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Operazione Speciale: Lioness è l’ennesimo gioiello di Sheridan che si schiude di fronte a noi

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ATTENZIONE: proseguendo nella lettura potreste imbattervi in spoiler su Operazione speciale: Lioness.

A oggi, le puntate di Operazione speciale: Lioness andate in onda sono solamente sei delle otto previste. Il rilascio dell’ultima è programmato per il tre settembre. Dopodiché il silenzio, il vuoto, il nulla. Con il rischio, grave, che migliaia di abbonati Paramount+ vadano in crisi di astinenza in attesa della seconda stagione, per altro non ancora confermata.
Chi vi scrive ci è già passato anni fa con Homeland. È stata dura ma ne siamo venuti fuori. Come? Con un rewatch immediato, per esempio. Di solito funziona. In questo caso, poi, grazie alla dose settimanale inflitta dal canale streaming potrebbe essere l’occasione per riguardare certe scene e riascoltare certi dialoghi (e certi accompagnamenti musicali davvero fantastici che rimandano addirittura all’Allegretto della Settima Sinfonia di Beethoven) assaporandone la bellezza senza quell’eccessiva quanto tipica tensione che attanaglia le viscere il giorno dell’uscita di un episodio.

La stiamo facendo un tantino esagerata? No. Assolutamente no. Signore e signori, senza alcun dubbio, siamo di fronte a qualcosa di veramente grande, eccezionale, fuori dal comune. La prima puntata di Operazione speciale: Lioness è uscita lo scorso 23 luglio nel bel mezzo della prima ondata di caldo torrido. Ed è stata come il tanto desiderato temporale che improvvisamente abbassa le temperatura e vi permette di passare una notte al fresco.
Chiariamo: niente di nuovo sotto il sole, per restare in tema estivo. Ci sono i buoni, ci sono i cattivi, le vie di mezzo. Ci sono gli attentati, le vittime sacrificali, le storie complesse e un po’ retoriche. I genitori che sono sempre fuori di casa, gli adolescenti che non ubbidiscono mai. I soliti ingredienti, insomma. Solo che sono trattati… da uno chef a cinque stelle quando sappiamo benissimo tutti quanti che il massimo è tre.
Continuiamo a esagerare? No. Taylor Sheridan, lo chef, ha di nuovo fatto centro, è riuscito ancora una volta a fare un grande lavoro. Da lui ci si aspettano standard elevati, ormai. Quasi come una condanna. E da Operazione speciale: Lioness non ci aspettava una virgola di meno perché ormai troppo bene abituati. Ma così? Così è veramente troppo. Perché è davvero riuscito a sorprenderci.

Zoe Saldana e Nicole Kidman 640×360

Le serie di spionaggio thriller sono davvero un genere infinito, presente nei cataloghi di tutte le piattaforme streaming. Quest’anno, per esempio, si è conclusa Jack Ryan, e sono uscite Citadel, FUBAR, The Recruit, The Diplomat, Rabbit Hole, The Night Agent, andando a memoria e in ordine sparso. Alcune carine, altre interessanti, altre una delusione. Com’è ovvio che sia. Ma Operazione speciale: Lioness è una spanna sopra tutte, e siamo solo alla quinta puntata. Qui siamo quasi ai livelli di Homeland, The Americans, 24 per citare i grossi calibri che ci hanno allietato negli anni passati. Qui tocchiamo vette davvero alte. E fin dalla prima puntata, in un continuo crescendo palpitante che ci fa desiderare di vedere l’agognata, successiva puntata prevista dopo sette giorni.
Esageriamo? No. Lo abbiamo già detto, sembra la solita minestra riscaldata. Ma non è così, c’è molto di più. E quel di più è tutto nella maniera con la quale Taylor Sheridan tratta i suoi personaggi prendendosi tutto il tempo per farlo. Il creatore di Yellowstone e i suoi spin off, da bravo chef stellato, sa benissimo che una minestra è pur sempre una minestra: gli ingredienti sono quelli. Per arrivare a creare qualcosa di eccezionale, che resti nella memoria dei telespettatori, occorre differenziarsi osando puntare tutto su quegli elementi che ben conosce, che sa manipolare per bene: i personaggi, in questo caso quelli femminili.
La storia di Operazione speciale: Lioness è il pretesto per tirar fuori non uno, non due ma ben tre personaggi femminili di qualità superiore. Pare sia esistito un programma segreto della CIA gestito soltanto da donne del quale si sa veramente poco e a questo sembrerebbe essersi ispirato Taylor Sheridan. Ma poi, il resto, è tutta farina del suo sacco. E che farina.

