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Outer Banks non è solo un teen drama

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L’etichetta di teen drama, quando – più o meno giustamente – viene attaccata a una serie tv, può rappresentare un’arma a doppio taglio. C’è una parte di pubblico che apprezza in modo particolare il genere, c’è chi preferiva di gran lunga il teen drama del passato, come The O.C., e chi scappa a gambe levate da quel mare di trash che sembra contraddistinguere le a maggioranza delle serie tv adolescenziali degli ultimi tempi. Spesso, però, si tratta di un’etichetta riduttiva o applicata frettolosamente, che necessiterebbe di alcune precisazioni: è il caso di Outer Banks, uno dei recenti fenomeni di Netflix, sbucata quasi dal nulla e comparsa in vetta alle classifiche delle produzioni più viste della piattaforma in questo periodo. Da una parte, quindi, chi aveva già visto la prima stagione distribuita nell’aprile 2020, in pieno lockdown, e si è fiondato sulla seconda oppure chi si è lasciato incuriosire e ha recuperato entrambe con una buona dose di binge-watching, dall’altra chi ancora si chiede cosa sia Outer Banks e cosa ci faccia lì in alto. Il rischio di chi cerca di scoprire qualcosa in più su questa serie tv senza andare troppo a fondo è quello di scambiare erroneamente il prodotto per il classico teen drama già visto che non ha nulla di nuovo da dire: trailer e post su web possono trarre in inganno, e perfino il pilot, forse, non svela fino in fondo la vera natura di questa serie che di certo non è perfetta, di certo presenta dei limiti, ma che non è un semplice teen drama. È un‘avventura. E racchiude in sé molto più di quello che si possa pensare a un primo sguardo.

Outer Banks contiene alcuni degli elementi tipici del teen drama, ma li utilizza per elaborare una trama molto più vicina ai racconti di avventura e azione.

outer banks

Outer Banks, Carolina del Nord: si tratta di una striscia di sabbia che si estende per 160 chilometri, disegnando il contorno della costa. Lì, la società è divisa in due gruppi. Da un lato ci sono i Kooks, persone ricche, dai lavori prestigiosi e la vita agiata. Dall’altro ci sono i Pogues, persone che appartengono al gruppo più disadattato e spesso si trovano anche ai limiti della legalità. Due fazioni in perenne conflitto. Ed è vero che nei classici teen drama troviamo spesso la contrapposizione ricco/povero oppure popolare/sfigato, ma in Outer Banks è evidente fin da subito che si tratti di qualcosa di più: quasi una questione di vita o di morte. Nei primissimi secondi del pilot, infatti, la voce del protagonista John B., un ragazzo rimasto orfano da poco tempo, presenta sé stesso e il proprio gruppo di amici sottolineandone l’appartenenza ai Pogues – con l’eccezione di Kiara, una ragazza di origine Kook che però ha deciso di cambiare schieramento (e non senza problemi, visti i conflitti con i suoi genitori, dovuti proprio alla sua vicinanza ai Pogues).

E un altro elemento tipico del teen drama è appunto la presenza di questo gruppo di adolescenti al timone delle vicende: John B, che vuole scoprire la verità sulla morte del madre e su una serie di misteri che l’uomo sembra essersi lasciato alle spalle, JJ, un ragazzo problematico che però ha seri motivi per comportarsi così, Pope, il più razionale e studioso del gruppo e Kiara, una ragazza che deve fare i conti con la sua scelta di aggregarsi a un gruppo di Pogues. Quattro ragazzi con storie personali e familiari diverse tra loro che verranno sfruttate per affrontare varie tematiche, la cui portata e importanza si rivelerà però soltanto andando avanti: dal pilot si ha l’impressione che si tratti di una serie del tutto leggera, che ripercorre le scaramucce di bande di adolescenti in opposizione tra loro, qualche litigio coi genitori e stop. Tuttavia, proseguendo, si ricalibra la percezione e si scopre che ci sono situazioni e argomenti ben più profondi e sfaccettati – questo non significa che la serie perda il suo tono leggero, però bisogna fare attenzione prima di sminuirne il contenuto.

Quello che distingue Outer Banks in modo particolare dagli altri teen drama degli ultimi tempi – si pensi alla spagnola Élite che fa del cringe e delle scene sempre più hot i suoi ingredienti principali oppure a Riverdale che sta rubando lo scettro del trash e della sospensione dell’incredulità a Pretty Little Liars – è la trama originale, costruita sul genere dell’azione e, soprattutto, dell’avventura.

