ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul finale di Ozark. Se non hai visto l’ultima stagione, non proseguire nella lettura.
In Giappone, il numero 4 è considerato un numero sfortunato. Ha una pronuncia fonetica simile a quella dell’ideogramma che indica la morte, per questo i superstiziosi cercano di starne alla larga. Non esistono abbinamenti composti da quattro elementi. In alcuni edifici è persino abolito il quarto piano, le stanze d’albergo saltano spesso quel numero. I superstiziosi tentano di schivarlo, di ignorarlo, un po’ come facciamo noi quando il gatto nero ci attraversa la strada davanti. In Ozark, il numero 4 è invece un numero ricorrente. Quattro sono i componenti della famiglia Byrde, quattro sono le stagioni della serie e quarantaquattro sono gli episodi totali. Il 4 torna sempre, prepotente, quasi a voler segnare il cammino di uno show che è stato tutt’altro che sfortunato, ma su cui aleggia una pesante cappa di angoscia e turbamento.
È una di quelle serie tv che ha scelto di fermarsi proprio all’apice del successo.
Non sempre Netflix ha operato la stessa scelta, preferendo in molti casi cavalcare l’onda della popolarità e spingere sul tasto del fanservice piuttosto che su quello della qualità e della credibilità narrativa. Ozark no. Ozark ha scelto di fermarsi alla sua quarta stagione, salutando gli utenti Netflix con un unico grande ciclo di episodi – 14 – diviso in due blocchi andati in onda a quattro mesi di distanza l’uno dall’altro.
Le vicende che hanno visto protagonista la famiglia Byrde si fanno più aggrovigliate man mano che si va avanti con il racconto e l’ultima stagione serve anche a tirare le somme e a chiudere gli archi narrativi di tutti i personaggi. Marty e Wendy si affannano a trovare una via di fuga, una exit strategy che consenta loro di sopravvivere al peggio, ma anche di prendersi la propria rivincita su una società dalla quale inizialmente si sono sentiti ingiustamente estromessi. Jonah e Charlotte, i figli adolescenti che i genitori volevano tenere all’oscuro dei loro piani machiavellici, risultano ormai compromessi e non c’è più nulla che possa salvarli.
La stagione finale di Ozark è dunque un’angosciante traghettata verso la fine dei giochi.
Se le prime stagioni erano percorse dall’ebbrezza della scoperta e dello stupore iniziali, quella conclusiva segna invece il passaggio dall’ubriachezza delle prime adrenaliniche esperienze alla presa di coscienza più matura, più consapevole, della portata del groviglio nel quale si è rimasti invischiati.
Ad ogni azione, in Ozark corrispondono una serie di reazioni contrarie e incontrollabili. L’eterogenesi dei fini raggiunge le sue vette più insondabili, spingendo i protagonisti sull’orlo di un precipizio ogni volta più accidentato. La volontà comune, all’inizio della stagione conclusiva della serie, è quella di scovare una strettoia in mezzo al caos che conduca alla luce, alla tranquillità ormai perduta. Ma uscirne non è l’unico cruccio dei Byrde: non basta uscirne vivi, è necessario anche uscirne vincitori. E per evitare che la grossa scritta GAME OVER piombi come una mannaia sui loro destini sbriciolati, Marty e Wendy escogitano le soluzioni più spericolate per scalare la vetta del potere e garantirsi un futuro di serenità e prosperità.
Del semplice consulente finanziario della prima stagione, di Marty Byrde è rimasto poco. Al suo posto c’è un criminale che ha capito l’ingranaggio della macchina e ci si muove dentro con scaltrezza e disinvoltura. La tipica famiglia della middle class americana rischia di diventare una delle più potenti del Midwest. Ma ogni granello di potere in più ha un prezzo che, presto o tardi, va pagato.
La quarta stagione presenta il conto alla famiglia Byrde.
