NB. Le Pagelle, assieme ad altre rubriche e tanti altri nuovi contenuti esclusivi che usciranno giornalmente, verrà presto trasferito su Hall of Series Plus: un nuovo sito gemello di Hall of Series dove con un piccolo contributo mensile o annuale potrete usufruire di tanti contenuti premium a tema serie tv.
Suvvia, gli organizzatori dei campionati studenteschi di Holly e Benji avrebbero potuto sputare addosso anche alla SuperLega dei super ricchi del calcio se solo avessero voluto. A riempire gli stadi, sarebbero capaci tutti. A fare altrettanto per dei tornei di bambini di 13 anni, non sarebbe capace nessuno. Holly e Benji (ecco gli episodi più assurdi), per molti di noi, è stato il calcio prima di conoscere il calcio. La ragione per cui ci eravamo persuasi dell’idea che si potesse far gol solo scendendo in picchiata dalla stratosfera o arrampicandosi sulla traversa della porta avversaria. Abbiamo imparato a conoscere il tiki taka prima di vedere una sola partita del Barcellona e abbiamo imparato la regola del fuorigioco molto prima di litigare con un solo guardialinee.
Quanto era assurda Holly e Benji. Quanto era bella Holly e Benji.
Campi immensi e immenso amore, avrebbe cantato Battisti. Il senso dell’otto ribaltato l’ho afferrato solo ripescando nella memoria gli infiniti spazi verdi su cui stacchettavano leggiadri i fuoriclasse giapponesi. Il campo diventava un’entità amorfa, oltre i concetti di spazio e di tempo. Le strisce bianche sparivano per settimane intere, tant’è che a un certo punto il sospetto che Lapo Elkann passasse a rifornirsi di lì divenne più che un’ipotesi peregrina. Un contropiede poteva durare un intero trimestre scolastico, il tempo in Holly e Benji viveva di una dimensione tutta sua. Ma quanto valevano veramente i bomberini giapponesi che hanno sfidato le leggi della fisica e della natura? Che valutazione avrebbero preso sulla Gazzetta il lunedì mattina? Promossi o bocciati?
Vediamole finalmente, queste pagelle. Scritte, per l’occasione da mister Jeff Turner dopo un cicchetto di whisky.
OLIVER HUTTON 5
Togliamoci subito il pensiero. Quest’anime esiste solo per esaltare il talento tecnico, tattico, balistico e acrobatico di Holly, il bambino che sussurrava ai palloni. È una specie di prescelto senza cicatrice sulla fronte, anche lui scampato a un incidente mortale quando era poco più che un infante. Ma diciamocelo, Holly non è proprio normale.
No, perché non si è mai visto un bambino in preda a un flusso di coscienza simile durante una partita di calcio. Di masturbazioni mentali, il fuoriclasse più fuoriclasse della storia ne faceva largo abuso. Sempre lì a spronarsi da solo, sempre lì a parlare con la palla. Che poi, a un certo punto, non sarebbe stato meglio dirgli che gli amici immaginari a una certa età vanno via? Che la vita sociale è fuori, con persone vere, fatte di carne ed ossa e non di cuoio?
E pure questa fissazione per il Brasile… ma che doveva andare a fare, Holly, in Brasile? L’unico talento del calcio che avrebbe fatto il percorso inverso rispetto a tutti i brasiliani che sono partiti dal Brasile per andare ad affermarsi altrove. No, Holly l’ha menata tutto il tempo con la storia del Brasile. Per poi scoprire che Roberto in Brasile voleva portarci sua madre.
MARK LENDERS 6.5
Tutti credevano che sarebbe finito in riformatorio o inghiottito da un’onda mentre cercava di perfezionare il suo temibile Tiro della Tigre. Invece è finito alla Reggiana, nell’onorevolissima Serie C1 italiana, dopo che la Juventus aveva preferito cederlo in prestito a causa della sua “muscolatura troppo sviluppata”. Colpa di Jeff Turner e di quelle massacranti gite in spiaggia nei weekend. Mark sarebbe la copertina perfetta per la nuova rubrica di Federico Buffa sui fuoriclasse maledetti del calcio mondiale.
