Se c’è una cosa che Only Murders in the Building ha messo in chiaro fin da subito è la sua straordinaria capacità di rivolgersi indirettamente al pubblico.
E di divertirsi un mondo nel farlo. La serie tv (disponibile sul catalogo Disney+ qui), nata forse un po’ per gioco, unisce in sé due generi amatissimi come la comedy e il crime. Ciò che ne viene fuori è un cocktail frizzante che ricorda un po’ le vibes di Jesica Fletcher ma in chiave assolutamente moderna. Proprio questa capacità di parlare allo spettatore di ieri e di oggi ha permesso a Only Murders in the Building di farsi strada in un panorama televisivo ormai sempre più saturo. Scalciando e strillando nel catalogo Disney+ la comedy con Selena Gomez, Steve Martin e Martin Short non solo ha conquistato il cuore di moltissimi fan ma ha attirato l’attenzione della critica aggiudicando diverse nomination a Golden Globes ed Emmy.
Un successo sempre più travolgente e confermato in via “ufficiale” dalle candidature pompose dei premi più importanti della televisione. Arrivata alla sua quarta stagione Only Murders in the Building continua a non perdere il ritmo trovando la maniera per reinventarsi e cambiare le regole del suo stesso gioco. Rinnovata per una quinta stagione, la serie tv è ormai nota per rompere la quarta parete e parlare con il pubblico in modo sottile e talvolta diretto.
La creatura di Steve Martin e John Hoffman prende avvio da tre individui assolutamente diversi l’uno dall’altro e accomunati solo ed esclusivamente dalla passione per i podcast true crime. Si e anche dal fatto che abitano nello stesso palazzo d’epoca. Quando un omicidio sconvolge la tranquilla (e monotona) routine delle loro vite, i tre si ritroveranno detective in erba. Da questa semplicissima e apparentemente banale premesse prende avvio il resto della storia della serie. Ma è l’approccio nel raccontare tale semplice e banale premessa a rendere Only Murders in the Building così speciale.
I personaggi di Only Murders in the Building spesso si riferiscono agli eventi della trama strizzando ripetutamente l’occhio al pubblico e coinvolgendolo nell’indagine, quasi come se ci trovassimo lì con loro.
L’Agatha Christie che vive in ognuno di noi si sente improvvisamente chiamata in causa, pronta a calarsi nei panni della o del detective di turno per risolvere brillantemente il caso. Attraverso quindi una miscela di commedia e mistero, con un pizzico di autoironia e riflessioni sui media, la serie tv ha trovato un strada innovativa e mai percorsa prima. Una strada che, come abbiamo già accennato, ricorda molto da vicino lo stile certe serie tv vintage come La signora in giallo o Poirot ma calato in un contesto totalmente contemporaneo.
D’altronde il gap generazione tra i tre protagonisti è un altro dei grandi leitmotiv dello show, nonché fonte inesauribile di battute e luoghi comuni. Contrariamente ad altre produzioni, però, dove il gap diventa fonte di ilarità becera, poco riuscita o addirittura di un conflitto senza fine, nel caso della detective story di Disney Plus viene trattato in maniera genuinamente divertente. Oltre a essere un modo furbesco per parlare a un pubblico ancora più vasto ed eterogeno.
L’Arte di Rompere la Quarta Parete
Podcast, teatro e televisione nella televisione. Ogni medium espressivo utilizzato nella trama, invita lo spettatore a risolvere il mistero insieme ai protagonisti. Quando si parla di “rompere la quarta parete significa” si intende infrangere la barriera invisibile che solitamente separa la finzione dalla realtà. In Only Murders in the Building, questa tecnica stilistica avviene in modo sottile ma costante. L’uso del podcast come motore della trama è il primo indizio: non si tratta solo di uno strumento narrativo, ma di un ponte tra i personaggi e il pubblico. Charles, Oliver e Mabel parlano tra di loro, lavorano al podcast fittizio ma, allo stesso tempo, si rivolgono velatamente anche al pubblico reale, coinvolgendolo nelle loro teorie e dilemmi.
