**Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Only Murders in the Building **
Only Murders in the Building è tornata su Disney+ lo scorso 28 giugno con le prime due puntate della nuova stagione, caotiche e ancora più coinvolgenti (qui trovate la recensione). La prima stagione ci aveva stregato e aveva lasciato troppi interrogativi appesi che meritavano di essere approfonditi. Chi ha ucciso Bunny Folger (Jayne Houdyshell), ovviamente, è il primo dei tanti dilemmi. Lo snodo principale da cui è partita la seconda stagione, infatti, si concentra sul cliffhanger del finale di stagione. Ed è anche il fulcro della terza puntata rilasciata sulla piattaforma martedì 5 luglio. Una puntata coraggiosa che ha tre finalità dichiarate: mostrare un lato umano di Bunny, dissolvere qualche dubbio e seminarne di nuovi. Una puntata malinconica, ricca di battute sarcastiche, gag, gaffe e meta-umorismo. Eppure è tanto, troppo rapida. Come una limonata ghiacciata di cui ci viene concesso solo un sorsetto. Anche con il secondo capitolo, la mystery-comedy di Steve Martin e John Hoffman non delude. Nulla è forzato e la narrazione continua ad appassionarci con spunti narrativi originali, seppure ricalcati sulla partitura della prima stagione. Eppure, a nostro avviso, il rilascio settimanale non è la soluzione più efficace per godere a pieno della vicenda. Se la cadenza di un episodio a settimana, nella maggioranza dei casi, è funzionale ad accresce la tensione, ci offre molto più tempo per conoscere la serie e i personaggi, di innamorarcene e condividerla con gli altri, nel caso specifico di Only Murders in the Building questa soluzione rischia di affievolire la suspense. Soprattutto quando di mezzo ci sono parentesi più riflessive come la terza puntata appena rilasciata su Disney+.
La terza è una puntata da contesto.
Tra una battuta di spirito e un dilemma esistenziale, tra un omicidio e un indizio, una puntata più pacata non guasta mai. È giusto e sensato concedere una pausa riflessiva dal brio delle prime due puntate. Nonché un approfondimento dovuto su un personaggio che abbiamo imparato a conoscere (e odiare) attraverso lo sguardo dei protagonisti. Che diciamolo, non erano proprio dei grandi sostenitori di Bunny. Specialmente ora che potrebbe essere la sorellastra di Charles-Haden Savage (Steve Martin). Specialmente ora che sappiamo dello scambio di saliva avvenuto tra i due in un momento di debolezza. Guardare la storia dal punto vista dei personaggi secondari è un privilegio che poche serie ci regalano. Quella che è stata l’antagonista della prima stagione – che poi tanto cattiva non era – si era trasformata nella vittima della seconda. Poi, freschi della sua morte, scopriamo basiti che aveva anche un cuore. La terza puntata, intitolata The Last Day of Bunny Folger, è senza dubbio uno splendido focus, e non su un personaggio qualsiasi. L’attenzione è rivolta alla vittima dell’omicidio di cui l’ormai inseparabile trio è il principale sospettato.
Però c’è un però.
Se dovessimo trovare il pelo nell’uovo in questa comedy newyorkese dal ritmo un po’ swing, a tratti sofisticata, a tratti triviale, è la scelta di Disney+ di distribuirla a cadenza settimanale. Only Murders in the Building è una miniserie con poche puntate dalla durata di circa mezzora che andrebbero gustate come ciliegie: una dopo l’altra. Siamo certi, infatti, che le nuove dieci puntate viste in un sol boccone (a patto che si sopravviva agli spoiler) rendano l’esperienza più omogenea e gustosa. Il terzo appuntamento, come al solito, è intrigante, ricco di colpi di scena e denso di spiegazioni di cui avevamo davvero bisogno. È una pausa narrativa necessaria per creare il giusto contesto e per capire perché i tre non sono i responsabili della sua morte. Tuttavia l’episodio è davvero troppo breve e non contiene poi così tante rivelazioni da necessitare un’intera settimana per essere metabolizzate. L’accaduto non è sufficiente per farci arrivare carichi fino al prossimo martedì. Senza contare il cliffhanger finale che ci lascia, di nuovo, appesi con altri dubbi. Bunny conosceva il suo assassino, dunque! L’escamotage narrativo crea tensione, certo. Ma quando è abusato, e quando dobbiamo attendere troppo, rischia di infastidire. Tuttavia, con quel ritmo così seducente, l’alchimia tra i personaggi principali e il nuovo mistero, Only Murders in the Building riesce a tenerci sempre in pugno.
L’ultimo giorno di Bunny Folger.
