ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste incappare in spoiler su Lioness 2.
Da dove cominciamo? La voglia di parlare della seconda puntata di Lioness è tanta. Proviamo a fare un bel respiro per riordinare le idee. Un passo indietro per prendere le distanze. Chiudere gli occhi per concentrarsi e… Una bomba, ragazzi! Una vera bomba! Inutile girarci attorno: questa seconda puntata è tanta roba. Come lo era la prima, del resto. Come lo sarà la terza, non abbiamo alcun dubbio in merito.
Non ci stancheremo mai di ringraziare Taylor Sheridan per aver creato questo gioiello, davvero! Un perfetto mix tra azione, spionaggio e geopolitica. Senza dimenticare il lato psicologico dei personaggi, mai affrontato di petto, senza retorica, sempre con la giusta adeguatezza.
Così come mille ringraziamenti vanno agli attori, tutti, che rendono questi quarantacinque minuti straordinari. Le situazioni nelle quali vengono calati hanno il potere di far pensare lo spettatore. Alcune scene sembrano esagerate ma riflettendoci sopra un momento appare chiaro che non sia così. Che dietro ci sia il ragionamento di una mente brillante, quella di Sheridan, capace di sfruttare ogni secondo per raccontare una storia. Che di suo, alla fine, non è nemmeno particolarmente eccezionale.
Lioness 2 dice proprio tanto
Già. È proprio questo uno dei dettagli davvero sorprendenti di Lioness 2. Ancora più che nella prima stagione. È vero, siamo solo alla seconda puntata. Ma le carte in tavola sembrano già essere state tutte date e la trama generale già chiara a tutti. A differenza di tantissime altre serie del genere Lioness 2 non tenta di stupirci con i colpi di scena (tipo The Diplomat, per fare un esempio). Preferisce farlo attraverso scene di vita quotidiana, con dettagli che potrebbero sembrare inutili ma che in realtà arricchiscono la narrazione. Dando al tutto un’epicità grandiosa.
Facciamo un esempio. Quando Nicole Kidman (Kaitlyn Meade) telefona a Michael Kelly (Byron Westfield) per sottoporgli un piano d’azione concordato con Zoe Saldaña (Joe) il vice direttore della CIA è al campo da baseball. È l’allenatore, o qualcosa di simile, di una squadra di ragazzini. Non si trova mimetizzato tra il pubblico. È in campo, sì, ma non si sporca le mani. Gioca cioè nel privato lo stesso ruolo che ha nel pubblico (tra virgolette, essendo della CIA). Quando la telefonata finisce la scena non si conclude lì. Prosegue per una dozzina di secondi. Alle spalle dell’attore si vedono i giocatori correre fuori campo e un guantone cadere per terra. Si sente la voce di un adulto che chiede ai ragazzini cosa stiano facendo. Succede qualcosa, insomma, alla quale Mickael Kelly decide di intervenire correndo.
Si possono dare, come no, mille interpretazioni a questa scena. A nostro avviso, però, Taylor Sheridan (come sceneggiatore e regista anche di questa seconda puntata) vuole raccontarci con un’ interessante metafora la vita di uomini e donne che agiscono nell’ombra per proteggere gli altri senza, forse, riuscirci davvero.
Attrici eccezionali per scene straordinarie in Lioness 2
Ecco perché all’inizio di questa recensione dicevamo tanta roba. Tanta roba, poi, dal primo all’ultimo secondo. Non c’è un attimo di respiro. E non perché vi siano scene d’azione continue o particolarmente efficaci. Anzi, l’unica è persino banale. Ma ne parleremo dopo.
La seconda scena, per esempio, ha un dialogo eccezionale. Nicole Kidman è seduta di fronte al comandante del JSOC (Joint Special Operations Command), un organismo militare il cui compito è quello di organizzare l’élite delle forze speciali americane. Accanto al comandante (Jay Huguley) sono sedute altri due militari, dietro una scrivania, ciascuna con un fascicolo in mano. La situazione avrebbe potuto essere girata in un ufficio, in un corridoio. Invece Taylor Sheridan gira in una stanza, ampia, che ricorda quella di una scuola. E sistema i presenti come una commissione di professori di fronte a un’esaminanda scavando maggiormente il già profondo solco che divide militari e civili, tra chi segue le regole e chi le inventa.
Tra il comandante (un SEAL, quindi non proprio l’ultimo dei cretini) e l’agente segreto c’è una scambio di convenevoli su una tazza sulla quale è stampato il logo del JSOC. Nicole Kidman si trova perfettamente a suo agio tanto da permettersi di prendere in giro il suo dirimpettaio, il quale è immerso nelle scartoffie e non la guarda. Bussano. Entra Zoe Saldaña. Nicole Kidman le propone un caffè sottolineando che lo potrà bere in una tazza con il logo del JSOC. La sottoposta risponde con le stesse, identiche parole pronunciate un attimo prima dalla supervisore: che lusso. Il sorriso che Nicole Kidman rivolge al comandante mentre sottolinea la perfetta affinità con la collega è tutto un programma. Tanto da obbligare il militare a riportare l’attenzione sul motivo di quell’incontro con un’espressione piuttosto colorita.
Mentre il comandante sta perdendo la pazienza Nicole Kidman gli dà l’ultima stoccata. Ottiene l’ultima parola. E vince il duello senza fare prigionieri.