Un ragazzino che a 10 anni aveva tutte le fattezze dello scaricatore di porto, con le maniche arrotolate, il capello selvaggio e la sigaretta appoggiata sull’orecchio. Il suo unico scopo nella vita era battere Oliver Hutton, non importa quanti muri avrebbe dovuto sbriciolare col suo potente destro, né quante lesioni plurime aggravate avrebbe dovuto infliggere agli avversari. Lui voleva essere il migliore. E certo, tra una piazza di spaccio e l’altra, avrebbe certamente fatto carriera. Poi però, dall’apogeo dei campionati giovanili del Giappone, la sua carriera si è arenata nella nebbia della pianura Padana.
TOM BECKER 7.5
La fantasia al potere, l’eleganza negli scarpini. È o non è, Tom Becker, il giocatore più forte del Sol Levante? Nella sua carriera, ha cambiato più casacche di Clemente Mastella, ma la responsabilità non è tanto la sua quanto del padre artista con la passione per il nomadismo. Tom è l’anima candida di Holly e Benji, quello che ha trascinato la carretta pur senza crogiolarsi nelle luci dei riflettori destinati sempre e comunque al prescelto Oliver Hutton. Tranquillo Tom, sei solo un Dybala che non ce l’ha fatta.
PHILIP CALLAGHAN 8
La sua carriera calcistica ricorda vagamente quella di Bryan Cristante: partito centrocampista offensivo, lo hanno messo a fare il centrale di difesa. Una vita da mediano, con dei compiti precisi, a coprire certe zone, a giocare generosi. Lì, sempre lì, lì nel mezzo, finché ce n’hai stai lì. E Philip ce ne ha eccome. Ragazzo del Nord, forgiato dai racconti della vecchia Nan e dalle lezioni di vita di Sir Rodrik Cassel di Grande Inverno, il buon Callaghan ha imparato da subito cos’è il sacrificio. In una partita contro Mark Lenders, si è fatto quasi spaccare una caviglia pur di guadagnarsi un rigore. Che poi si è fatto parare da Ed Spiderman Warner.
Tignoso, arcigno, con un’espressione perennemente corrucciata, Philip Callaghan è anche l’unico personaggio di Holly e Benji ad avere una vita sociale.
La sua fidanzatina Jenny, pur di fare colpo, ha fabbricato fascette per tutta la squadra per intere stagioni. D’altronde, si sa, tira più un pelo di Phi…lip che un carro di buoi. Chissà che dietro la scorza dura del centrocampista del Nord, non si celi in realtà un animo da romanticone.
JAMES E JASON DERRICK 5
Ha vinto più titoli Fonseca alla Roma che i fratelli Derrick nella squadra panino. Ma vuoi mettere lo stile, la creatività, l’estro di certi espedienti tecnici destinati a imperitura fama come la Catapulta Infernale, la Triangolazione Aerea, il Tiro Combinato, la Difesa della Scimmia e il Balzo dello Scoiattolo. I due bomber della Hot Dog hanno solcato i cieli del Giappone manco fossero un volo di linea della Japan Airlines. E sono stati la gioia e il diletto di tutti quegli allenatori di scuola calcio che negli anni Novanta si vedevano arrivare bambini animati dall’unico desiderio di imparare a fare gol dopo essere stati scagliati sulle nuvole dal compagno di reparto.
ALAN CROCKER 10
Non credo che ci sia un altro ragazzino al mondo che abbia preso più pallonate addosso. Faccia, naso, petto, inguine, gioielli di famiglia. Nessuno ne ha prese più di Alan Crocker, ufficialmente il portiere più sfigato di Holly e Benji. Ma talmente sfigato che, a un certo punto, persino i doppiatori si scordano il cognome e lo chiamano Parker. Alan è una pippa e nessuno glielo nasconde. Gioca solo perché Benji è infortunato, ma gli sguardi allarmati della difesa quando c’è lui tra i pali, testimoniano la grande considerazione che la squadra ha di lui.
