Continua questo viaggio sul viale dei ricordi. Stavolta vi parlo della seconda stagione di Once Upon a Time, una stagione non tra le più brillanti ma che conserva ancora quel sapore fresco e nuovo e punta alla coralità e regala emozioni.
È una stagione difficile, questo bisogna ammetterlo, e nel finale la stanchezza si fa sentire. Per questo la mia recensione della seconda stagione di Once Upon a Time è un po’ contrastante: da una parte quei lati positivi che continuano a persistere, dall’altra i lati negativi che la Serie Tv continuerà a trascinarsi negli anni a venire e sono quelli che la collocano al terzultimo se non al penultimo posto della mia lista (che ovviamente non comprende la settima stagione dato che per me fa Once Upon a Time solo di nome).
Le seconde stagioni non sono mai facili, molto spesso uno show non è certo venga rinnovato fino alla fine e gli autori non pensano quindi al futuro. Fortunatamente, la seconda stagione di Once Upon a Time non è certo peggiore di altre anche se alcune scelte fanno un po’ storcere il naso. Mi riferisco ovviamente ai personaggi di Greg e Tamara che, anzichè rappresentare un reale pericolo per i protagonisti, si rivelano piuttosto noiosi e stupidi. Pedine nelle mani di un male molto più temibile, che seguono gli ordini senza fiatare come membri di una setta e portano avanti una guerra contro la magia, senza capo ne coda.
A parte questa loro presenza inconsistente, come pure è inconsistente la relazione di Tamara e Neal, tutto sommato la Serie Tv riesce a reggere 22 episodi perché punta di nuovo tutto sulla complessità dei personaggi (eroi, cattivi e nuovi cattivi) e sulle relazioni tra questi.
Uno dei mantra della nuova stagione è quello di Cora, appunto “Love is weakness”, ma quello che apprendiamo in questa seconda stagione è che è l’esatto opposto. L’amore ci rende capaci di cose impensabili, ci dà forza, ci sprona. È un tipo di amore che non va confuso con il desiderio di possedere e controllare, di anteporre la nostra felicità e i nostri bisogni a quelli degli altri. L’amore come sempre, in tutte le sue forme, è uno dei cardini di Once Upon a Time e la seconda stagione ne è un esempio. Iniziando da Cora stessa che rinuncia alla possibilità di un amore vero per una felicità illusoria, la donna si strappa letteralmente il cuore dal petto per soddisfare un desiderio di vendetta e rivalsa che con il tempo non le porterà altro che infelicità e l’odio di sua figlia.
Cora sceglie di essere un villain, lo sceglie nel momento in cui chiude il proprio cuore in uno scrigno e impedisce non solo a stessa ma anche a Regina di amare ed essere felice. La cosa più brutta che una madre possa fare è anteporre se stessa ai propri figli.
L’amore dei Charmings è di nuovo protagonista in questa stagione, i due si ritrovano, si separano e si ritrovano, insomma sempre le stesse cose ma Snow White e David sono così, la classica coppia da fiaba, e va bene in fondo, ci sta anche questo in Once Upon a Time, in fondo è un’altra la coppia che rappresenta meglio la vita reale. Ma procediamo con ordine. A proposito dei Charmings non si può certo dire che la coppia rimanga statica, vediamo un’evoluzione, conseguente alla fine del sortilegio, sia personale (i sensi di colpa di Mary Margaret, l’impotenza di David di fronte alla scomparsa delle due donne della sua vita) che in relazione ad Emma. C’è parecchio di cui tutti e tre dovrebbero discutere ma a Storybrooke il pericolo è sempre dietro l’angolo e solo una catastrofe imminente a fine seconda stagione ci regala un vero abbraccio di famiglia.
Il rapporto con i propri genitori è uno dei grandi muri di Emma, costretta ad arrangiarsi da sola per tutta la vita, convinta di essere stata abbandonata perché sbagliata in qualche modo. La poca differenza di età, la magia e il ruolo che i propri genitori ricoprono non aiuta certo la donna, dalla mente molto razionale, a sentirsi davvero parte di qualcosa. C’è un passo in avanti per Emma, ma è ancora minimo.
L’evoluzione consistente la compie piuttosto Regina. Una Regina che lotta per essere buona e non usare la magia per amore di Henry (ecco ancora l’amore che determina i nostri protagonisti) ma allo stesso tempo la tentazione di vendicarsi, di dar voce ai propri peggiori impulsi è sempre in agguato. Il ritorno di Cora non aiuta di certo e forse il rapimento di Henry è provvidenziale per non fare cadere Regina di nuovo nell’oscurità.
La seconda stagione è anche la stagione in cui Tremotino ritrova Baelfire e, dato che il mondo di Once Upon a Time è davvero piccolo, il ragazzo scomparso attraverso un portale non è altri che Neal, padre di Henry e primo grande amore di Emma.
La puntata “Manhattan” rappresenta a mio avviso uno dei punti più alti della stagione, Tremotino riabbraccia il figlio che ha lasciato andare, tenta di farsi perdonare, di riallacciare un legame che lui stesso ha consapevolmente reciso. È un piccolo spiraglio di luce nel percorso di Rumple che lo mette di fronte alle sue scelte e ai suoi errori. Non nego di essermi commossa di fronte al dialogo tra Neal e Rumple quando quest’ultimo sta per morire, salvo poi odiarlo due episodi dopo …
“Manhattan” è anche l’episodio in cui Emma ritrova il primo uomo che abbia veramente amato, un uomo che l’ha fatta sentire a casa, che le ha dato un legame e poi l’ha tradita. Si, noi spettatori sappiamo perché l’ha fatto, ma Emma no. L’abbandono di Neal è un altro di quei muri, l’ennesimo, che Emma erige attorno al proprio cuore. Per questo la relazione tra i due non può ricominciare, per quanto belli, perché c’è un dolore che per quanto si sforzi Emma non potrà mai dimenticare o superare. Neal rappresenta qualcosa di importantissimo ma anche qualcosa che appartiene al passato, a un passato in cui Emma era una ragazzina spaventata e adesso non lo è più.
Ho ovviamente lasciato il meglio per ultimo perché, dove una porta si chude, un’altra si apre. E magari sarà nata come fanservice, magari non era prevista, magari sarò scontata io ma LA coppia di Once Upon a Time nasce proprio in questa seconda stagione. Se Neal è stato il primo amore, un amore giovanile, ingenuo e pieno di sogni infranti, quello che nasce tra Emma e Killian non è affatto amore a prima vista. Su quella famosa pianta di fagiolo, Hook riesce a capire Emma più di quanto abbia mai fatto nessun altro e questo perché non solo il pirata è stato per tanto tempo a Neverland e conosce lo sguardo dei Bimbi Sperduti ma perché lui stesso ha avuto quello sguardo per molto tempo. E forse è proprio in quel momento, in quella rivelazione, che i Captain Swan nascono.
Emma non è più una ragazzina, è attratta da Hook ma in maniera adulta, matura, si tratta all’inizio di un’attrazione fisica e lo stesso vale per il pirata. Non è destino, non è l’amore da favola ma solo due persone reali, con i loro problemi e traumi che in qualche modo si ritrovano. Lottano l’uno contro l’altro per la sopravvivenza ma imparano anche l’uno dall’altro e il primo ad innamorarsi è senza dubbio Hook.
Quando? Quando nel finale Emma gli dà una ragione per restare, gli ricorda che un tempo era molto più di un semplice pirata in cerca di vendetta. Emma diventa la prima persona che in tantissimo tempo gli dà fiducia, pensa che se solo lui lo volesse potrebbe riscattarsi ed essere altro da un villain.
In conclusione la seconda stagione pianta i semi per quelli che saranno altri pilastri del mondo di Once Upon a Time, i Captain Swan in primis ma non solo. Segna un’evoluzione della storia di cui ci siamo innamorati, sviluppa i personaggi tra pregi e difetti, ci mostra come essere cattivi o buoni nemmeno nel mondo delle fiabe è un dato di fatto aprioristico ma dipende dalla scelte che ogni giorno si decidono di affrontare, dall’impulso a seguire la via più semplice e decidere invece di ignorarla. Chi siamo non è stato deciso, lo costruiamo noi stessi nella gioia e nel dolore.