Dimenticatevi i teen drama tra i banchi di scuola, dove c’è la protagonista femminile che muore dietro il belloccio di turno e si snatura per lui; dimenticatevi i teen drama dove ogni cinque minuti c’è una festa coi bicchieri rossi dal bordino bianco – qualcuna c’è anche qui, ma in misura molto ridotta; dimenticatevi i teen drama dove le scene piccanti vengono inserite nella narrazione a casissimo, giusto per mettere un po’ di pepe.

A farla da padrone in Outer Banks sono gli enigmi da risolvere; gli affascinanti oggetti del passato che ricompaiono nel presente e aspettano che venga raccontata la loro storia; le mirabolanti cacce al tesoro tra rovine, fari notturni e posti abbandonati; le fughe e le corse, gli indizi e la paura di essere scoperti.

Seguire le vicende di John B., significa essere pronti a lasciare tutto e mettersi in viaggio, perché in questo caso la ricerca della propria identità e della verità non è solo interiore. I protagonisti si muovono, si spostano, rendendo Outer Banks una serie molto dinamica. Non c’è un unico setting, come invece capita in molte serie tv adolescenziali, dove ad esempio la maggior parte delle vicende si svolge a scuola, ma una moltitudine di posti da esplorare. Anche se poi si torna a fare base a casa di John B. o dintorni, c’è sempre un nuovo luogo da scoprire, una ricerca da svolgere lontano, una barca da utilizzare.

Outer Banks è come un libro d’avventura che si legge anche per il semplice gusto di spostarsi con la fantasia, di vivere un viaggio restando seduti in poltrona. E a questa dinamicità, comunque, si aggiunge anche una componente più riflessiva: sono molti i codici da svelare, gli indizi da seguire. La serie è, di fatto, una grande caccia al tesoro, dove per mettere insieme tutti i pezzi occorre darsi da fare tanto col cervello, quanto con l’abilità fisica.

L’ossatura avventuriera della trama, permette di sviluppare le consuete tematiche dell’adolescenza in modo nuovo, fresco e originale, perché i ragazzi sono sì messi alla prova dalle problematiche quotidiane, ma anche da misteri o situazioni non del tutto convenzionali. Quello che il protagonista di un’altra serie tv realizza mentre transita da un’aula scolastica all’altra, qui salta in mente a un personaggio mentre cerca di scappare da un coccodrillo.

E tra una fuga e l’altra, quel che conta davvero è avere degli amici giusti. Ma anche essere gli amici giusti.

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Non Blake e Blair di Gossip Girl che il giorno prima si amano e quello dopo si parlano alle spalle. Non quelle amicizie effimere di alcune serie tv in cui ci si accoltella alle spalle proprio l’attimo successivo a una dichiarazione di fedeltà. L’amicizia raccontata in Outer Banks è quella che nasce dallo scampare a terribili pericoli insieme, quella che scaturisce dalle difficoltà, quella che sorge dopo aver rischiato di essere sparati: un’amicizia vera, pura, ma soprattutto un’amicizia che può fare la differenza tra la vita e la morte.

Ogni personaggio della seria ha una sua individualità, compie un percorso personale e si evolve – più o meno a differenza dei vari casi – in una figura migliore. Però molto spesso è come se l’amicizia stessa fosse un personaggio di Outer Banks, che diventa una storia corale in cui è il gruppo che vince o perde. Non il singolo. A volte si sbaglia, a volte si sbanda, ma si può ritornare in carreggiata tutti insieme.

Ma la vera scoperta, forse, è che Outer Banks non è una serie trash.

Molte produzioni teen stanno facendo del trash il proprio cavallo di battaglia, perché diciamocelo chiaramente, il trash piace. Fa ridere, fa divertire, rilassa. Però a volte è troppo, e il troppo stroppia. In Outer Banks ci sono momenti in cui la verosimiglianza o la credibilità si assottigliano, anche di molto, ma non si cade mai nel trash per il puro gusto di fare trash. La sospensione dell’incredulità, qui, è sempre legata al risvolto avventura: quindi magari ci ritroveremo a pensare che noi saltando da quel muro ci saremmo sfracellati al suolo e invece John B. prosegue nella corsa come un capriolo; magari nella realtà nessuno avrebbe lasciato un codice del genere in un oggetto di quel tipo; magari nella vita quotidiana un ragazzo non avrebbe mai evitato il colpo di pistola per un soffio come nella scena della serie… ma si tratta di una sospensione dell’incredulità che non infastidisce. Fa parte del gioco.

Tirando le somme – o, vista l’ambientazione di Outer Banks, tirando i remi in barca – possiamo dire che non ci troviamo di fronte alla serie del secolo, all’eccezionalità di qualità e recitazione, però siamo lontani dal mare di teen drama fatti con lo stampino e questa serie merita un’occasione. Merita che la si provi a guardare andando oltre il trailer e oltre il pilot: perché contiene più di quel che si pensi.

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