C’è anche da capirlo. Ha preso talmente tante cannonate in faccia che nel corso del tempo ha sviluppato una vera e propria fobia della palla. Una volta, Mark Lenders gli rifilò un tiro in rovesciata talmente potente che Holly dovette avvinghiarsi ai suoi stinchi per evitare che la forza d’urto lo mandasse col sedere dritto nella rete. Ma nulla da fare.
Tutti a provare a convincerlo che il pallone è buono ed è un amico, ma nessuno che abbia mai pensato di consigliargli un altro ruolo. Holly, per aiutarlo a superare il trauma, pensò bene di prenderlo a pallonate finché il suo naso non fosse assuefatto al dolore. Educazione siberiana.
Poi però, quando ha imparato finalmente a incassare a suon di mazzate, Benji è rientrato dall’infortunio e la finale Alan l’ha guardata dalla panchina. Zitto e muto.
DANNY MELLOW 8
Un altro che all’inizio ha preso solo legnate è Danny Mellow, l’unico ragazzetto che a 12 anni era quasi pelato e con lo sviluppo ha preso capelli. È un Doraemon scaraventato in una squadra di teppistelli tamarri e allenatori sfuggiti alla galera, ma Mark se lo lega al cuore. E lui riesce anche a trovare spazio e a farsi rispettare in una formazione per soli falegnami. Forza Mellow!
ED WARNER 8.5
Inutile smarcarsi sul secondo palo per cercare di sorprendere il portiere con un tiro incrociato: Ed Warner è capace di darsi la spinta sul palo per avventarsi sul lato opposto a mettere le mani a protezione della porta. Una cosetta che faceva con la stessa facilità con cui Mark Lenders abbatteva uccelli col suo Tiro della Tigre. Ed era una promessa del karate. Fratello più piccolo di Iamco, con cui condivideva la passione per i cuccioli, Ed Warner è stato il vero incubo delle punte avversarie, anche se in Nazionale ha perso un po’ della sua tradizionale verve. Malgrado i buoni risultati ottenuti in carriera, è però sempre stato considerato inferiore a Benji, di cui ha fatto a lungo la riserva. Questo nonostante Ed facesse tutto con un occhio solo. Avesse tagliato il ciuffo, oggi racconteremmo una storia diversa.
TEO SELLERS 9
Un bambino OGM, probabilmente il figlio bastardo della Montagna Clagane. Alle scuole medie era già alto quanto Yao Ming e pesava più di Adriano dopo aver mangiato una peperonata. Ovvio che poi gli altri bambinetti non riuscissero a fargli gol.
Il suo nome rimane legato al tentativo di spezzare la gamba di Holly con un’uscita di frustrazione. Lo avesse preso, la carriera di Holly sarebbe stata stroncata già alla categoria Giovanissimi e non sarebbe mai volato in Brasile (perché poi in Brasile ci è andato, vero?).
BENJI PRICE 6
Ricco sfondato, di fatto proprietario di una reggia, con l’atteggiamento altezzoso e un po’ snob del classico figlio di papà, incredibilmente Benji non è riuscito a trovare un medico – uno solo – che fosse in grado di fargli superare l’infortunio. È il giocatore con meno presenze in tutto il cartone, nonostante sia uno dei due protagonisti della storia. Non esattamente un uomo-squadra, Benji è un tipetto che vuole starsene per i fatti suoi. Parla poco, detta legge e ha sempre addosso quella vena di tristezza che un po’, in fondo, ce lo fa apprezzare. Il suo allenatore personale – perché Benji Price ha il suo allenatore personale – venne giù dagli spalti apposta per mollargli un ceffone in pieno volto davanti a tutti. E da quel momento, confessiamolo, abbiamo solidarizzato manco fosse Ljajic che le prende da Delio Rossi.
JULIAN ROSS 7.5
La maggior parte degli ipocondriaci della generazione degli anni Novanta, deve le proprie fisime mentali a questo giocatore qui, Julian Ross, “il principe del campo” dal cuore di cristallo. Molti di noi non sono mai riusciti a giocare novanta minuti di partita senza il timore di accasciarsi all’improvviso al suolo con la mano stretta al petto. Caspita, Julian, ancora ce l’abbiamo negli occhi l’immagine del tuo cuore che si sgretola un pezzetto alla volta.
Però di stile ed eleganza, il piccolo Ross ne aveva. E quanta. A dirla tutta, neanche il carattere gli mancava, considerando che le immagini del manrovescio rifilato ad Amy le fanno ancora girare sui social nella giornata contro la violenza sulle donne. La Mambo non doveva avere molti elementi validi in rosa se preferiva giocare con un cardiopatico perennemente appoggiato al palo della propria porta. Ma tant’è. Se non avesse avuto quel problemino di cuore, Oliver Hutton scansate proprio.
Ma veniamo adesso ai premi speciali della Gazzetta di Jeff Turner, per personaggi che si siano distinti o meritino una menzione speciale a margine della pagella. Partiamo col premio del politically correct, altrimenti domani avremo la stampa addosso.
PREMIO QUOTE ROSA
Cresciuta col panino in mano e la birra calda in Curva Sud, Patty è il personaggio femminile più importante dell’intera serie. Forse l’unico che abbia una qualche rilevanza in un anime che oggi sarebbe definito maschilista. E che ruolo le dai all’unica donna presente nella storia? Ma chiaramente quello dell’ultrà col megafono al collo e il bastone in mano, pronta per eventuali sassaiole coi tifosi ospiti e cariche degli steward a bordo campo.
Sarebbe stata la vincitrice ideale per il Premio Quote Rosa, ma all’ultimo televoto gli spettatori le hanno preferito Tom Becker. Pazienza.
PREMIO SIMPATIA
Per i personaggi più sfigati, privi di qualsiasi talento, messi lì solo per non scoraggiare i bambini meno talentuosi a iscriversi comunque a scuola calcio. Vincono a mani basse Bruce Harper e Arthur Foster, ricordati solo per aver salvato il risultato con una pallonata in pieno volto. Ma loro due stanno al calcio come Jeff Turner sta all’acqua minerale.
PREMIO RINGO STAR
In un mondo di Holly e di Benji, noi siamo Bart Johnson. Decisamente. Il ragazzo doveva essere talmente imbranato coi piedi che lo hanno messo a fare la riserva di Holly. Praticamente un panchinaro a vita. Un elemento superfluo della rosa, un giocatore talmente anonimo da diventare famoso proprio per quello, pensate un po’. Meglio Holly con le stampelle, il battito cardiaco al minimo, sbalzi di pressione e giramenti di testa in campo, piuttosto che un solo minuto di Bart Johnson.
PREMIO SANDRO PICCININI
Anche nel mondo della telecronaca sportiva c’è la gavetta. Ma vi sfido a trovare un altro telecronista che abbia commentato con altrettanta competenza ed entusiasmo interi campionati studenteschi delle scuole medie.
Questo premio speciale va a te, qualunque faccia tu abbia, perché sei la voce che ha accompagnato tutti i nostri pomeriggi di pane, Nutella e Italia1.
SCARPINO D’ORO
Erano in lizza per il premio Carlos Santana, il gemello più spensierato di Lady Oscar e il Kaiser Heinz Schneider, l’evoluzione a Super Sayan di Oliver Hutton. Alla fine, la FIFA ha deciso di assegnarlo proprio a quest’ultimo, una specie di macchina da gol capace di segnare tre reti a partita nei campionati mondiali come se giocasse contro la nazionale panettieri.
E, soprattutto, l’unico giocatore ad aver fatto un goal da fuori area a Benji Price. Che, infatti, è ancora in riabilitazione.
PALLONE D’ORO
Viene, vince e se ne va è il coro che gli intonavano al Maracanã. Roberto Sedinho ha fatto veramente così. Arrivato in Giappone come uno scappato di casa, con problemi di alcolismo – dovuti forse ad una precedente frequentazione con mister Turner -, si è accasato nella villetta degli Hutton per non uscirne più. Con vitto, alloggio e moglie praticamente single nel pacchetto. Non ha mai lavorato, mai pagato una bolletta, mai fatto la spesa. Ha vissuto a scrocco, in dolce compagnia, passando tutto il giorno a palleggiare con un gruppo di ragazzini che lo idolatravano convinti fosse il cugino forte di Pelé. Roberto Sedinho è il vero pallone d’oro della serie.