie protagoniste. Mentre alcune sono state quindi ben approfondite e sviluppate, altre sono finite nel dimenticatoio.
Il destino degli Outlaw Queen è degno della peggiore soap opera argentina: lui la ama ma ha messo incinta la sorella senza saperlo, decide di rimanere accanto a Zelena per crescere il figlio ma non può fare a meno di amare Regina, e infine muore in maniera stupida perché ormai lo screen time per il personaggio era finito. Ebbene sì, se si dovesse scegliere una storyline tra quelle più mal gestite, sicuramente sarebbe quella di Robin e di Regina.
D’altro canto, “l’amore” di Tremotino per Belle regala un senso tutto nuovo al concetto di mascolinità tossica, tanto che ci sono volute sette stagioni di Once Upon a Time per fargli compiere un vero gesto di amore incondizionato.
La terza stagione di Once Upon a Time rappresenta un notevole punto di svolta. Lo show si prende delle responsabilità, decide di osare e cambia le carte in tavola. La narrazione approfondisce ulteriormente la psiche dei personaggi, non più semplici caricature dei loro corrispettivi fiabeschi ma figure tridimensionali. Inoltre, la scelta di dividere la serie in due parti con un rispettivo villain risulta assai vincente. Almeno all’inizio.
Uno dei grandi problemi di Once Upon a Time è stato quello di trovare una formula giusta e piantarcisi sopra, senza cercare ulteriori stimoli.
Così, la quinta stagione, per quanto proponga delle tematiche interessanti e rappresenti un notevole punto di svolta per lo sviluppo finale di Emma, risulta in qualcosa di già visto. La divisione in due parti stanca lo spettatore, ormai in grado di prevedere come, quando e cosa accadrà. Ci sono degli schemi che si ripetono puntuali e sono spesso legati alla mancata evoluzione o, addirittura, involuzione di alcuni personaggi: l’egoismo di Tremotino che riesce a fare il buono solo cinque secondi a stagione; la sdolcinata e allo stesso tempo inutile coppia Biancaneve-Charming; la sfiga proverbiale di Regina; la psicopatia latente di Zelena.
Questo continuo ripetersi di motivi nella serie ha portato a scelte narrative grottesche nonché da momenti e scene degne della pagina IntrashTtenimento.
Gli stessi villain, inizialmente curati e spaventosi come Pan e la stessa Zelena, diventano macchiettistiche interpretazioni dei cattivi Disney. Salvo poche eccezioni, i villain delle ultime stagioni sono abbastanza dimenticabili e il culmine viene raggiunto prima con la storyline di Artù e poi con quella di Ade. Scivolata ormai nel quasi totale trash, Once Upon a Time conosce un ultimo canto del cigno con la sesta stagione e, in particolar modo, con quel meraviglioso episodio musical che doveva essere un finale di serie.
La storia di Emma e Storybrooke giunge al termine e, seppur con qualche riserva, i fan possono dirsi abbastanza soddisfatti.
Peccato per quella settima stagione di cui avremmo volentieri fatto a meno. Nonostante l’abbandono di Jennifer Morrison e di altri attori del cast principale, i creatori decidono di portare avanti lo show con conseguenze disastrose. Non basta infatti la consacrazione definitiva di Regina come eroina per salvare Once Upon a Time dall’abisso in cui viene fatta precipitare. Ancora oggi, ad anni di distanza dal finale, mi piace pensare che l’ultima scena di OUAT sia stata quella intorno a un tavolo al Granny’s, con Emma e gli altri felici e liberi finalmente.
Ciò che è venuto dopo non è stata una favola ma solo un brutto incubo.