In questo episodio scritto da Ben Smith e diretto da Jude Weng mettiamo in pausa Charles-Haden Savage (Steve Martin), Oliver Putnam (Martin Short) e Mabel Mora (Selena Gomez): l’amministratrice storica dell’Arconia è la protagonista indiscussa di questa parentesi. Ritorniamo quindi al suo ultimo giorno sulla Terra. Dopo una vita dedicata a prendersi cura del palazzo e dei suoi residenti, Bunny ha deciso di passare il testimone. Forse è stanca e vorrebbe andare a svernare dove fa meno freddo. La seconda stagione ha inaugurato una narrazione ancora più incalzante, soprattutto ora che conosciamo bene sia il trio, sia i residenti sui generis dell’Arconia. Il palazzo è diventato il nostro palazzo e dopo aver scoperto il passato di Mabel, non vediamo l’ora di scoprire quello di Charles. Di conseguenza, ci aspettiamo che un’ipotetica terza stagione ci racconti qualcosa in più sul passato dell’imbattibile Oliver. Ma torniamo a noi. Le prime due puntate hanno sollevato più dubbi di quel maledetto colpo di scena nel finale. Perché Bunny era nell’appartamento di Mabel? Perché proprio mentre il trio festeggiava il successo del loro primo caso risolto? E perché mai una donna così di classe indossava la felpa del podcast, di cui per altro era tutto fuorché una fan? E – ovviamente – perché è stata uccisa?
Finalmente molti dubbi vengono chiariti.
A quanto pare l’amministratrice era implicata con tutti i residenti. Nonostante la sua lealtà, dava fastidio a più di qualche inquilino. A cominciare da Nina Lin, colei che ha preso il suo posto. È stata Bunny stessa a suggerirla al consiglio e a decidere di andare in pensione. Ma proprio quell’ultima sera, durante la festa d’addio in suo onore, l’amministratrice uscente ha capito di non essere pronta a lasciar andare l’Arconia, che è davvero tutta la sua vita. Viviamo insieme a lei la sua giornata tipo e capiamo così che il benessere del palazzo è davvero il suo primo pensiero al mattino. La vediamo compiere perfino dei gesti altruisti, come la sostanziosa mancia lasciata al cameriere. Per un momento riusciamo a percepirla come un essere umano, e non come la s****o senza un’anima che abbiamo conosciuto nel primo capitolo. Infine, con un’offerta di pace e un ringraziamento sincero, Bunny si presenta alla porta di Mabel: è qui che il nostro cuore si spezza. Sul ciglio della porta, per la prima volta, l’anziana donna ci fa tenerezza. E cosa fa il trio? Le sbatte la porta in faccia. Accettano lo champagne della pace, le regalano la felpa psichedelica del podcast, la liquidano bruscamente e, per stare più tranquilli, decidono perfino di trasferire la festa in terrazzo. Il pianto dell’anziana signora ci distrugge. E pensare che la detestavamo così tanto! Poi Mabel era scesa a prendere un’altra bottiglia, come sappiamo, e trovò Bunny pugnalata al petto. Pochi minuti prima, infatti, qualcuno aveva bussato alla sua porta e una figura incappucciata l’aveva trascinata via.
Qualcuno che, a giudicare dalla sua reazione, la vittima conosceva.
Dunque, dalla terza puntata sappiamo che potrebbe esserci un primo sospettato plausibile. Prima di morire, infatti, Bunny e Nina Lin avevano avuto un confronto molto acceso a causa della decisione della prima di posticipare la sua uscita di scena. Il personaggio di Nina (Christine Ko) era stato introdotto nel secondo episodio della nuova stagione di Only Murders in the Building, dove appare velocemente come nuova amministratrice. Howard Morris (Michael Cyril Creighton) ce la presenta come una versione di Bunny più giovane e incinta, ma altrettanto spietata, puntigliosa e rompi scatole. Adesso scopriamo che non le ha rubato il posto. Anzi, era la pupilla di Bunny, con la quale condivideva la stessa passione per l’Arconia. Eppure tra le due c’è frizione: la più anziana vorrebbe mantenere lo status quo mentre la più giovane vorrebbe proiettare il palazzo nel presente. Questa potrebbe essere una motivazione sufficiente a voler uccidere una persona? Sicuramente non basta. Non sarebbe il primo depistaggio. Anche l’affermazione del pappagallo che chiudeva la seconda puntata si è rivelata un buco nell’acqua.
Necessario, denso e malinconico, ma troppo rapido!
Questa terza puntata, dunque, ci offre uno scorcio privilegiato su Bunny attraverso una serie di flashback malinconici e necessari, ma troppo veloci per un unico appuntamento settimanale. Un episodio coraggioso, che ribalta la nostra percezione di un personaggio marginale e ci porta a un livello più profondo di coinvolgimento emotivo. Il mystery interpretato e prodotto da Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez – un trio improbabile, di cui ormai non possiamo fare più a meno – non delude. Continua con un ritmo sostenuto e irresistibile; un intreccio ben orchestrato e quel colpo di scena capace di generare sia suspense che ironia (pensiamo al maledetto pappagallo che non ha fatto altro che ripetere la battuta di un film in bianco e nero). Però la formula del lento rilascio settimanale è troppo debole per un prodotto che andrebbe gustato come uno short di ingredienti impensabili, ma che stranamente insieme funzionano.
Chi ha ucciso Bunny? Nina Lin? Sappiamo che la morte dell’anziana amministratrice è legata ai segreti dell’Arconia e al dipinto di Rose Cooper, con cui Nina (apparentemente) non ha alcun legame. La giovane amministratrice, quindi, potrebbe essere l’ennesima falsa pista. Ma ammettiamolo: i depistaggi di Only Murders in the Building sono il suo punto forte! Almeno ora sappiamo che il trio non c’entra. Ad ogni modo, per sapere di più, non ci resta che aspettare la quarta delle dieci puntate che verrà rilasciata su Disney+ martedì 12 luglio.