Dopo il grande successo ottenuto con la serie tv live action, One Piece sembra respirare una nuova vita. Tra chi lo scopre per la prima volta e chi si riavvicina all’anime dopo tantissimi anni e magari lo riesce a comprendere davvero solo adesso che il velo dell’infanzia è caduto. Un live action, quello di Netflix, che ha in parte diviso gli appassionati ma raccolto in generale consensi davvero positivi. Sicuramente uno dei grandi pregi dello show è stato quello di tracciare la propria rotta, creando un universo ben noto ma dall’estetica personale. Anche gli attori protagonisti, seppur diversi in alcune caratteristiche fisiche, hanno centrato l’obiettivo principale: quello di dare voce e anima alla ciurma di Cappello di Paglia. D’altronde, proprio agli interpreti spettava il compito più arduo, cioè quello di trovare una via di mezzo che non scadesse nel copia-incolla ma che rendesse omaggio ai protagonisti dell’anime.
Dove, allora, la serie tv è riuscita davvero a soddisfare le aspettative dei fan riportandoli nell’oceano blu di One Piece?
1) Le backstory
L’East Blue è la saga dell’inizio, quella che rappresenta un po’ l’introduzione di questa storia straordinaria e longeva. Nei primi archi narrativi di One Piece tutta l’attenzione è quindi rivolta alla presentazione di Cappello di Paglia e dei primi, storici membri della sua ciurma che, uno dopo l’altro, decidono di aggiungersi all’equipaggio. Prima tocca allo spadaccino Zoro, braccio destro di Luffy, poi al cecchino Usopp, poi al cuoco Sanji e, infine, alla navigatrice Nami. Si, abbiamo volutamente inserito Nami per ultima perché, anche se compare fin dai primissimi episodi, entra a far parte realmente dell’equipaggio solo dopo gli eventi di Arlong Park. A tutti loro sono dedicate una serie di puntate nell’anime che ne tratteggiano il carattere, la backstory e il sogno che li spinge a unirsi sotto un’unica bandiera. Questa era, senza dubbio, la parte più importante da portare in scena e il compito più arduo per i giovani interpreti del live action. Tutti sono stati all’altezza, riuscendo a trasmetterci, rispettivamente, il senso dell’onore di Zoro, la voglia di avventura di Usopp, il debito che accompagna Sanji e il desiderio di vendetta di Nami. Uniti dall’ottimismo del capitano Luffy, i quattro costituiscono il cuore pulsante di questa storia. Ecco perché una scena come quella dei barili, che in realtà avviene solamente nell’arco di Loguetown, ha senso che sia stata anticipata nel finale della prima stagione.
One Piece è, sopra ogni altra cosa, il viaggio di questi ragazzi armati di sogni e speranze, disposti a tutto per raggiungere il loro obiettivo.
2) I costumi
Un altro elemento, di carattere più tecnico e al quale il live action è rimasto piuttosto fedele è stato il reparto costumi. Così come le backstory vengono arricchite pur rimanendo fedeli al materiale d’origine, anche i costumi vengono rivisitati mantenendo delle caratteristiche essenziali: il cappello di paglia, la bandana, lo smoking e così via. Il costume di Nami, per esempio, è in realtà un omaggio a un’idea di Eichiro Oda poi scartata nelle ultime fasi di stesura del manga. Un primissimo completo per Nami poi mai realizzato, almeno fino a questo momento. Rufy non indossa i sandali, di certo molto meno verosimili considerati i combattimenti, ma non gli mancano la casacca rossa, i bermuda e l’iconico cappello. Sanji non avrà forse il sopracciglio birichino ma lo smoking è esattamente come lo avevamo immaginato. Stesso discorso non vale solo per i protagonisti principali ma per tutti i personaggi che fanno la loro comparsa in questa prima stagione. Fa genuinamente sorridere pensare quanta cura e attenzione ci sia stata dietro la realizzazione di questo progetto.
3) Villain affascinanti
Lui non vediamo sicuramente l’ora di ritrovarlo! D’altronde stiamo parlando di uno dei migliori cinque villain della storia di One Piece e vi sfidiamo a dire il contrario. Crudele, beffardo e oscuro, Crocodile è stato il primo vero cattivo contro il quale Luffy e gli altri si sono scontrati nel corso del loro viaggio. Una prova fisica e mentale che li ha messi alle strette e piegati in più di un’occasione ma che sono riusciti a superare ancora più forti di prima. Nell’attesa di scoprire se, effettivamente, lo vedremo nella seconda stagione, non possiamo non citare i cattivi come uno dei punti di forza del live action, così come dell’anime appunto. Anche in questo caso, l’East Blue è primo capitolo che abbozza tanti villain diversi, ognuno più o meno pericoloso. Non siamo ancora davanti alla minacce che si pareranno sul cammino della ciurma ma ci sono facce di un certo spessore che avranno ripercussioni sul futuro a lungo termine di One Piece.
