ATTENZIONE: proseguendo nella lettura rischiate di imbattervi in spoiler su Lioness 2
Come avrete intuito dal titolo di questa recensione, nella quarta puntata di questa seconda stagione compaiono due nuovi personaggi. In realtà solo uno è sconosciuto perché l’altra è già nel nostro cuore.
Se foste di quelle persone attente ai dettagli avreste sicuramente notato la presenza nei titoli di testa del nome di Laysla De Oliveira, l’attrice canadese che in Lioness 1 vestiva i panni della Marine Cruz Manuelos, la prima delle lioness. A lei in questa stagione verrà affidato un compito di livello superiore.
Su IMBD l’interprete viene accreditata con 12 episodi: dieci della prima, due della seconda. La sua presenza nei titoli di testa di Lioness 2 e nel database online ci avevano fatto ben sperare. Perché di lei ne sentivamo ancora il bisogno, dopo averla vista soffrire nella sua missione. E Taylor Sheridan ci ha accontentati. Del resto era impensabile che questo meraviglioso personaggio fosse stato messo da parte e liquidato con un grazie e addio.
Un piacevole ritorno in Lioness 2
Che Cruz tornasse, perciò, non era una sorpresa. Con stupore, invece, diamo il benvenuto all’agente speciale Gutierrez, appartenente alla DEA (Drug Enforcement Administration), l’agenzia investigativa federale che si occupa della lotta al narcotraffico. L’agente federale Gutierrez è interpretato da Kirk Acevedo, già apprezzato in Band of Brothers, Oz, Fringe, Arrow e 12 Monkeys. L’uomo è incaricato di seguire Joe (Zoe Saldana) per proteggerla, a suo dire. In un acceso scontro verbale, sotto la minaccia di un’arma puntata da Kyle (Thad Luckinbill) Gutierrez accusa l’agente della CIA senior di aver scatenato un putiferio al confine col Messico e di non poter pretendere di lavorare senza che la DEA ne sia al corrente. Nel vivace scambio di simpatici convenevoli e reciproche accuse di dilettantismo Joe scopre, allora, che non c’è solo lei a lavorare sul caso.
Gli oscuri incontri
La scoperta è confermata anche dalla sua responsabile, Kaytlin (Nicole Kidman), e dal vice capo della CIA, Byron (Michael Kelly). Quest’ultimo fa un breve riassunto della situazione: che le agenzie federali operano come l’esercito. Con la differenza che invece di ricevere medaglie e promozioni ottengono un aumento del budget federale. Alla festa, dunque, sono tutti invitati. I tre si incontrano in un locale di Washington DC nel quale i cellulari non sono ammessi e vengono trattenuti all’ingresso (un dettaglio molto, molto intrigante). Ma prima di questo incontro ne hanno uno precedente, all’inizio della puntata, che riassume un po’ il finale della terza.
Nella precedente puntata di Lioness 2, infatti, Joe e la sua squadra, insieme al pubblico, scopre che Josephina Carrillo (Genesis Rodriguez) ha mentito: sa parlare spagnolo e conosce lo zio, boss di un cartello messicano della droga.
Il fatto che la ragazza abbia mentito non piace minimamente a Byron che accusa Joe di esserci andata giù troppo pesantemente in fase di reclutamento. I due, sotto lo sguardo vigile di Kaytlin che funge da arbitro e distribuisce cartellini gialli, hanno un vivace scambio di opinioni al termine del quale Joe è costretta ad abbozzare, abbassare la cresta e rientrare alla base.
La difficile realtà
In questa quarta puntata di Lioness 2 ritroviamo alcuni elementi del racconto che hanno un po’ la funzione di collante tra le varie puntate e tra i vari personaggi. Se conoscete un po’ Taylor Sheridan, il suo modo di scrivere i dialoghi, la maniera con la quale tratta lo spazio e il tempo, vi renderete conto di certi dettagli narrativi davvero, davvero interessanti. La cui presenza vi darà l’impressione di essere tra amici e vi farà sentire avvolti come da una calda coperta. Facciamo un esempio su tutti: la scena che vede protagonista Neal, marito di Joe, interpretato da Dave Annable.
