ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste incappare in spoiler su Lioness 2.
Manca una puntata al finale di questa seconda stagione e Taylor Sheridan ce lo fa notare decidendo di prendersi una pausa dall’azione per dedicare tutta questa settima puntata su una dicotomia piuttosto estrema. Da una parte i mostri e dall’altra i sogni. Chi sia a parlarne, nell’episodio, non ve lo diremo perché come sempre non vogliamo togliervi il piacere di scoprirlo. Vi diremo invece che il cowboy dalla penna d’oro ci regala una puntata ricca di spunti di riflessione. Fin dalla prima scena. Perché in Lioness 2 non un secondo viene sprecato!
Lioness 2 non è soltanto una serie d’azione
Eravamo rimasti qui. Una puntata che ci aveva lasciato col fiato sospeso per via del ferimento di Joe e della sua evacuazione verso l’ospedale dopo una drammatica telefonata al marito, un attimo prima di perdere conoscenza. Una puntata che ci aveva anche fatto comprendere come la squadra di Joe fosse in grado di operare per conto proprio senza il bisogno della costante supervisione della loro Lioness. E da qui riprendiamo. Con una premesse. Di quelle toste, da realpolitik.
Questo episodio di Lioness 2, infatti, si apre con un incontro del tutto inaspettato. Il Segretario di Stato Mullins (Morgan Freeman) rende visita al vicedirettore della CIA, Byron (Michael Kelly). Una visita fuori etichetta dato che il Segretario si presenta alla porta dell’abitazione privata del vicedirettore.
Il politico e la spia siedono uno di fronte all’altro, nel salottino di quest’ultimo. La sensazione che lo spettatore prova è che Byron sia di fronte al suo licenziamento. Il politico, infatti, sottolinea come la missione, finora, sia un disastro completo. Ma il Segretario, in realtà , è lì per confermare che le cose devono andare avanti possibilmente con una piega più diretta e incisiva.
Dalla televisione alla carta stampata, ce n’è per tutti
La scena, che dura la bellezza di quasi nove minuti è una lezione di politica contemporanea davvero, davvero interessante. Il Segretario, infatti, parte da un presupposto: che gli americani siano sempre stati ingenui ma che non siano stupidi. L’uomo politico disserta sulla ragione di stato. E sullo stato della ragione. Un gioco di parole che ha, però, una valenza certamente universale, almeno nell’universo creato da Sheridan. Cioè, su quello che va fatto e sul come vada fatto.
I tempi, ci fa capire il personaggio di Morgan Freeman che non perde mai il sorriso, sono difficili. Più difficili ancora dell’11 settembre poiché manca una leadership capace di guidare il paese in quella che sta diventando una battaglia difficile da gestire. Gli Stati Uniti di Lioness 2 hanno in confini fragili perché i Cartelli della droga, non seguendo le regole che uno Stato, invece, è costretto a seguire, li rendono tali. Così, deve intervenire qualcuno affinché che faccia capire ai giocatori in campo che con gli Stati Uniti non si scherza. Quel qualcuno, ovviamente, è la squadra di Byron. Il quale riceve carta bianca: nessuna autorità politica interverrà finché il lavoro non sarà portato a termine.
Dunque: da una parte abbiamo i mostri (che si preparano a compiere azioni segrete e violente. E dall’altra un sogno: ristabilire la grandezza di un paese chiaramente in declino.
Nell’imperfetta perfezione le crepe cominciano a vedersi
Nei minuti successivi ritroviamo Joe nel suo letto di ospedale. Al suo fianco c’è il marito, Neal (Dave Annable). Joe ha subito un grave intervento per ricucire un’arteria dalle parti del fegato e deve stare a riposo. Ovviamente l’idea non le va per niente a genio. Lei e il marito hanno un confronto che parte dalla telefonata, quella effettuata nella puntata precedente, quando Joe era convinta che non avrebbe più rivisto il compagno e le figlie. Joe ammette che chiamarlo sia stata una crudeltà ma che ne aveva l’occasione e doveva sfruttarla. Neal, in tutta risposta, confessa di aver scoperto che non sarà in grado di sopravvivere alla morte di Joe e questa confessione innesca una discussione piuttosto angosciante.
