ATTENZIONE: proseguendo nella lettura rischiate di imbattervi in spoiler su Lioness 2.
Finalmente! Dopo una breve interruzione Lioness 2 torna a illuminarci d’immenso la domenica. E lo fa alla grande, come sempre. Ma così alla grande che prima di metterci al computer per scrivere la nostra recensione abbiamo sentito il bisogno stringente di riguardarla un’altra volta, questa quinta puntata. Roba che non era mai capitata prima, nella nostra carriera.
Eravamo rimasti qui, alla quarta. Avevamo ritrovato Cruz (Laysla De Oliveira), recuperata da Joe (Zoe Saldana) per tenere d’occhio Josephina (Genesis Rodriguez). Riprendiamo praticamente dall’ultima scena, con la squadra che si allontana in elicottero alla volta di Fort Bliss, la base operativa. E da qui ripartiamo, tutti quanti insieme. Non proprio con l’umore di una gita fuori porta. Anzi.
L’operazione su imbeccata della DEA, non è andata come previsto e durante il debriefing cominciano a volare gli stracci. Joe è di pessimo umore e se la prende con tutti. A cominciare da due poveri soldati che sono lì per portare il vettovagliamento. Lì minaccia, senza troppi giri di parole, mentre li fotografa con il cellulare. Dopodiché il bersaglio della sua ira diventa l’agente della DEA Gutierrez (Kirk Acevedo) colpevole di aver fornito informazioni sbagliate sui capannoni assaltati. Kyle (Thad Luckinbill) cerca di tranquillizzarla ma la cosa non è proprio semplice. Joe e Kyle si appartano perché i panni sporchi, si sa, vanno lavati in famiglia. I due hanno un confronto piuttosto diretto. Il primo di una lunga serie che caratterizza questa intensa ed energica puntata.
Lioness 2 ci riempie di emozionanti contraddittori
In questo quinto episodio di Lioness 2, infatti, è continuo il dialogo tra le parti. Un elemento caratteristico della narrazione di Taylor Sheridan ma che questa volta raggiunge vette davvero, davvero elevate arricchendo ancora di più, se possibile, tutta la storia. Sì perché il cowboy dalla penna d’oro mette i suoi personaggi, praticamente tutti, uno di fronte all’altro obbligandoli a parlarsi, anche duramente, per il bene superiore: la missione.
Nessuno di loro, infatti, perde di vista l’obiettivo da raggiungere ma ognuno ha qualcosa da dire, finalmente. Svestono i panni dei guerrieri robot sempre pronti a eseguire gli ordini per indossare quelli, non necessariamente più comodi, anzi, degli esseri umani, con relativi dubbi e incertezze. Per altro, questo cambio non è sempre piacevole, soprattutto quando si fa parte di una catena di comando, come capita a Joe che si trova tra l’incudine, la sua squadra, e il martello, Kaytlin e Byron (Nicole Kidman e Michael Kelly). Da sotto la Lioness deve gestire il malumore. Da sopra, invece, incassare i colpi di chi vuole risultati. Tutto questo martellare fa esplodere scintille pronte a trasformarsi in incendi. E da un momento all’altro lo spettatore ha l’impressione che tutto stia per crollare in pezzi.
Scoppiettante come un fuoco
Taylor Sheridan, da bravo vigile del fuoco (vedere Quelli che mi vogliono morto, per credere), riesce perfettamente a gestire i piccoli focolai che sembrano scoppiare tra le mani dei suoi protagonisti. Sa quando alimentarli e quando raffreddarli. Dosa in maniera esatta il combustibile e il comburente innescandone altri quando gli occorre. Nelle mani di questo immenso demiurgo, il coinvolgimento nella storia dei suoi personaggi cresce e diminuisce continuamente seguendo un flusso costante, mai interrotto.
Osservando da fuori lo spettatore ha l’impressione che, a un certo punto, tutto stia per esplodere. Ne è certo, non può che andare così. All’improvviso, però, lo sceneggiatore tira fuori dal cilindro una o più soluzioni che mitigano la potenza messa in moto in precedenza. Senza risultare privo di logica o paradossale. È tutto lineare, senza scossoni. Non ci sono momenti in cui, da fuori, si possa dire: no, mi spiace, qui ha esagerato. No. Lioness 2, ancora più della prima stagione, funziona come un orologio svizzero.
La meccanica di precisione
Due delle componenti di questo ingranaggio quasi perfetto (la perfezione non esiste…) sono certamente Cruz e Josephina. Le due Lioness hanno un primo confronto subito dopo il rientro dalla missione DEA.
Ma torniamo al primo. È la prima volta che le due hanno un momento da sole, senza Joe di mezzo. E per questo si concedono la possibilità di tirar fuori alcune emozioni. Le inquadratura di Stephen Kay mettono in risalto i volti delle due attrici. I primi piani evidenziano la sofferenza che deriva dall‘eterna battaglia tra il dovere e la propria morale. Josephina sfoga la sua frustrazione, il suo dolore e la sua rabbia. Mette al corrente l’ex marine della sua missione. Non la vuole impressione e nemmeno cerca di ottenere della compassione. Mentre piange, l’ex capitano pone un interrogativo al quale Cruz risponde, in maniera impietosa.
A questo punto succede qualcosa. Una svolta clamorosa che ha dei rimandi, poi, nelle scene successive. Cruz scende dal tavolo dov’era seduta e si accomoda sulla panca dove si trova Josephina. Si mette sul suo stesso livello, anche fisicamente. Se prima le due si guardavano da altezze diverse adesso questo gap è colmato. Da una posizione paritaria Cruz si apre, può parlare di sé. La mano sinistra dell’attrice massaggia il suo avambraccio destro. Allontana lo sguardo per un momento ma poi sembra obbligarsi a tornare su Josephina. Spiegandole la sua filosofia di vita. Una filosofia semplice quanto spietata. Capace di coinvolgerci tutti.
La dura realtà
Il secondo confronto le due Lioness ce l’hanno in auto, prima di imboccare il vialetto che porta a casa Carrillo. Josephina ha un attacco di panico. Cruz cerca di tranquillizzarla. Una volta. Due volte. Poi l’afferra per un braccio obbligandola a guardarla e, duramente, le dice di riprendersi altrimenti si faranno ammazzare entrambe. Josephina sembra riuscire a nascondere la paura che l’attanaglia. Si asciuga le lacrime, si nasconde. Così tanto che di fronte alla porta di casa sua suona il campanello.
Non sa più chi sia. Non sa più chi debba essere. Josephina è in totale dissociazione e non sembra essere in grado di portare avanti la missione. Cruz è alle sue spalle, la rimprovera a mezza voce. La porta si apre e la madre di Josephina le chiede perché abbia suonato. Quello che ho detto io, si sente di sottofondo da parte di Cruz.
Chiunque è coinvolto
Dettagli. Grandiosi. Intanto perché ci danno ulteriori informazioni sui personaggi. Josephina non è Cruz che ormai è una veterana pur avendo una sola missione alle spalle. Poi perché ci descrive in maniera verosimile le difficoltà di chi opera sotto copertura rendendo i personaggi molto vicini allo spettatore e lontani anni luce dai supereroi che normalmente siamo abituati a vedere nelle serie del genere.
Di finezze di questo genere Lioness 2 ne è piena. Il dialogo che c’è tra Kaytlin (in compagnia del marito) e la senatrice Albright (Robyn Lively) è eccezionale. Anche in questo caso c’è una differenza di altezze. La senatrice, infatti, è in piedi mentre la responsabile del progetto Lioness seduta. Le due si accusano a vicenda, in maniera velata, con quel tipico dico e non dico degli ambienti della Washington bene. Sembra un niente di che, una scaramuccia per allungare il brodo, un paio di frizzanti battute condite al vetriolo. In realtà nasconde minacce pesanti, ben mirate, che riguardano, alla fine, i soldi, il budget di un paese. Tanto che il marito di Kaytlin (Martin Donovan), una volta sparita di scena la senatrice interviene sottolineando quanto importante sia la Cina, a livello economico, per gli Stati Uniti.
Lioness 2 continua a piacerci
Di questa quinta puntata di Lioness 2 ci sarebbero da dire ancora tante, tantissime cose. A cominciare da Joe che continua a perdere pezzi rendendosene conto perfettamente e cercando, piano piano, di rimediare. Per proseguire con Cruz che, oltre quanto già detto, si sta trasformando. Una trasformazione che non passa inosservata sia allo spettatore, sia a Joe che ne decanta le lodi niente meno che a Kaytlin.
Senza dimenticare la squadra operativa che brontola come una pentola di fagioli ma che di fronte all’opportunità di esternare le proprie perplessità al vice direttore della CIA preferisce ammutolire e inghiottire l’ennesimo rospo.
E delle opinioni di Pablo Carrillo (Demián Castro), il padre di Josephina, ne vogliamo parlare? Ci bastano pochi istanti per capire che le due Lioness sono finite nella tana di un feroce predatore, che ha una visione del mondo violenta e retrograda e che non approva le scelte fatte dalla figlia.
Insomma, quanti confronti! Potremmo andare avanti ad analizzare ogni scena, ogni ripresa. Ogni dialogo, ogni parola. Ma non lo faremo. Per due motivi. Il primo è che non vogliamo togliervi il piacere di guardare Lioness 2. Il secondo perché a furia di parlarne ci è tornata voglia di guardare questo ultimo episodio ancora una volta!