Del resto il cowboy della sceneggiatura ha cominciato a deliziarci nel 2015 con Sicario nel quale, anche lì, c’era un personaggio femminile davvero meraviglioso reso alla grande da Emily Blunt. E proprio da Sicario e Soldado, il seguito girato dal nostrano Stefano Sollima, sono prese le scene d’azione come quella in Texas per liberare un prigioniero. Un’azione che inizia male, con l’inganno, e finisce peggio, con una quantità di morti esagerata per una manovra che avrebbe dovuto restare segreta. Anche in questo caso, guardando per esempio le lunghe barbe degli agenti, i giubbotti antiproiettile, le armi automatiche d’assalto, i SUV neri blindati e ascoltando lo stridulo fischio delle gomme sull’asfalto e il crepitio dei proiettili contro le lamiere e i corpi, si ha la sensazione di déjà vu ma non importa perché quando le cose sono così succulente se ne vuole ancora, sempre di più.
Taylor Sheridan centellina le scene d’azione disseminandole nelle puntate con il contagocce. Lo fa affinché lo spettatore non si assuefaccia subito. In mezzo, dando risalto ad altri sapori, racconta una storia, quella di Cruz (Laysla De Oliveira); una vita, quella di Joe (Zoe Saldana, che torna alla televisione dopo la commovente From Scratch); un lavoro, quello di Kaitlyn (Nicole Kidman).
Le tre protagoniste vengono narrate attraverso tre esposizioni diverse in modo da far risaltare per ciascuna dettagli unici. Apparentemente sembra una scelta monca perché lascia parecchi vuoti narrativi e molte zone d’ombra ma nell’attimo in cui le tre si ritrovano insieme ecco che i vuoti si riempiono e la loro unione esplode come un fuoco d’artificio lasciando a un esterrefatto spettatore la possibilità di vedere per un breve attimo chi siano e cosa facciano realmente quelle strabilianti creature.

L’equilibrio narrativo che Taylor Sheridan costruisce attorno alle sue creature non è per nulla scontato e non annoia mai. Nemmeno quando Kaitlyn viene rimproverata dal marito (lobbista o senatore non importa ma certamente un civile dotato di parecchio potere) per non averla avvertita di un’azione che ha portato alla variazione di qualche bene rifugio. O quando Joe è odiata dalla figlia maggiore e si lamenta col marito perché non si dicono più ti amo. O quando Cruz dimostra di esser la miglior recluta di ambo i sessi nel suo corso di addestramento nei Marines.
Abbiamo scelto tre momenti del tutto innocui proprio per sottolineare come lo sceneggiatore banalizzi i suoi personaggi quasi volesse non allontanarsi troppo dai soliti canoni che il genere impone. Non sarebbe Taylor Sheridan se il suo racconto proseguisse su questa falsa riga. Così, Nicole Kidman risponde al marito di voler invitare a cena le due figlie e quando lui azzarda a ribattere lei ripete l’informazione imponendosi; Zoe Saldana si riscatta dando alla figlia una lezione di vita senza falsa, smielata retorica; e Laysla De Oliveira, una volta entrata nel gioco degli adulti, si becca una quantità di botte durante un durissimo S. E. R. E (Survival Evasion Resistance Escape, la parte più dura dell’addestramento delle spie e delle Forze Speciali).
Come a dire: credevate fosse la solita minestra, vero?

Operazione Speciale: Lioness
Laysla De Oliveira 640×360

E gli uomini? In attesa di vedere in azione Morgan Freeman possiamo dirvi che nessuno, finora, eguaglia il tormentato Alejandro di Sicario e Soldado, interpretato da Benicio Del Toro. Assomigliano tutti, piuttosto, al personaggio di Josh Brolin, sempre negli stessi film. Anche il personaggio interpretato da Dave Annable, il marito oncologo pediatrico di Zoe Saldana, ha quella giusta ruvidezza nel tener testa alla moglie che ricorda un po’ i cowboy che piacciono tanto a Taylor Sheridan.
Sono fatti con lo stampino? Diciamo di sì, ma questo perché sono solo un contorno e di loro, al momento, ci importa poco. Del resto lo sceneggiatore, candidato a un premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale con Hell or High Water, nelle sue precedenti creazioni ha sempre utilizzato personaggi maschili di un certo spessore e, in alcuni casi, è stato anche incolpato di esser maschilista.
Si potrebbe pensare, allora, che Taylor Sheridan abbia semplicemente deciso di cambiare il genere dei suoi protagonisti passando dagli uomini alle donne ma così non è. Perché in tutte le sue opere sono proprio i personaggi femminili, seppur secondari, a dare agli show il giusto equilibrio. Piuttosto, potrebbe essere un cambiamento di prospettiva, il segno di una evoluzione di pensiero che il nostro cowboy dalla penna d’oro sta apportando al fine di regalarci altre spettacolari produzioni.
Lo spettacolo è intensamente concentrato sui personaggi infilati nel complesso mondo dello spionaggio. Scritti in maniera ambiziosa mostrano le giuste ambigue sfumature palesando stati d’animo oscuri e pieni di grinta. Sono loro che creano e raccontano la trama contrariamente ad altri spettacoli del genere stimolando la fantasia degli spettatori attraverso un ritmo apparentemente lento ma ben scandito e decisamente incisivo. I personaggi creati da Sheridan non sono messi lì per caso e gli elementi di contorno, a partire dalla musica di Andrew Lockington passando per le location e la resa grafica stilosa, rendono il tutto davvero molto coinvolgente.

Le leonesse di Operazione speciale: Lioness non hanno ancora del tutto ruggito anche se finora hanno fatto capire, molto bene, di che pasta siano fatte. Mancano due puntate alla fine della prima stagione e l’hype è davvero alle stelle. Di certo Taylor Sheridan non deluderà le aspettative dei suoi fan, non è pivello, sappiamo di cosa sia capace.
Il che ci porta a chiederci una cosa: siamo di fronte a un capolavoro? È ancora troppo presto per dirlo. Ma il desiderio che lo sia è davvero forte, perché ce ne sarebbe davvero bisogno, e i segnali, finora, sono tanti e puntano verso quella direzione. Esageriamo? No.
Per il momento, in ogni caso, non possiamo fare altro che goderci l’attesa provando a immaginare dove la fervida mente di Sheridan potrebbe portarci. Del resto, come diceva una vecchia pubblicità: in fondo, non è forse vero che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere?