Dei piccoli strokes sonori scandiscono i primi secondi dell’episodio pilota di Ozark. Un effetto, questo, simile al rintocco di un orologio a pendolo che segna lo scorrere della nostra esistenza. Lo sfondo è nero. Poi, una leggera dissolvenza apre all’immagine di un lago di colore blu scuro, su cui è ancorata una barca di legno. In sottofondo, il frinire dei grilli che contribuiscono a cadenzare il ritmo della sequenza narrativa. Siamo in piena sera. I colori cupi e l’ambientazione paludosa creano un’atmosfera per nulla distesa. Basta questo, per farci sentire già tremendamente angosciati. Dopodiché, veniamo catturati dalle parole e dalle azioni di Marty Byrde, il protagonista. Quasi irritante, all’inizio, dover fondere il piano visivo con quello uditivo. In un susseguirsi di azioni repentine e frenetiche, percepiamo l’affanno delle conseguenze scaturite da una scelta. Disturbante, visto che non ne conosciamo ancora la causa. Intrigante, se ad addolcirne il contraccolpo c’è la voce narrante di Marty che, parola dopo parola, ci imbocca per farci assaporare la sua visione del mondo, come fosse una giustificazione ai suoi comportamenti. Una visione materialista e cinica che ci immerge totalmente nella vicenda. Per spiegarci, in conclusione, che il denaro – tema centrale di Ozark – non è sinonimo di pace interiore o felicità, ma è “nella sua essenza, la misura delle scelte di ogni uomo“.
E’ questo l’inizio di Sugarwood, la prima puntata della serie trasmessa da Netflix. Un incipit che si infarcisce di sogno americano e di etica professionale. Una versione riduzionistica del denaro, assimilabile a strumento di misurazione. Un motore da cui dipendono le scelte umane, appunto. Marty Byrde si presenta allo spettatore attraverso un monologo di circa due minuti per svelare la sua ossessione verso il dollaro. Una condizione che lo catapulta in un vortice fatale di scelte e compromessi. Così, l’incipit diventa, esso stesso, la conseguenza dell’inizio della storia di Ozark. In cui tutto è ormai irreversibile e inevitabile. Un proiettile a pieno petto che crea immediatamente un senso di inquietudine e tensione. E Introduce egregiamente il tono drammatico e crudo della serie, tracciandone sin da subito le coordinate. Ma l’incipit è solo un piccolo pezzo di un’impalcatura costruita a regola d’arte. Perché a colpirci è, infatti, l’episodio nella sua interezza.
La prima puntata di Ozark è funzionale non solo perché mantiene alta la tensione per tutta la sua durata, ma anche perché segue una struttura narrativa ben precisa.
Ed è proprio la scrittura che la rende esplosiva. La divisione in atti è impeccabile. La regia, allo stesso modo, si concilia perfettamente con i ritmi incalzanti della narrazione. Dopo due minuti e mezzo tiriamo un sospiro, finalmente: nell’istante in cui vediamo Marty svolgere una consulenza nel suo ufficio di Chicago.
L’istante che decreta l’inizio della storia di Ozark
Il primo atto ci proiettata repentinamente all’interno della vita del personaggio, senza quasi che ce ne rendiamo conto. Tante le sfumature da cogliere in quattordici minuti, durata necessaria per introdurre il dramma del personaggio. Marty è prima di tutto un abile consulente finanziario, dalla buona dialettica e dallo spirito commerciale. È anche marito e padre di due figli. Una vita apparentemente ordinaria che si sviluppa tra i grattacieli e le strade di una Chicago che offre ancora l’illusione del sogno americano. Ma la sua vita coniugale sembra non essere delle migliori. Una email improvvisa, il cui contenuto è inaspettatamente un video porno amatoriale, cattura la sua attenzione, mentre sta elaborando un piano di investimento per due clienti. Fino all’arrivo in ufficio del collega Bruce, pronto a ripristinare la negoziazione tra le parti. Amico e socio, Bruce invita Marty a interrogarsi sulla sua situazione coniugale dopo essersi accorto del video e gli dona una brochure del lago di Ozark – una zona turistica adatta al relax familiare, ma anche un terreno fertile per investire. La crisi coniugale prende forma quando noi spettatori scopriamo che la donna nel video è Wendy, sua moglie. Un tradimento che si fa largo tra i battibecchi e i silenzi familiari. Ma l’indifferenza spiazzante di Marty, ci mostra l’apatia e la piattezza di uomo che sembra aver perso il controllo della propria vita e la speranza di vedersi riconosciuto il giusto valore di marito e padre di famiglia.
Una telefonata inaspettata di Bruce risveglia il protagonista dal torpore esistenziale
E’ il primo plot point che segna il passaggio dal primo al secondo atto e che trascina il protagonista in un vortice di complicazioni. Si, perché in città è arrivato Del Rio. Si, perché in realtà Marty e Bruce riciclano denaro sporco per un cartello della droga messicano. Si, perché a Del Rio mancano otto milioni di dollari dal carico e li sta cercando violentemente. Una tensione già sperimentata nell’incipit, a cui si aggiunge ora una sensazione di pericolo da togliere il fiato. Come Marty, anche noi spettatori siamo all’oscuro del furto. C’è la pistola di Del puntata alle tempie però, che fa saltare ogni affermazione di innocenza. Bruce e i proprietari della società di trasporti confessano, alla fine, di esserne i veri responsabili. Così, a saltare sono anche le loro teste. Perché la morte in Ozark non è una minaccia o una promessa, ma avviene ed è fulminea. Il protagonista è in ginocchio in attesa del proprio turno. L’arrendevolezza si legge nei suoi occhi, ma un lampo di genio fa risvegliare le sue doti di venditore: dalla tasca dei pantaloni, pesca la brochure del lago di Ozark e la mostrare a Del. Un oggetto, questo, a cui abbiamo dato poca rilevanza nel primo atto, ma qui riemerge con tutta la sua valenza simbolica. Un pay off che riaccende la speranza perduta e rimette in moto la storia. Un elemento funzionale al racconto che collega il primo e il secondo atto. Marty supera il conflitto e resta in vita grazie alla brochure: la salvezza è la fuga verso gli Ozarks, a sud del Missouri, uno snodo libero e lontano dal controllo dei poliziotti e FBI, dove proseguire l’attività di riciclaggio per il cartello.
Trasferirsi e restituire il denaro rubato in due giorni, per ripulire cinquecento milioni in quattro anni
Questo l’accordo preso con Del. Un obiettivo da raggiungere, che dà il là al terzo atto e che coincide con il secondo plot point. Siamo al punto di non ritorno per cui è impossibile ristabilire le dinamiche iniziali. I ritmi non si distendendo ancora, perché oramai è iniziata la corsa contro il tempo – time lock – per il nostro protagonista, e tutto viaggia a ritmi forsennati. C’è un nuovo equilibrio da ripristinare, ma prima bisogna trovare otto milioni liquidi da dare a Del. Marty Byrde, dopo aver toccato con mano l’oscurità, riprende luce e rinasce. Torna a sfruttare attivamente la sua mente arguta, schematica, gestionale per fare fronte all’ostacolo: coinvolge Wendy, mette in vendita la macchina e la casa, e negozia con le banche per prelevare il denaro. C’è qualcosa che sembra mettere in crisi il protagonista – l’apparente sconfitta: un tentennamento di Wendy che confida l’accaduto al suo amante, e le complicazioni della banca nel trovare liquidità immediata. Due ostacoli che vengono sciolti, nella frenesia e nella tensione, a cavallo del terzo e del quarto atto. Del Rio getta da grattacielo l’amante di Wendy, venuto a conoscenza dei misfatti, mentre Marty minaccia la banca di infangarla nella sua reputazione, ottenendo immediatamente il cash richiesto.
Nel quarto atto, che scioglie i nodi e ci proiettata all’atto finale, viviamo una fase di distensione. Il ritmo si abbassa, il personaggio è consapevole che è impossibile tornare indietro. Esiste un’unica soluzione: trasferirsi negli Ozarks, iniziare una nuova vita, ricreare unna complicità coniugale e familiare, investire e ripulire denaro, accettando le regole del cartello. Marty dovrà, infatti, riciclare subito quegli otto milioni come prova della sua onestà e abilità, non appena metterà piede nel nuovo Stato.
La famiglia Byrde è in macchina verso il lago di Ozark.
A un certo punto nella nostra vita arriva un’oscurità – C’è un’astronave che blocca il cielo e nessun posto dove nascondersi – ti ripari e ti tappi le orecchie – ma è il suono più forte che tu abbia mai sentito – e noi persone intrappolate vestite di stracci – siamo impossibilitati a resistere
Decks Dark – Radiohead
Le note della canzone dei Radiohead emergono in sottofondo e aprono al finale. Marty scende dalla macchina, si incammina verso i boschi del Missouri per un bisogno fisiologico, lasciando Wendy e i figli in macchina. Si accascia a terra, ne risente della tensione vissuta, sembra stremato. Chiede perdono, forse a se stesso o indirettamente alla sua famiglia. Disperandosi, chiude con il passato. Accetta di guardare avanti, oltre se stesso, pronto per una nuova sfida, consapevole che qualcosa è accaduto ed è impossibile resistergli. Si rialza, continua dritto verso il dirupo. Improvvisamente vede il lago Ozark, quel lago di colore blu scuro delle scene iniziali. Ne viene risucchiato. Anche noi ci sentiamo immersi da quel colore. Nel frattempo anche la famiglia si sta avvicinando, per osservare dall’alto il blu.
Un drone parte dal dirupo e s’innalza. Per la prima volta, vediamo la famiglia Byrde al completo in un’unica inquadratura. Questa volta è unita. Per un nuovo inizio. Per un salto verso le oscure e profonde acque del lago Ozark.