Un conto salato, comprensivo di tutti gli interessi. La scia di morte, sangue e denaro sporco si addensa fino a rendere sempre meno visibile una via d’uscita. Gli autori della serie Netflix ci avevano preannunciato che il quarto capitolo sarebbe stato anche l’ultimo e infatti le scelte narrative sono orientate a chiudere la parabola dei Byrde in maniera definitiva. Gli archi narrativi dei personaggi secondari giungono al capolino.
La triste fine di Ruth Langmore è solo l’esempio più drammatico ed emotivamente coinvolgente. Ma anche il destino della famiglia è a un punto di svolta. La sceneggiatura della quarta stagione sceglie di proiettarci già sul finale sin dal primo episodio: con un flashforward vediamo la macchina dei Byrde schizzare fuori strada con tutta la famiglia a bordo. Poco prima dell’impatto, l’atmosfera sembra distesa, come è capitato di rado di vedere nel corso delle stagioni. Le domande degli spettatori iniziano a inseguirsi per tutta la durata del capitolo conclusivo: come sono arrivati Marty e Wendy a trovare una soluzione al loro groviglio di problemi?
La famiglia stava per tornare a Chicago per ricominciare daccapo? Che ne sarà dei protagonisti della serie?
L’espediente narrativo aumenta il grado di coinvolgimento del pubblico, ma cerca anche di sviarlo, di confonderlo. Arrivati all’epilogo vero di Ozark, lo spettatore si rende conto che non sarà il bene a trionfare, che non esiste un riscatto morale per i suoi personaggi, che i “cattivi” non saranno puniti e che i “buoni” – ci sono in Ozark i buoni? – non avranno l’agognato lieto fine.
Con la maggior parte degli archi narrativi chiusi, la storia si avvia a conclusione. Marty e Wendy sono costretti ad accelerare i tempi, a prendere decisioni importanti, a sacrificare qualcosa per preservare se stessi. Ruth finisce nelle mani del boia, è l’agnello sacrificale che permette ai Byrde di trascinarsi ancora avanti. E di uscirne, in qualche modo. Se non da vincenti, quantomeno non da perdenti.
La scena finale di Ozark ci mostra la famiglia appena rientrata a casa dopo la Festa della Fondazione. Ad attenderli ci sono un vetro rotto e l’investigatore Mel Sattem che sbuca all’improvviso con una pistola puntata e le ceneri di Ben tra le mani. Ha trovato il modo di incastrare la famiglia? Che la spiegazione del finale sia tutta qui? Mel è convinto che alla fine a pagare siano sempre i cattivi, ma è qui che Ozark scombina i piani e piazza il vero finale di serie.
L’epilogo dello show è controverso e non tutti ne sono rimasti soddisfatti.
Ci sono poche tracce a darci un’indicazione su quello che sta succedendo, ma il resto rimane appeso ad un filo, consegnato alle trame della nostra immaginazione. Jonah ha sparato il colpo contro Mel? La famiglia è riuscita a liberarsi anche dell’ultima minaccia? Come sarà il futuro dei Byrde? Riusciranno a separarsi mai veramente da Ozark? Questa serie chiude la maggior parte dei filoni narrativi, ma ci offre di fatto un finale apertissimo. Con intelligenza, con coraggio, consegna le trame dei Byrde a un epilogo volutamente indefinito.
Gli sceneggiatori hanno scelto di lasciare Ozark sospesa nel tempo, lasciata a riposare in una sorta di limbo che non ha il sapore né di una fine né di un nuovo inizio. In maniera quasi inavvertita e silenziosa, questa serie Netflix non ha di fatto chiuso alla possibilità di un ritorno. Sebbene la quarta sia stata presentata come la stagione finale dello show, la maniera in cui gli sceneggiatori hanno scelto di chiuderlo lo lascia appeso alla possibilità che non tutto sia definitivamente finito.
O forse sì?
La genialità degli autori sta proprio nell’averci lasciati a ragionare col dubbio senza fornirci i necessari punti di riferimento.