In molte scene, i personaggi si riferiscono agli eventi della trama con una consapevolezza quasi ironica del loro essere parte di una storia più grande. Ci sono dialoghi che alludono alle “stagioni” creando un simpatico qui pro quo tra le stagioni del podcast della finzione e quelle reali del contenitore seriale. Non solo. Il vero colpo di genio della serie sta nell’intreccio tra il podcast che i personaggi creano all’interno della storia e la struttura stessa dello show. Gli episodi seguono spesso il formato di un podcast true crime, con colpi di scena, rivelazioni e cliffhanger che mantengono alta la suspense. Anche a livello formale, le puntate della serie tv seguono la struttura delle puntate del podcast e viceversa.
La Meta-Narrazione come specchio sulla cultura moderna
La narrazione è uno dei più antichi mezzi di comunicazione umana, una forma di espressione che ci consente di esplorare mondi immaginari, vivere esperienze altrui e comprendere meglio noi stessi. Ma cosa succede quando la narrazione smette di essere solo un mezzo per raccontare una storia e diventa un oggetto di riflessione. La metanarrazione è proprio, dunque, una narrazione che riflette su se stessa, che porta alla luce i meccanismi della propria creazione o si interroga sulla propria natura. In altre parole, una storia che “sa” di essere una storia. Piuttosto che seguire passivamente una trama lineare, la metanarrazione invita il pubblico a riflettere sui processi narrativi, rendendolo consapevole delle strutture, delle convenzioni e delle aspettative che regolano la creazione di una storia.
Nel mondo delle serie tv contemporanee un esempio brillante di metanarrazione è Fleabag, creata da Phoebe Waller-Bridge e che dovete assolutamente guardare. La protagonista rompe costantemente la quarta parete, confidandosi con lo spettatore, creando un rapporto intimo che non solo arricchisce la storia, ma ne diventa un elemento essenziale. La narrazione non è più solo lineare, ma è anche una riflessione su come la storia viene raccontata e percepita.
Seppur con modalità diverse, Only Murders in the Building compie un procedimento simile.
Forte dell’elemento comico, usa la meta-narrazione per riflettere su questioni più ampie, come l’isolamento nella società contemporanea e l’importanza delle connessioni umane. I tre protagonisti, tutti solitari e in cerca di riscatto, trovano nel loro improbabile sodalizio un senso di appartenenza e scopo. E così come loro si connettono attraverso il podcast, anche il pubblico si sente connesso a loro, in un cerchio narrativo che rompe i confini tra finzione e realtà. Con il passare delle stagioni, Only Murders in the Building ha continuato a giocare con la struttura narrativa, cercando nuovi escamotage e metodi espressivi. Nella terza stagione si approda al teatro con un morto (reale) su un palcoscenico (finto). Nella quarta (qui la nostra recensione del primo episodio), i nostri protagonisti sono diventati a loro volta personaggi di un film.
Vero e finto, realtà e serialità si ingarbugliano tra loro precipitando in una tan più profonda del Bianconiglio. Ma l’ironia rimane sempre la chiave di lettura suprema. Evidente nei momenti in cui i personaggi riflettono sui propri fallimenti o sui cliché dei racconti polizieschi, come se fossero consapevoli di essere intrappolati in un mondo di fiction. Nonostante ciò, la serie riesce a bilanciare perfettamente questi momenti di leggerezza con la tensione e il mistero che caratterizzano la trama principale. Gli spettatori sono trascinati in un continuo gioco di specchi, dove la realtà della narrazione e la finzione televisiva si mescolano, senza mai far perdere di vista il cuore emotivo della storia.
Il nuovo modo di fare tv di Only Murders in the Building
Only Murders in the Building rappresenta una nuova forma di storytelling, in cui lo spettatore non è più un semplice consumatore passivo. La serie lo invita attivamente a partecipare, a formulare teorie, a indagare insieme ai protagonisti. Questa forma di interattività, pur essendo più psicologica che fisica, crea un’esperienza di visione coinvolgente e appagante. Il pubblico è trattato come un personaggio in più, coinvolto nel mistero tanto quanto Charles, Oliver e Mabel.
Ogni stagione è costruita come un puzzle, con pezzi che vengono lentamente rivelati, e gli spettatori incoraggiati a “giocare” insieme ai protagonisti. È come se la serie dicesse: “Siete anche voi detective, risolvete questa partita di Cluedo con noi”. E, proprio come nel famoso gioco da tavolo, anche in Only Murders cambiano scenario, arma del delitto e colpevole mescolando le carte in tavola e giocando con le nostre aspettative.