Una nuova lioness
Non vi riportiamo il dialogo, vi invitiamo ad ascoltarlo (e se possibile in lingua originale) perché ne vale davvero la pena. L’intesa tra le due attrici è palpabile, reale, concreta. E così è tutta questa seconda puntata di Lioness 2. Nella quale facciamo la conoscenza della nuova lioness, il capitano Josephina Carrillo, pilota di Apache (un micidiale elicottero da battaglia), interpretata da Génesis Rodríguez (Sloane Hargreeves alias Sparrow Number Five in The Umbrella Academy). La nuova lioness viene reclutata perché ha degli agganci parentali con il cartello messicano colpevole di aver rapito una deputata americana e ucciso la sua famiglia. Il suo ruolo è ben chiaro nella testa delle due agenti CIA più anziane. Così come è chiaro in quella della pilota di elicotteri: candidata a fare una brutta fine.
Il reclutamento avviene in Iraq dove la militare è di istanza. E anche qui, signore e signori, una scena epica. Chiuse dentro un ufficio, la pilota di elicotteri viene interrogata dall’agente segreto. Tutta la scena verte sull’amore verso la propria patria (“do you love your country?” da cui il titolo dell’episodio: I Love My Country), su cosa sia disposta a fare Josephina nei confronti del proprio paese.
Un dialogo crudo, recitato con un’energia e una passione travolgenti, impreziosito da riprese sporche, da vicino. Una scena nella quale i ruoli sono paradossalmente invertiti. Mentre Joe è retorica e parla di Patria Josephina è pragmatica. Quando una chiede teoria, l’altra risponde con pratica. Mentre una una sfianca l’altra vacilla. E in questa battaglia solo una è vincitrice mentre l’altra capitola, piangendo. Da pelle d’oca.
Restiamo concentrati
La scena del reclutamento è preceduta dall’unico episodio d’azione presente in Lioness 2. Dicevamo prima: banale. Almeno apparentemente perché anche in questo caso Taylor Sheridan riesce a stupirci.
Il convoglio che porta Joe alla base in Iraq, insieme alla sua squadra (sono tornati tutti!), è composto da due humvee che sfrecciano su una strada polverosa. L’agente CIA non è per niente soddisfatta. Protesta e se la prende con chi guida. Il gippone americano finisce in una buca o sopra una mina. Un attimo prima Joe aveva chiesto all’autista come riuscisse a guidare ed ecco che il viaggio termina sotto i colpi di un gruppo di ribelli che sparano. Gli americani rispondono al fuoco ma essendo in inferiorità numerica richiedono l’intervento degli elicotteri. Ne arriva uno, spara due missili, mitraglia un po’ ed è tutto finito. Si ritorna alla base.
Rispetto alla puntata precedente nella quale invece l’azione era adrenalinica questa battaglia risulta insignificante. Non ha mordente. Sembra messa lì per caso. È dozzinale. In alcuni momenti si ha l’impressione che il nemico non esista, spazzato via dalla potenza di fuoco dell’elicottero. Appunto, l’elicottero. Un dettaglio che sfugge ma che l’inconscio ha notato. Per forza. Quello è un Black Hawk. E non un Apache. Niente di strano, se non fosse che Josephina Carrillo pilota quest’ultimo e non il primo. Possibile che sia un errore? Possibile che la produzione non si sia potuta permettere un Apache? Noi non pensiamo. Crediamo invece che la scena sia volutamente meno interessante (e con questo “errore”) rispetto alla prima puntata perché Sheridan non voglia distrarre l’attenzione dello spettatore. Questa è una puntata tagliata sul dialogo e sulle relazioni umane. E non sulle battaglie. Il perché metterla, allora? Crediamo per non deludere certe aspettative. Come se l’autore ci dicesse: vi do il contentino ma sappiate che non è questo quello che voglio raccontare.
Aspettative confermate in Lioness 2
Che questa puntata voglia intraprendere una certa direzione, cioè quella relazionale, è chiaro fin da subito. La parte dedicata alla vita privata di Joe non è mai stata così importante, infatti. La donna, nella puntata precedente, è stata vista dal marito e dalla figlia più grande in televisione, in occasione del salvataggio della deputata. Sia uno che l’altra, con modi e termini diversi, reclamano spiegazioni. Spiegazioni che Joe non è obbligata a dare ma che è costretta a fare per via di quel dramma interiore che la macera dentro. E mentre il rapporto col marito sembra approfondirsi quello con la figlia sembra diventare ondivago. Del resto Joe lo dice alla figlia: ormai sei grande. Come a intendere che i ruoli, messi in discussione nella prima stagione durante l’incidente stradale (andatevi a vedere il dialogo tra madre e figlia!), siano ormai cambiati, maturati e meritino qualcosa di diverso.
Insomma, di questa puntata potremmo parlare ancora per pagine e pagine senza stancarci. Se dopo la fine della prima ci chiedevamo cosa Lioness 2 ci avrebbe regalato adesso ne abbiamo una vaga idea. Qualcosa di leggendario, a un pelo dal capolavoro. E in attesa della terza puntata, in onda il 10 novembre, facciamo subito un rewatch della prima e della seconda per continuare a goderci i tanti, preziosi, dettagli presenti in ogni singola scena.