2) Suzanne ”Occhi Pazzi” Warren
No. Non sono pazza, sono unica.
Finita a Litchfield per aver prima rapito e poi probabilmente ucciso un bambino, quello che sembra il terribile crimine di un’assassina spietata e priva di scrupoli ha invece le tinte di un’incomprensione, quella di Suzanne che aveva scambiato quel rapimento in un gioco, un gioco che poi è finito male.
Inconsapevole del motivo della sua detenzione e dell’effettiva gravità delle sue azioni, Warren viene giudicata – ingiustamente – come una qualsiasi altra detenuta e non come una donna affetta da disturbi psichici quale lei è in realtà.
Derisa e discriminata, riceverà cure e consulti psichiatrici minimi, mai sufficienti al suo disturbo mentale. Abbandonata da quasi tutti a eccezione di quelle poche compagne che si sono sforzate di capire quel suo strano mondo immaginario, tanto diverso da quello reale.
Non capita da chi porta la divisa, che ignorante preferisce ammonire quello che superficialmente può essere scambiato per un infondato scatto d’ira con la violenza e la punizione dell’isolamento. Tutto piuttosto che provare a comprendere le fragilità di una malata psichiatrica e quel disperato grido di aiuto.
Trattata come un fenomeno da baraccone senz’anima, lei che di cuore ne ha da vendere.
Saranno quel cuore e quell’inguaribile ottimismo a rendere occhi pazzi tanto ben voluta dalle sue compagne: vere e proprie amiche pronte a tutto pur di difenderla. Una rete di protezione umana capace di rendere le ingiustizie meno sofferte se combattute insieme.