Abbiamo già visto Joe dire che il suo lavoro viene prima di tutto. Ma non avevamo ancora mai visto Neal respingere questo diktat. L’uomo si rende conto di esser fragile e lo ammette, senza vergogna.
Anche in questa scena il tema del mostro e del sogno è chiaro, netto. Da una parte c’è il lavoro di Joe, il mostro, che non è solo un lavoro. La donna, infatti, non è quel classico personaggio stereotipato incapace di staccare dal suo lavoro. Ha dei dubbi che diventano sempre più grandi ogni giorno che passa. Ma ha fatto un giuramento e non può, e non vuole tirarsi indietro. Se questo giuramento inizialmente coinvolgeva anche il marito ora questi sembra volersi tirare indietro. Dall’altra parte c’è la famiglia, il sogno. Joe, infatti, si è resa conto che non è più in grado di gestire la sua situazione. Ma per uscirne, come dice lei, deve farlo a modo suo.
Lioness 2 è una raffica di sentimenti letale come un proiettile
E poi ci sono Cruz (Laysla De Oliveira) e Josephina (Genesis Rodriguez). Le due donne raggiungono la casa di Cruz e hanno due momenti di intenso confronto. Sempre interrotti.
Il primo, quello più importante, mentre bevono una birra ghiacciata, nel salotto, riflettendo sullo status della missione. Dal sequestro del padre di Josephina, infatti, le due Lioness non hanno avuto un attimo di privacy per confrontarsi. Lo fanno ora, finalmente.
È un contraddittorio che appare stanco, perché stanche sono le due donne. Da una parte c’è Cruz che racconta la sua storia. Dall’altra c’è Josephina che ascolta, sedute una di fronte all’altra. Poi l’ex pilota di Apache si sdraia, come fosse dall’analista. Dopo un sofferto sospiro descrive il rapporto con il padre: che non l’aveva mai picchiata e non aveva mai alzato con lei la voce.
Nella quinta puntata avevamo analizzato come le due Lioness si stessero avvicinando sistemando la loro prossemica. Qui Josephina torna a occupare un piano più in basso rispetto a Cruz. Ma è questione di pochi secondi. Perché le due, adesso, sono unite da qualcosa che va oltre la vergogna e la paura. Così, la più giovane delle due Lioness si rimette a sedere e si offre come cura.
Josephina e Cruz hanno tante cose in comune: un passato fatto di sofferenza, di guerra e di morte. Un passato dal quale non possono sfuggire, che le circonda e inquina inevitabilmente la loro vita. Un mostro, insomma. Oltre a questo, poi, ognuna porta con sé il proprio bagaglio, pesante come un macigno. Ma come dice Josephina: sarebbe bello provare qualcosa di diverso, dimenticandosi di tutto per un attimo. Cioè, un sogno, una fantasia.
Una puntata di tregua che ci lascia senza fiato
La cattiveria creativa di Taylor Sheridan è tale per cui quell’attimo lo interrompe facendo piombare in casa di Cruz l’intera squadra operativa (che subodora qualcosa). E quando le due donne avranno la possibilità di un momento di intimità per ritrovare quella speranza per un qualcosa di diverso verranno nuovamente interrotte da un irritante squillo di un cellulare.
Sheridan, da bravo burattinaio, ci fa assaporare qualcosa di bello in mezzo al brutto. E poi ce lo toglie. È lui, allora, il mostro? Colui che infrange i nostri sogni?
Forse, semplicemente, lo sceneggiatore ci avvisa che Lioness 2 non è una serie qualsiasi, di quelle che lasciano spazio ai personaggi. La vera protagonista della storia è la storia stessa. Una storia cruda, reale, forte, capace di travolgere e sacrificare i suoi stessi personaggi, se dovesse occorrere, spazzandoli via con un soffio. Come farebbe la vita reale.
In attesa dell’ottavo capitolo, la cui preparazione ci ha fatto venire l’acquolina in bocca, non ci resta che riflettere sugli spunti che lo sceneggiatore ci lascia. La puntata, infatti, ne è davvero ricca e, nonostante manchino sparatorie e inseguimenti, al termine dei cinquantasei minuti siamo comunque sazi e soddisfatti. Perché Lioness 2 non tradisce mai.