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One Day at a Time è una comedy intima e dolcissima

one day at a time
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One Day at a Time è una serie intima e dolcissima che ha la capacità straordinaria di trattare argomenti seri e talvolta anche controversi con estrema delicatezza, alternando picchi drammatici a momenti divertenti e ironici.

Ha il pregio di essere una sitcom, ovvero una comedy che si svolge in un unico luogo per la maggior parte del tempo, ma ha anche la particolarità di essere spesso definita come una ‘commedia drammatica’ e nonostante questo termine mi sia stato del tutto inedito fino a poco fa sento il bisogno di farlo mio.

Si piange e si ride con un’insolita e inspiegabile naturalezza, ma si sa: commedia e tragedia sono due facce della stessa medaglia che non vivono l’una senza l’altra.

A ogni piccolo pianto spetta una più grande risata.

Come in ogni sitcom che si rispetti, la presenza di risate registrate è volta a scandire i tempi comici, ma basterà un solo episodio per superare questo trauma e non farci più caso.

One Day at a Time è il reboot di una nota serie tv omonima degli anni ’70. La serie, disponibile su Netflix, conta tre stagioni e attualmente si sta trattando per un rinnovo che, come ha twittato la co-ideatrice Gloria Calderòn Kettel, potrebbe diventare certo se aumenteranno il numero degli spettatori.

A questo punto sento mio l’onere di convincervi a seguire questa serie onde evitare la sua cancellazione; ma non preoccupatevi, ve ne innamorerete all’istante!

One Day at a Time

I protagonisti principali di questa comedy sono i componenti di una famiglia cubana residente in America: gli Alvarez.

Penelope, la madre di famiglia, è un’ex veterana dell’esercito reduce da un disturbo post traumatico da stress e una conseguente depressione. Questo dolore però fortunatamente non abbatte la nostra protagonista, che anzi, è solita insabbiare le sue debolezze per rendersi più disponibile ad ascoltare e accogliere i bisogni dei suoi figli. Una madre modello ma con delle difficoltà che la rendono più umana agli occhi di noi spettatori, abituati alle figure materne perfette, più simili ad angeli che a reali donne del nostro tempo. Il ritorno alla vita civile e familiare sarà reso più facile dalla madre di Penelope, Lydia.

Abuela, ‘nonna’ in spagnolo, è il nome con cui viene designata la matriarca della famiglia, Lydia.

‘Abuelita’ è la vera star dello show, senza la quale nulla avrebbe senso. Cosa sarebbe The Big Bang Theory senza Sheldon Cooper? Vale esattamente lo stesso discorso per Abuela, portatrice sana di spensieratezza. Quando entra in una stanza la illumina con la sua ironia e i suoi distratti ricordi sulla sua vita cubana prima dell’arrivo negli Stati Uniti. Iconica e carismatica, consiglia spesso i suoi nipoti, in particolare Alex, di cui si dice spesso ‘innamorata’.

Alex ed Elena sono per l’appunto i due figli di Penelope e nipoti di Lydia. Alex, il beniamino di Abuela, è un bambino di appena dodici anni nella prima stagione, che, nonostante all’apparenza possa sembrare un giovane narcisista e superficiale, rivela in diverse occasioni una maturità innata.

Poi abbiamo Elena, la primogenita di quattordici anni. La serie si apre con la sua Quinceniera e si conclude (per ora) ai suoi diciassette anni. Elena è una giovane donna con le idee chiare in testa, una rivoluzionaria che ha molto da insegnare. I suoi interessi passano dalla lotta contro il sessismo alla raccolta differenziata; finalmente un personaggio dichiaratamente femminista.

Infine Schneider, un personaggio talvolta marginale ai fini della trama ma necessario per creare la perfetta armonia che la serie porta nei nostri schermi.

Schneider è il vicino di casa ficcanaso della famiglia Alvarez, nonché proprietario dell’intero stabile. Con precedenti problemi di alcolismo e assunzione di stupefacenti, ora finalmente ripulito, si inserisce in questa famiglia come ‘cubano acquisito’, un autoproclamato membro della famiglia.

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Se siete arrivati fino a questo punto della lettura significa che di certo vi saranno saltate all’occhio parole come alcolismo, disturbo post traumatico da stress, sessismo e depressione; bene questi solo solo alcuni dei temi di cui questa serie si occupa.

Temi profondi e difficili che One Day at a Time riesce a trattare in modo chiaro e consapevole senza mai scadere nel cattivo gusto o nei sempre in agguato luoghi comuni.

Si parla di razzismo, di detenzione di armi da fuoco, di attacchi di panico, di integrazione, di omosessualità e del difficile passo del coming out, dell’accettazione e della comprensione ma soprattutto di amore.

Non un amore canonicamente sentimentale che vige tra due coniugi, ma dell’amore puro in tutte le sue forme, quello che appunto persiste, e non potrebbe essere altrimenti, in questa meravigliosa famiglia cubana. L’amore è infatti il vero e principale filo conduttore dell’intera serie, motivo che riesce a renderla così sincera e accogliente.

Accogliente come un abbraccio dopo una brutta giornata.

Questo è One Day at a Time.

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