Neal è un chirurgo oncologico. Pediatrico. È in sala operatoria e sta estraendo un polmone. Qualcosa, però, non va per il verso giusto. Le immagini radiologiche dicevano che il tumore era sparito ma all’atto pratico non è così. Il collega che lo affianca nell’intervento è preoccupato e lo dimostra accusando Neal di un qualcosa del quale il marito di Joe non ha colpa. La tensione sale, la paziente ha una crisi dalla quale non si può riprendere. Neal abbandona il campo. Fuori dalla sala operatoria, nel corridoio antistante, di fronte al lavandino in acciaio i due chirurghi proseguono la loro discussione finché il marito di Joe non manda a quel paese il collega e se ne va.
Andandosene, sotto il cuscino di una barella, Neal vede una busta a lui indirizzata. Non c’è che il suo nome scritto a mano, sopra. La prende, la guarda e poi si allontana, senza aprirla. Ha un compito da svolgere. Un terribile compito: quello di annunciare ai genitori il decesso del loro figlio.
Nella sala d’attesa, mentre una musica struggente ci permette di entrare in empatia con la madre stravolta dalla notizia vediamo Neal di spalle. Indossa la tenuta da chirurgo, quella verde, classica. Nella tasca del pantalone sbuca la busta bianca. Il contrasto tra il colore della busta e la divisa del chirurgo è forte, impattante. Come impattante è la scena, nel suo complesso.
Quante domande in Lioness 2
Cruda, senza fronzoli, non particolarmente adrenalinica ma dolorosa, capace di evocare la fragilità dell’essere umano. Sia quello sul tavolo operatorio che quello in piedi, accanto a lui. Lo spettatore ne rimane sconvolto, ne intuisce a livello inconscio la portata ma difficilmente riesce a razionalizzare. Tanto che la busta, che pure deve avere un significato, passa in secondo piano. Che c’entra questa scena? Perché scriverla? Perché girarla? Oltretutto non c’è un filo logico col prima e col dopo dell’episodio e Neal non comparirà più. Dunque, che cosa significa?
Nella mente dello spettatore risuonano le parole di Byron, pronunciate qualche inquadratura prima: quelli del cartello se la prenderanno con la tua famiglia, Joe. Tant’è che mentre guardiamo la scena di Neal ci aspettiamo da un momento all’altro che sbuchino fuori dei sicari a ucciderlo. Invece niente.
Taylor Sheridan ci lascia senza risposte. Stimola il nostro essere, le nostre emozioni, la nostra curiosità ma non si prende la briga di darci spiegazioni. Ecco, questa è una di quelle caratteristiche tipiche del cowboy della sceneggiatura. Quella, cioè, di disseminare lungo una storia che potrebbe tranquillamente correre spedita una serie di dettagli all’apparenza inutili ma che però impreziosiscono il lavoro.
Dateci la quinta puntata. Subito!
La presenza di Neal in questa quarta puntata di Lioness 2 ci ricorda che il mondo è in continuo movimento e che attorno a noi altre persone vivono la loro vita. Tempo e spazio dedicato a quello che, a prima vista, potrebbe essere un contorno ma che in realtà è uno dei capisaldi della narrazione: la famiglia di Joe. Quelle persone alle quali lei ha votato la sua vita, che col suo lavoro, giornalmente, lotta dopo lotta, si è impegnata a difendere e proteggere.
Possiamo dirlo che è tanta roba?
Scena, per altro, che fa il paio con il finale di puntata. Quando la squadra si prepara per partire in missione, quando finalmente lo spettatore pregusta qualcosa di epico, ecco che ci si trova di fronte a un enorme capannone pieno di vite umane. Gli agenti e Joe erano pronti a tutto, armati fino ai denti. Ma non a quello che vedono. Rimangono spiazzati come lo rimangono gli spettatori, di nuovo con quelle domande che si formulano nella mente, che cercano una spiegazione, e l’espressione in volto che dice, palesemente: WTF?!
Lioness 2 continua a regalarci forti emozioni. Il conto alla rovescia per la prossima, quinta puntata è già partito!