Baggy il clown è un affascinante psicopatico dall’ego spropositato, il primo a mettere un po’ i bastoni tra le ruote a Rufy. Più folle dell’anime, Baggy fa qui la parte del peggior clown da film horror. Una versione piratesca dell’IT di Stephen King. Spietato e violento è invece Arlong, il cui odio nei confronti degli esseri umani lo spinge a numerose azioni efferate nel villaggio natale di Nami. Anche qui possiamo notare delle differenze rispetto all’anime che riescono, tuttavia, a rendere la storia più coesa. La figura di Arlong viene anticipata nel corso delle puntate fino alla sua comparsa in grande stile nel finale di stagione, il che ci trasmette un senso maggiore di ansia e inquietudine man mano che la trama del live action progredisce. Un crescendo narrativo che funziona molto bene nel contesto seriale.
4) Cura per il dettaglio
Non manca la cura per i dettagli, anche quelli più infinitesimali. D’altronde, dietro le quinte della produzione dello show troviamo Eichiro Oda, papà di One Piece, che ci ha tenuto particolarmente a dire la sua e a osservare la realizzazione del live action. Le minuziose attenzioni riservate dunque alla serie tv, set interamente costruiti da zero ai manierismi dei protagonisti, sono anche dovute all’amore di Oda per il suo bambino e al desiderio che non lasciasse insoddisfatti i fan, di lunga data e non solo. Un dettaglio molto singolare riguarda, per esempio, i liquori presenti nello show. Ci sono, infatti, due alcolici uguali a quelli bevuti da certi personaggi di rilievo nell’anime, che si vedono molto più in là nella storia. Il primo è il vino Deese, apprezzato da Doflamingo, il secondo è l’Umeshu, il liquore alle prugne che la dottoressa Kureha beve costantemente e che forse nasconde il motivo della sua immortalità.
Altri dettagli riguardano più da vicino la storia e ciò vedremo, si spera, nelle prossime stagioni. La Baroque Works, introdotta all’inizio del live action con un Zoro che si rifiuta di prenderne parte, oppure la presenza di un giovane Shanks all’esecuzione di Gol D. Roger. Un altro elemento che avrà senso solo tra molto tempo è il riferimento all’Armata Rivoluzionaria che, senza fare spoiler, riguarda Luffy molto da vicino.
5) Il viaggio
Nella nostra analisi di tutte le saghe di One Piece lo abbiamo detto fin da subito. Il manga più famoso del mondo è un viaggio del corpo e dell’anima. Affrontando le insidie e i pericoli della Grand Line e del Nuovo Mondo, Luffy e gli altri membri della ciurma compiono un viaggia che li trasforma completamente. Una trasformazione che avviene anche a livello fisico, in special modo dopo il salto temporale di due anni, ma anche a livello caratteriale. Ciò che sono chiamati ad affrontare, isola dopo isola, li cambia e li rafforza profondamente. Prima come individui singoli e poi come un gruppo, sempre più compatto e coeso, dai sogni diversi ma uniti dal desiderio di vederli tutti realizzati. Proprio questa è la forza dell’equipaggio di Cappello di Paglia, dove ognuno dei pirati può funzionare solo, può combattere da solo ma insieme al resto della ciurma diventa inarrestabile.
Il viaggio di One Piece ha dunque inizio nel Mare Orientale, prendendosi il tempo per presentarci i personaggi originali e prepararci alla traversata.
Il live action funziona perché ha deciso di non accelerare gli eventi ma di dedicare il tempo necessario alle backstory dei singoli e alla formazione del gruppo. Sia nel caratterizzare Luffy e gli altri, sia nella rappresentazione del mondo di One Piece, il live action Netflix decide di non correre mai andando un po’ in controtendenza con quella spiacevole moda delle serie tv moderne. Sono soprattutto i neofiti a beneficiare di questa lentezza, che permette loro di immergersi completamente nella storia. A chi, invece, quella stessa storia la conosce come le sue tasche, il live action offre un nuovo punto di vista senza voler necessariamente catturare consensi ma rispettando il materiale originale.